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Infermieri. Il 34 per cento vuole abbandonare la professione. Ecco perché

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 14/03/2018 vai ai commenti

Studi e analisi

Negli ultimi anni, gli ospedali pubblici hanno dovuto confrontarsi con un aumento esponenziale della domanda di salute, sia in termini di quantità che di qualità e, dall’altra parte con i tagli ai finanziamenti pubblici.

Questo ha portato all’urgenza di migliorare la qualità de servizio e dall’altra a ridurre i costi dell’assistenza sanitaria, con un aumento dei carichi di lavoro per gli operatori, sovraesposti a rischi psico-sociali che la ricerca scientifica deve prendere in considerazione.

Il benessere degli infermieri è infatti determinante sulla qualità del servizio offerto: diversi studi hanno dimostrato l’associazione tra benessere psicologico del dipendente e performance lavorativa.

L’ assistenza infermieristica è fondamentale per la realizzazione dei risultati sanitari e quando la richiesta di lavoro agli infermieri supera le loro risorse lavorative e personali, questo li espone a rischi psico-sociali, con conseguenze negative sulla loro salute fisica e psicologica.

Un possibile effetto di tale malessere è la volontà di lasciare la professione, effetto che aggrava la carenza di personale infermieristico, fenomeno globale e preoccupante.

Uno studio che ha coinvolto sette Paesi Europei, ha dimostrato che in Italia, Francia e Germania, ci sono i più alti livelli di intenzione di lasciare la professione infermieristica.

Uno studio italiano (Anbrosi 2011), ha rilevato che il 34,4% degli infermieri prevede di lasciare l’ospedale ad un anno dell’assunzione ed il 43,8% aveva inviato richiesta di trasferimento.

La letteratura ha dimostrato che l’intenzione di abbandonare la professione nasce da una condizione psicologica negativa di risposta alle condizioni organizzative di lavoro.

In aggiunta all’abbandono della professione, l’altra risposta al malessere psicologico è anche l’elevato turnover degli infermieri, con lo spostamento da una unità operativa all’altra, all’interno dello stesso ospedale.

Questi tassi elevati di turnover portano a disfunzioni a livello organizzativo con un aumento dei costi e maggiori carichi di lavoro per il personale in servizio e di conseguenza un impatto negativo sul benessere psico-fisico degli infermieri ed una peggiore qualità dell’assistenza.

Per questo è utile mettere in campo interventi per prevenire il fenomeno.

Lo studio in merito è stato condotto in due ospedali del Sud Italia, in 22 unità operative, tra medicine e chirurgie.

Sono stati coinvolti 389 infermieri e 181 pazienti, maggiori di 18 anni e che avessero passato due o più notti nell’unità operative: a questi è stato somministrato un questionario.

Lo studio ha analizzato a relazione tra soddisfazione lavorativa ed abbandono della professione e tra l’abbandono della professione e le ripercussioni sulla soddisfazione del paziente in merito all’assistenza ricevuta.

Da quanto emerso l’insoddisfazione lavorativa è uno dei principali motivi dell’alto turnover degli infermieri, con effetti negativi sui pazienti.

L’insoddisfazione lavorativa e la volontà di lasciare la professione producono un minor impegno sul lavoro, con un impatto negativo sull’assistenza ai pazienti.

Questo non fa che confermare l’importanza della soddisfazione lavorativa dell’infermiere, in relazione alla soddisfazione del paziente.

 

Cosa dovrebbero fare le organizzazioni sanitarie?

Dovrebbero intervenire sulla organizzazione del lavoro e cosa più importante dovrebbero costantemente monitorare la soddisfazione lavorativa degli infermieri, come fattore predittivo del turnover e della conseguente soddisfazione per le cure infermieristiche.

La soddisfazione lavorativa è la dimensione più promettente su cui le organizzazioni dovrebbero agire per ridurre l’intenzione del turnover ospedaliero.

I manager sanitari possono adottare diverse strategie per

sviluppare la soddisfazione lavorativa degli infermieri: esperienze di padronanza; osservazione di modelli comportamentali di successo; persuasione sociale;riduzione delle reazioni di stress.

Ad esempio, gli infermieri possono esercitare la loro capacità di gestire determinate situazioni con la supervisione del coordinatore dello staff infermieristico.

È possibile creare ulteriori opportunità di apprendimento attraverso l'organizzazione di riunioni in cui gli infermieri possono discutere delle strategie

per gestire con successo situazioni complesse. Gestione delle emozioni possono essere migliorate attraverso corsi di formazione o interventi psicosociali che tengano conto delle esigenze specifiche di personale infermieristico.

Oltre a queste azioni, i responsabili della salute dovrebbero svolgere periodicamente sondaggi sulla soddisfazione dei pazienti per monitorare la qualità dell'assistenza infermieristica e includere il feedback dei pazienti nel piano di miglioramento del servizio ospedaliero. In sintesi, la gestione della salute dovrebbe considerare la soddisfazione sul lavoro, l'impegno al lavoro, l'auto-efficacia e l'autoregolamentazione abilità come fattori che possono rappresentare un vantaggio competitivo nel mantenere gli infermieri all'interno dell'ospedale.

 

The role of job satisfaction, work engagement, self-efficacy and agentic

capacities on nurses' turnover intention and patient satisfaction

Silvia De Simone, Anna Planta, Gianfranco Cicotto

University of Cagliari, Via Is Mirrionis, 1, 09123 Cagliari, Ital