Cateterizziamo troppo? La ricerca che ribalta una pratica diffusa
Un progetto di miglioramento della qualità condotto all’Aarhus University Hospital dimostra che è possibile ridurre drasticamente ecografie vescicali e cateterismi intermittenti negli anziani con residuo post-minzionale (PVR) senza aumentare le infezioni urinarie correlate all’assistenza (HAUTI).
Il problema: residuo post-minzionale e timore delle infezioni
Il residuo post-minzionale (PVR) – la quantità di urina che rimane in vescica dopo la minzione – è molto comune nei pazienti anziani, sia ospedalizzati sia residenti in strutture. Tradizionalmente, un PVR elevato viene gestito tramite cateterismo intermittente, considerato necessario per ridurre il rischio di ritenzione urinaria, sovradistensione e soprattutto infezioni urinarie (UTI).
Tuttavia, la letteratura non ha mai fornito prove solide su una reale correlazione fra PVR e aumento del rischio infettivo. Al contrario, è certo che il cateterismo intermittente di per sé aumenta il rischio di UTI, oltre a comportare disagi, microtraumi uretrali e un impatto significativo sulla dignità del paziente. A ciò si aggiungono i problemi organizzativi delle corsie geriatriche, dove il tempo infermieristico è spesso insufficiente per tutte le attività essenziali.
Da qui la domanda: stiamo cateterizzando troppo, e forse senza reali benefici?
L’obiettivo del progetto
Il team geriatro dell’Aarhus University Hospital ha avviato un progetto di miglioramento della qualità con due obiettivi principali:
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Ridurre il numero di ecografie vescicali e di cateterismi intermittenti nei pazienti con PVR o in attesa della prima minzione post-operatoria.
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Non aumentare il numero di infezioni urinarie correlate all’assistenza (HAUTI).
Come è stato fatto: un modello di miglioramento progressivo
Il progetto ha coinvolto due unità geriatriche, seguendo il consolidato “Model for Improvement”, che combina analisi del flusso di lavoro, definizione di obiettivi misurabili e cicli iterativi di revisione (Plan–Do–Study–Act).
Le fasi principali:
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Mappatura dei processi: due infermiere hanno analizzato l’intero percorso assistenziale, dalla valutazione del residuo alla dimissione.
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Costruzione di un driver diagram: per identificare i fattori chiave su cui intervenire.
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Tre cicli PDSA: hanno portato alla definizione di una linea guida interna che stabilisce quando e come ricorrere al cateterismo.
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Formazione del personale: medici e infermieri sono stati formati in modo mirato nelle settimane successive all’introduzione della linea guida.
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Supporti visivi: la linea guida è stata affissa direttamente sui carrelli delle ecografie vescicali, rendendola immediatamente consultabile.
I dati sono stati monitorati settimanalmente tramite run chart, confrontando poi i tassi di HAUTI anche con lo stesso periodo dei tre anni precedenti.
I risultati: meno manovre invasive, nessun aumento di infezioni
L’analisi ha mostrato una riduzione netta e non casuale sia delle ecografie vescicali sia dei cateterismi:
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Ecografie vescicali: da una mediana di 146 a 99 a settimana
−32,2% -
Cateterismi intermittenti: da 41 a 26,5 a settimana
−35,4%
Nonostante questo calo significativo, le infezioni urinarie correlate all’assistenza sono rimaste stabili, senza alcun aumento né significativo né tendenziale.
Il tasso di HAUTI è risultato simile agli stessi periodi del 2021, 2022 e 2023, confermando l’assenza di rischi aggiuntivi.
Che cosa significa clinicamente
Il progetto conferma un concetto sempre più supportato dalla letteratura:
Non tutta la ritenzione urinaria richiede un cateterismo.
Molti studi mostrano come il rischio di UTI aumenti principalmente con PVR molto elevati (oltre 400 mL), mentre nelle fasce intermedie la correlazione è debole o assente. Nel paziente anziano, inoltre, la riduzione della forza contrattile vescicale rende frequenti residui moderati che non rappresentano un’urgenza clinica.
La linea guida danese ha fissato il limite di intervento a 400 mL, leggermente più basso di quello suggerito da alcune evidenze internazionali (500 mL nei pazienti asintomatici). Questa scelta prudenziale è però coerente con la popolazione geriatrica coinvolta.
Un elemento innovativo è l’introduzione di una valutazione congiunta medico-infermiere nei PVR compresi tra 200 e 400 mL, per decidere caso per caso considerando:
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storia di problemi urinari
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funzione renale
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sintomi riferiti
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preferenze del paziente
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rischio di complicanze
Un cambiamento sostenibile e interprofessionale
La forza del progetto sta nel percorso condiviso da infermieri, medici e direzione. La linea guida è stata costruita sulle reali necessità del reparto, testata sul campo e corredata da formazione continua e strumenti pratici.
Questo approccio ha favorito aderenza e sostenibilità, elementi fondamentali per qualunque cambiamento organizzativo.
Limiti dello studio
Gli autori riconoscono alcuni limiti:
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le infezioni sono state rilevate tramite urinocoltura, senza includere criteri sintomatologici;
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il progetto non ha misurato direttamente l’aderenza alla linea guida;
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il follow-up non includeva UTIs insorte dopo le 48 ore dalla dimissione;
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non è stato valutato il gradimento di pazienti e operatori.
Meno è meglio, quando è supportato dai dati
Lo studio danese mostra che ridurre gli interventi inutili non solo è possibile, ma è anche sicuro. In un reparto geriatrico, dove le risorse infermieristiche sono limitate e i pazienti fragili, evitare procedure invasive non necessarie significa:
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più tempo per l'assistenza essenziale,
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meno rischi per i pazienti,
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maggiore qualità delle cure.
Si tratta di un modello replicabile anche in altri contesti ospedalieri, soprattutto dove il cateterismo intermittente è ancora usato in modo sistematico e poco ragionato.
Kongensgaard, R, Jensen, M, Horluck, J & Lietzen, L. (2025). Reducing Intermittent Catheterization in Cases of Postvoid Residual Urine Without Increasing Hospital-Acquired Urinary Tract Infections. AJN, American Journal of Nursing, 125, 56-63. https://doi.org/10.1097/AJN.0000000000000210
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