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“La Quarta riforma” di Ivan Cavicchi; Convegno dibattito promosso dal M5S alla Camera. InfermieristicaMente presente.

Chiara D'Angelodi
Chiara D'Angelo
Pubblicato il: 25/02/2017 vai ai commenti

EditorialiLa rivistaTrasparenza

Si è svolto tre giorni fa al Palazzo dei Gruppi della Camera il Convegno promosso dal Movimento Cinque Stelle intitolato “Ripensare la Sanità pubblica per salvarla dalla decadenza”. Presente all'iniziativa anche InfermieristicaMente.

 

L'occasione per il dibattito è stata suffragata dalle tesi del professor Ivan Cavicchi, che lo stesso ha articolato nel suo ultimo libro “La Quarta Riforma”, edito da Quotidiano Sanità e disponibile gratuitamente in formato e-book (Clicca).

Promotori del Convegno sono stati i deputati M5S della Commissione Affari Sociali e sono intervenuti Giulia Grillo e Massimo Baroni

Avvincenti come sempre gli interventi di Ivan Cavicchi, che ha affrontato i nodi fondamentali di quella che, secondo lui, dovrebbe essere la prossima riforma della Sanità (la quarta, appunto): produzione di salute per combattere la non sostenibilità, riforma del lavoro in sanità, riforma dell'organizzazione dei servizi.

Uno dei problemi più grossi che la Sanità deve affrontare è la propria invarianza. Tutte le riforme di cui è stata oggetto hanno agito su aspetti marginali, ritocchi qua e là, talvolta disarticolati, che non hanno mai affrontato in maniera sistematica la Sanità nel suo complesso. A partire dagli scopi: finchè la Sanità sarà rivolta sostanzialmente solo a curare gli ammalati, per ciò stesso essa è intrinsecamente insostenibile, afferma Cavicchi. La soluzione è, invece, “produrre salute”. Garantire le cure ai cittadini ma anche promuovere la salute, mentre invece oggi la prevenzione è assolutamente marginalizzata. Producendo salute, sostiene Cavicchi, la Sanità si libererebbe dal fardello della sostenibilità, creando un volano sull'erogazione di servizi adeguati ed efficaci verso chi necessita di cure. Ma su questa strada i problemi da affrontare sono due: il governo e la gestione della Sanità.

Sul fronte della gestione è necessario rivedere i modelli organizzativi del sistema, cercando prima di tutto di capire che tipo di azienda sia la Sanità. E conseguentemente agendo sulla sua organizzazione: liberarsi dalla centralità dell'ospedale e riportare le cure sul territorio; questo richiede, a sua volta, un ripensamento delle prassi lavorative, dei rapporti interprofessionali. Tutte le riforme fatte finora, dice Cavicchi, sono state fatte a “medicina invariante”, mai che ci si sia posti il problema di ridefinire la medicina stessa, come il buonsenso suggerirebbe di fronte alle enormi mutazioni del sistema esterno e del bisogno di salute. Anzi, si è andati verso una medicina amministrata, ovvero sempre più compressa all'interno di linee guida che tolgono, di fatto, l'autonomia al medico, lo privano del suo principale strumento di lavoro, unico strumento per fronteggiare la complessità. “tanto varrebbe – ironizza Cavicchi – sostituirli con dei robot (i medici ndr), costano meno e non fanno sciopero”. Invece la sfida è proprio la valorizzazione delle professionalità e della loro autonomia. Autonomia che fa il paio con “responsabilità”, a comporre la “parolina felice” AUTO-RE: il professionista sanitario deve diventare un autore. Autonomo, responsabile e vincolato al risultato. Questa la base per riformare il lavoro in Sanità: dare ai professionisti autonomia, riceverne responsabilità e pretendere risultati. Su questa matrice si innesca anche, di conseguenza, l'opportunità di una revisione dello stato giuridico ed economico del professionisti, con inquadramenti che non possono non essere legati anche al risultato (aspetto oggi di fatto totalmente assente). “La figura del dipendente classico fa acqua da tutte le parti”, sintetizza Cavicchi nell'esporre la sua idea di necessaria riforma della contrattualizzazione.

Per quanto riguarda il governo della Sanità, invece, il problema è di tipo politico. C'è da capire come la politica interpreti la Sanità. "Oggi - chiosa Cavicchi - la Sanità dipende di fatto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze". Questo fa capire che "la dimensione economica prevale su quella degli scopi", come ha sostenuto nel suo intervento anche la deputata Giulia Grillo, membro della Commissione Affari Sociali.

Quello che è emerso dal Convegno è senza dubbio la necessità di una riforma del Sistema Sanitario che, così com'è e con i metodi sino a oggi utilizzati per tenerlo in galleggiamento, non potrà più resistere alle onde.

Ma l'on. Massimo Baroni ha sollevato anche un'altra importante questione, ribadita con coraggio anche da Ivan Cavicchi nel suo libro (e non solo): è necessaria una “moralizzazione” della Sanità e delle sue sovra e para strutture, a cominciare dagli Ordini professionali. Il M5S, Cavicchi e anche il NurSind sono stati gli unici a sostenere, tre anni fa, un'aspra campagna di iniziative per combattere il sistema di intrecci di potere tra Ordini professionali, politica e interessi personali (per approfondimento visita la nostra sezione TRASPARENZA). "Gli Ordini - ricorda Baroni - hanno offerto una straordinaria resistenza all'applicazione della legge Severino e delle norme sulla trasparenza e sull'anticorruzione, avevamo un pugno di dirigenti degli Ordini che siedevano su decine e decine di poltrone, politiche e sanitarie. Senza sciogliere questo intreccio perverso non potremo contare su una classe dirigente libera da condizionamenti e interessi e, quindi, in grado di riformare dal profondo il sistema, così come invece oggi è quantomai necessario".

Il Convegno è stato un momento di riflessione molto interessante e gli interventi sono stati numerosi da parte del pubblico, tra le cui fila presenziavano rappresentanze di tutto il mondo sanitario.

Quasi tutto. Grandi assenti, purtroppo e ancora una volta, gli infermieri.

Mi è dispiaciuto vedere che a questo dibattito non ci sia stata una rappresentanza della nostra professione, dato che noi siamo al centro del sistema sanitario e dovremmo, per il ruolo e per le prerogative di autonomia e responsabilità, essere sempre attenti ai movimenti del pensiero, di qualunque segno essi siano, sui temi che ci riguardano.

E' una sfida nella sfida, quella di riuscire a portare gli infermieri ad essere partecipi e protagonisti dei dibattiti che si sviluppano intorno alla professione prima di tutto, ma anche in tutto il contesto civile.

Siamo parte di un sistema in cui rivestiamo un doppio ruolo: da un lato siamo coloro i quali erogano prestazioni ai cittadini, dall'altro ci capita di essere anche assistiti. Abbiamo una prospettiva duale sui problemi e questo deve spingerci a dare il nostro contributo, a far sentire la nostra voce nel momento in cui ci rendiamo conto che tagli lineari, politiche regressive, disorganizzazione e abusi negano ai cittadini e a noi stessi il diritto che la Costituzione invece ci vuole garantire.

Molti ormai sostengono che la Sanità in questi anni ha retto grazie all'impegno dei professionisti che vi operano; bene, è tempo dunque che questi professionisti, tutti, ne prendano coscienza nel senso più maturo dell'espressione ed agiscano come professionisti, autonomi, responsabili. Da lungo tempo denunciamo come sia venuto il momento di prendersi in carico l'onere di essere parte attiva dei cambiamenti e non solo di stare alla finestra in attesa che altri decidano, anche se quest'ultima talvolta sembra la strada più semplice. Però è sicuramente la più pericolosa.