Iscriviti alla newsletter

Mestre. Infermieri no vax Covid, prendono il via le sospensioni

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 01/05/2021 vai ai commenti

AttualitàCoronavirusCronache sanitarie

Sono 900 gli operatori sanitari, medici, infermieri e soprattutto oss della USL 3 di Mestre, ad aver rifiutato la vaccinazione Covid. A loro l’azienda sanitaria ha comunicato l’obbligo di giustificare entro cinque giorni il motivo del rifiuto o di dimostrare di aver provveduto alla prenotazione.

Sono una ventina gli infermieri che hanno mandato una lettera di diffida all’Opi di appartenenza, intimando di non divulgare i dati personali in base alla legge sulla privacy e  non trasmettere alla regione l’elenco degli iscritti all’albo, per i controlli incrociati sulle vaccinazioni contro il Covid.

Diffida che non ha sortito nessun effetto -  Scaduto il termine, invieremo una nuova lettera ai sanitari immotivatamente non vaccinati, informandoli che sono sospesi da ogni attività che comporti il contatto con il paziente» spiega Marina Bottacin, presidente dell’Ordine di Mestre, sulle pagine de La Nuova Di Venezia e Mestre.

La questione della privacy

Sul contenuto della diffida in merito alla privacy, si è espressa la FNOPI, chiarendo come non sussista nessuna violazione.

Nella nota inviata ai Presidenti degli OPI si legge - Relativamente ai dati sulla salute, “le ragioni di interesse pubblico nel settore della sanità pubblica, come la protezione da gravi minacce transfrontaliere per la salute” sono specificamente menzionate come un uso consentito di dati sensibili, ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 2 (i) GDPR, se previsto dalla normativa dell’Unione o degli Stati membri. Allo stesso tempo, il punto 52 del GDPR si riferisce specificamente alle deroghe al divieto di trattamento di dati sensibili giustificato a “scopi di monitoraggio e allarme” e “prevenzione o controllo delle malattie trasmissibili e di altre gravi minacce per la salute”. I trattamenti connessi e non “strettamente necessari”, diversamente, richiedono una distinta base di legittimazione.

Anche il punto 46 del GDPR si riferisce specificamente alla liceità di alcuni tipi di trattamento che servono a proteggere un interesse essenziale per la vita degli individui, “incluso il monitoraggio delle epidemie e la loro diffusione”.

Il criterio valutativo della “stretta” necessità e proporzionalità che legittima ogni variazione del potere di effettuare trattamenti, attuata ai sensi dell’ art 23 GDPR, prevista sia dai punti 4 e 54 del GDPR ed espressamente contemplata nell’art art 6 del GDPR e, nel caso dei dati personali concernenti la salute, i dati biometrici e i dati giudiziari anche dagli articoli 9 e 10 del GDPR – continua - costituisce il nucleo fondamentale dell’equilibrio mobile derivante da quel necessario bilanciamento alla base degli atti di legge emergenziali, delle conseguenti misure attuate e degli obiettivi di contenimento e prevenzione del contagio perseguiti dai medesimi.

Conclude infine - le limitazioni e le estensioni alla possibilità di effettuare i trattamenti, possono ritenersi giustificabili fino al punto in cui si rivelino funzionali alla salvaguardia dell’interesse generale alla salute pubblica valutato come prevalente nella cornice delle tutele espresse nell’art 8 della Convenzione Europea dei Diritti Umani (CEDU) e nell’ art 52 della Carta UE e sempre nel rispetto del principio di proporzionalità, stretta necessità, sicurezza e sempre che siano rispondenti a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione o altrimenti all’esigenza di proteggere i diritti e le li-bertà altrui.

La salute ha senza dubbio una posizione centrale nel sistema dei diritti fondamentali. È una tutela forte che si ritrova anche nell’art 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.