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Infermieri. Suicidio del paziente in ospedale. I limiti della responsabilità e della posizione di garanzia

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 29/03/2018 vai ai commenti

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Sono 800 mila le persone che nel mondo muoiono ogni anno per suicidio; il 78% di questi avviene nei Paesi a basso- medio reddito ed è la seconda causa di morte nella fascia di età che va dai 15 ai 29 anni.

L’ultimo rapporto del Ministero della Salute, evidenzia che tra gli eventi sentinella negli ospedali, ovvero quegli eventi avversi che causano morte e gravi danni ai pazienti, il suicidio è il più frequente(19%), seguito da morte e grave danno per caduta(16%).

E’ pur vero che il rapporto in merito è datato, in quanto indaga il periodo che va dal 2005 al 2010, ma il fenomeno del suicidio in ospedale è poi così infrequente, e pone non pochi interrogativi, specie in relazione alla responsabilità dei sanitari.

Accanto alle prestazioni sanitarie e di cura, rientra anche il dovere di vigilanza sui pazienti, maggiore nel caso di soggetti che hanno posto in essere condotte autolesionistiche o hanno manifestato intenti suicidari.

Gli operatori sanitari hanno nei confronti dei pazienti l’obbligo di salvaguardia della persona assistita, detta posizione di garanzia.

Tale obbligo di protezione trova il suo fondamento dalla clausola generale contenuta nell’art. 40 c. p., il cui secondo comma, in particolare, impone un “obbligo giuridico gravante su determinate categorie predeterminate di soggetti previamente forniti degli adeguati poteri giuridici di impedire eventi offensivi di beni altrui, affidati alla loro tutela per l’incapacità dei titolari di adeguatamente proteggerli”.

Sulla posizione di garanzia si sono autorevolmente espressi i giudici della Suprema Corte, i quali affermano che la salute dei pazienti va tutelata da qualunque pericolo ne minacci l’integrità e che tale obbligo di protezione dura per l’intero tempo del turno di lavoro. In relazione alla posizione di garanzia, il personale sanitario è tenuto ad attuare una serie di misure di protezione e tutela, onde evitare che l’assistito subisca un danno. Ciò può significare che i sanitari, studiate le condizioni psico-fisiche del paziente, stabiliscano se il paziente possa o meno essere a rischio .

Il suicidio è tra i 10 eventi sentinella segnalati dall’OMS, che con una corretta valutazione permette di prevedere e prevenire l’evento dannoso.

La più recente giurisprudenza, pone comunque dei limiti alla responsabilità dei sanitari.

È evidente che affinché sorga tale dovere, maggiore nei riguardi di determinati pazienti, è necessario che gli operatori sanitari vengano informati di tale pericolo o, quantomeno, che tale pericolo fosse da loro riconoscibile, non potendosi individuare una responsabilità della struttura per un evento imprevedibile.

Al fine di accertare se il personale dell'azienda ospedaliera fosse stato portato a conoscenza di tutte queste circostanze, ed in particolare delle manifestazioni di intenti suicidari, è necessario valutare, innanzitutto, i documenti in atto, per verificare se la struttura ospedaliera e in particolare i suoi dipendenti, a vario titolo entrati in contatto con la paziente, fossero stati messi nelle condizioni di conoscere detti propositi suicidari o autolesionisti della paziente, poi dalla stessa posti in atto.

 

 

Da:

Doctor33 e Fnopi, L’allontanamento del paziente dal luogo di

cura: tra obblighi di sorveglianza e libera scelta

di Giannantonio Barbieri, Elisabetta Palma

Ph credit: dal web