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Non potrò mai dimenticare

Elsa Frogionidi
Elsa Frogioni
Pubblicato il: 27/01/2018 vai ai commenti

Narrative Nursin(d)g

Narrative NurSin(d)g

Studentessa d’infermieristica

Premessa di Elsa Frogioni

Una studentessa d’infermieristica al terzo anno (M) e una insegnante infermiera Dott.ssa Paola Arcadi, s’incontrano. Nel laboratorio di narrativa gli studenti sono chiamati a riflettere sull’agire dell’infermiere e trarre spunti di riflessione. Paola Arcadi ha reso pubblico questo scritto della studentessa sulla sua pagina facebook, perché la condivisione delle nostre emozioni e la narrazione sono elementi importanti per la crescita di professionisti riflessivi.

Riporto uno dei tanti commenti sotto il post di un collega, D.P.: “Le emozioni che ci portiamo dentro da quando abbiamo iniziato a "muovere i primi passi"... che bagaglio di esperienza che ci creano! E quanto è bello e difficile tenere testa a questo vortice di emozioni e situazioni che caratterizzano la nostra professione!.. gioia e rabbia.. ansia e consapevolezza.. stanchezza e determinazione.. e potrei andare avanti per ore!”

NON POTRÒ MAI DIMENTICARE

Il signore che il primo giorno di tirocinio mi guarda e mi chiede: devo morire?

Il maresciallo dei carabinieri che piange disperato perché non è più continente alle urine e pensa di non avere più dignità.

Il paziente che dopo aver ricevuto la notizia della sua terminalità va in panico, non per se ma perché non sa come fare a dirlo alla figlia.

La signora che deve andare in bagno tutti i giorni tra le 13.30 e le 14.30, più verso le 13 se ho il turno del mattino, sempre dopo le 14 quando ho il pomeriggio.

La signora del ’65 con metastasi cerebrali. Potrebbe essere mia madre.

La camera 97, dove coabitano in armonia C., che dorme con il rosario di Medjugorje sotto il cuscino, e M., che quando ha dolore tira bestemmioni.

L’ex infermiera, che avrebbe potuto farsi le intramuscolo da sola ma che le faceva fare a me “così fai pratica. E migliori la tecnica di entrata perché me l’hai fatto sentire tutto quell’ago.”

A. che ha sul comodino le caramelle che regala a tutti durante il giro visita.

Persone che muoiono. Tante.

C. che muore da solo, dopo che ha fatto giorni di degenza sempre solo, e dopo la comunicazione alla famiglia arrivano nel giro di un’ora venti parenti, una mattina di un giorno lavorativo. E chiedono: perché? Perché era malato. Nessuno che si pone il problema fosse morto da solo.

Non essere giudicante. Come è difficile.

G. che muore all’improvviso, non se lo aspettava nessuno; e P. invece, che tutti pensavano sarebbe morto a breve, tiene duro, viene trasferito in hospice ed è ancora là.
La lista d’attesa per l’hospice. Il sollievo di quando chiamano perché si è liberato un posto. Un posto che equivale a una persona che non c’è più.
D. con i parenti che non vogliono capire, che si preoccupano se la parrucchiera riuscirà a farle la tinta, adesso che è quasi incosciente. Morirà con i suoi capelli bianchi.

Comunicare la morte ai parenti.

Chi piange discretamente. Chi piange teatralmente. Chi trattiene le lacrime. Chi è sollevato. Chi vorrebbe essere sollevato ma avrebbe voluto un altro giorno (e si sente in colpa per questo).

Persone che già dal primo giorno chiedono quando potranno tornare a casa.
Persone che non vogliono andarsene e ritardano la ricerca della badante.
Persone che ritornano spesso, e ogni volta stanno un po’ peggio della precedente.
Persone che si disperano, che sono stanche, che vogliono lottare, che ridono del loro male.

Persone, non patologie.

(Scritto da M. studentessa al terzo anno di corso.)

 

Leggo di nuovo e mi dico che non potrei forse fare altro nella vita, se non ascoltarli e continuare a imparare. Paola Arcadi

 

Ph credit: 

nowmagazin.hu

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