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Art. 49: la verità che qualcuno si ostina a non voler vedere. Il racconto di un’infermiera.

Chiara D'Angelodi
Chiara D'Angelo
Pubblicato il: 17/04/2016 vai ai commenti

Articolo 49 e DemansionamentoLa rivistaToscana

Relegare il demansionamento allo spiacevole effetto di norme mal interpretate è come voltare le spalle alla realtà. E quello che conta è la realtà, il rapporto diretto con i pazienti e i familiari, deteriorato da pratiche la cui “giustificazione” teorica risiede in luoghi a cui il sentire comune non accede, né è tenuto ad accedere. Come possiamo spiegare a un paziente che se l’infermiere sta lavando il pavimento è comunque un infermiere, ma sta solo “compensando”? Come possiamo spiegarglielo in maniera credibile e, soprattutto, perché dobbiamo trovarci nella condizione di dover tentare di spiegarlo per non vedere leso in maniera profonda il rapporto che deve esserci tra professionista e utente? La risposta non può essere che il paziente “dovrebbe saperlo” perché il Codice deontologico lo prevede (anche se solo in situazioni di eccezionalità). E’ un problema esclusivo degli infermieri, perché nessun’altra professione si è stretta questo cappio al collo. Solo noi. E solo noi possiamo rimediare, se solo non ci fosse una componente preoccupantemente influente votata al conservatorismo, incurante dei segnali che arrivano dalla base.

Pubblichiamo la lettera (firmata) inviataci da una collega, che rappresenta perfettamente questa criticità e questa contraddizione, per la quale ci stiamo battendo e per la quale il Collegio IPASVI di Pisa ha avuto un coraggioso slancio in avanti, fuori dal coro e in antitesi con l’opinione dei maestri d’orchestra.

 

Tutto cominciò qualche estate fa, quando per motivi organizzativi fui chiamata ad essere la terza infermiera di pomeriggio, perché l'OSS mancava. Ovviamente le colleghe con più anzianità di servizio hanno scelto il “meglio” e a me è rimasto il lavoro della figura mancante. Essendo una persona volenterosa che non si spaventa di nulla, mi sono data da fare nel migliore dei modi possibili per sbrigare le faccende del reparto e cosi mi sono messa a pulire la stanza, sotto i letti, i comodini, gli armadi, a svuotare il cestino dell'immondizia, a pulire il bagno ecc., perché aspettavamo un ricovero, ricovero che è arrivato molto prima del previsto... Per non fare aspettare  troppo il paziente, mi sono lavata le mani e mi sono dedicata all'accoglienza (la cartella infermieristica con i parametri vitali all'ingresso, peso, altezza, allergie e intolleranze alimentari, ecc). Purtroppo i familiari del paziente hanno assistito, anche se per poco,  alla pulizia della stanza e quando ho cercato di avvicinarmi al paziente per prendere i PV e il peso, mi hanno fermata in vari modi e con toni accesi hanno rimbrottato: "ma che fa? giù le mani da mio...! Posso parlare con un medico? Perché io voglio il meglio per  mio...; lei è un'OSS e io voglio un'infermiera o un medico per parlare...". E devo ammettere che in questo caso i familiari avevano ragione, senza con questo voler sminuire la professionalità dell’OSS.

Nonostante la mia divisa (uguale all'OSS) con il mio nome, cognome e la qualifica scritte in stampatello e le mie numerosissime scuse e spiegazioni, i familiari hanno preferito parlare con un medico e con le mie colleghe... In quel preciso momento mi sono sentita DEMANSIONATA, UMILIATA, SFRUTTATA E  SCHIAVA, e ho subìto un grave danno alla mia “immagine”! 

Posso aggiungere che di fronte alla manifestazione del mio disagio la replica è "qui usa così, se vuoi continuare a lavorare in questo reparto è cosi...”. Ma non vorrei scatenare altre polemiche…

Che dire: finché non provi, non puoi capire.

Noi infermieri vogliamo parlare della crescita professionale, delle competenze avanzate, della diagnosi infermieristica, ecc., ma siamo  stati noi stessi a sbagliare (io per prima), siamo stati noi stessi a non voler crescere  e ad accontentarci di quello che ci veniva proposto, per convenienza o per ricatto, ad avere paura...

Un ringraziamento personale all' IPASVI PISA e a tutti coloro che si prendono cura dell'infermiere e della sua immagine, a tutti coloro che hanno il coraggio di andare contro corrente, rischiando ogni giorno per noi. Coraggio che per i più vari motivi a tanti, troppi, di noi manca.

IO SONO FAVOREVOLE ALL’ABOLIZIONE DELL'ART.49 DEL CODICE DEONTOLOGICO!!!

 

Infermiera C.D.

 

Si precisa che riportare solo le iniziali dell'autrice della lettera è stata una decisione della Redazione peraltro non pienamente condivisa dalla collega, già troppo "esposta" per aver denunciato, nelle sedi opportune, varie irregolarità.