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Diabete. Pazienti lasciati soli, mancano gli infermieri sul territorio. Il Rapporto di Cittadinanzattiva

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 30/03/2018 vai ai commenti

AttualitàNursing

Il problema della cronicità e dell’assenza di assistenza infermieristica sul territorio torna ancora ad essere evidenziata nel Primo Rapporto Civico di Cittadinanzattiva:

Diabete : tra la buona presa in carico e la crisi dei territori”.

Ancora una volta la mancanza dei 30 mila infermieri sul territorio è evidente, e si palesa nelle mille difficoltà che devono affrontare i pazienti affetti dal diabete, lasciati soli nella solita ostica burocrazia italiana.

L’indagine svolta da Cittadinanzattiva con la collaborazione non condizionata di Abbott, è stata condotta in 15 Regioni, Abruzzo, Basilicata, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna,

Toscana, Trentino Alto Adige (Provincia autonoma di Bolzano, Provincia Autonoma di Trento), Valle d’Aosta, Veneto, somministrando un questionario online a 4.927 pazienti e 245 professionisti sanitari.

Dei 4.927 pazienti:

  • il 72,8% è affetto da Diabete di tipo 1 nella fascia di età che va dai 40 ai 64 anni

  • il 17,5% genitori di bambini affetti da diabete.

 

Nonostante nel territorio italiano l’assistenza ai pazienti cronici non sia uniformemente distribuita, c’è da rilevare che:

  • i pazienti sono responsabili ed esperti nella gestione della malattia, che il 65% ha effettuato almeno una visita dall’oculista ed il 40% almeno una volta dal cardiologo.

  • Il 56,6% ha effettuato gli esami diagnostici necessari

  • solo il 6% è dovuto ricorrere ad un ricovero ospedaliero.

I dati sono sicuramente incoraggianti, ma non basta, perché i pazienti per riuscire a gestire la malattia sono costretti a districarsi nella solita burocrazia, dove è facile perdersi e rinunciare.

Infatti solo al 20,3% sono garantiti corsi sulla completa gestione della malattia, il resto si arrangia, aspettando anche un anno per la prima visita diabetologica ed un anno e mezzo per la prima visita endocrinologica. Spesso i pazienti sono costretti a spostarsi per centinaia di chilometri per un colloquio di pochi minuti dallo specialista, che cambia di volta in volta.

C’è chi rinuncia a rinnovare la patente di guida, specie se costretto a rinnovi frequenti, a causa della lunghezza e complessità delle procedure, oltre che per i costi privati da sostenere.

C’è chi rinuncia a chiedere il riconoscimento della legge 104, necessario per avere i permessi lavorativi e curarsi; c’è chi si confronta con distanze, procedure ed orari poco compatibili per ritirare farmaci e dispositivi dalle farmacie.

Inoltre, c’è chi deve mettere mano al portafoglio, spendendo in media 867 euro l’anno e fino ad oltre tremila euro l’anno per presidi non riconosciuti, visite ed esami, spostamenti per la cura, ecc.

Questo è determinato dal fatto di essere residente o meno in una regione virtuosa come la Lombardia, o in una meno virtuosa come l’Abruzzo.

A distanza di sei anni dall’approvazione del Piano Nazionale sulla Malattia Diabetica commenta Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato e responsabile nazionale CnAMC di Cittadinanzattiva - c’è ancora molto da fare per la piena e concreta attuazione dei diritti delle persone con diabete. Sono troppe e insopportabili le disuguaglianze regionali nell’accesso ai servizi e alle vere innovazioni tecnologiche. Approvare Piani nazionali, recepirli formalmente con Delibere regionali e varare Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali non è sufficiente, serve maggiore e costante attività di verifica sostanziale da parte del ministero della Salute e delle Regioni sulla loro concreta attuazione, per assicurare cambiamenti nella vita quotidiana delle persone su tutto il territorio nazionale. Su questo punto bisogna davvero cambiare passo perché quando dalle parole si è passati davvero alle azioni, i cittadini ne hanno visto i risultati”.

 

E’ inaccettabile che ancora quasi la metà dei pazienti sia obbligato a prenotarsi autonomamente visite ed esami di controllo. I centri di diabetologia, oggi in forte affanno, vanno rafforzati e integrati con i servizi territoriali. Per aumentare la capacità di risposta del SSN bisogna valorizzare di più la figura del Medico di Famiglia anche rispetto alla possibilità di prescrivere terapie innovative, come pure le importanti competenze maturate dalla professione infermieristica. Ridurre il peso sui pazienti della burocrazia inutile è una necessità ineludibile, come pure affrontare e risolvere definitivamente il problema della somministrazione dei farmaci a scuola che ancora oggi obbliga intere famiglie a farsi carico in prima persona e tutti i giorni di quest’attività“.

 

Solo il 12 % afferma di essere inserito in un percorso diagnostico terapeutico ed assistenziale.

Chi fa uso di dispositivi innovativi per la gestione del diabete(40%)lo fa per lo più a proprie spese se non è residente in quelle regioni in cui il dispositivo è gratuito.

Ed ancora, il 21,8% paga il ticket sui farmaci ed il 76,6% non ha accesso al numero necessario di strisce o sensori per limitazioni di prescrizione.

Non va meglio se il paziente ad essere affetto da diabete è un bambino.

Il 15% dei piccoli è curato in un centro per adulti. Per il 62% dei genitori il

servizio nella mensa scolastica non è adeguato, il 78% dichiara che il proprio figlio non ha partecipato, nell’ultimo anno, a corsi per la promozione dell’attività fisica, il 64% non ha ricevuto sostegno psicologico.

 

da Fnopi