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Infermieri contratto. In dieci anni persi 12mila euro per dipendente e diritti. Vi spieghiamo come

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 27/04/2018 vai ai commenti

AttualitàContratto Nazionale

di Emilio Benincasa

 

Scadenza 31.12.2009 così c'era scritto nel contratto del pubblico impiego che, se fosse stato un alimento, di sicuro non si potrebbe più consumare. Mentre quello che ci propongono oggi come "fresco" in realtà, puzza ancora prima di essere confezionato.Cosa è successo in questi dieci anni?- Chi ha consentito un vuoto economico e normativo cosi lungo?- Quale è stato il ruolo del sindacato?

 

Per tentare una parziale ma significativa risposta alle domande, serve ripercorrere i fatti cronologici accaduti e gli accordi intervenuti tra Governo e Sindacati in questi anni, i quali hanno determinato la situazione odierna, contraddistinta da un eccessivo e prolungato blocco dei contratti impoverendo il pubblico dipendente e un precariato dilagante con salari mediamente ridicoli.

 

A gennaio 2009, inizia la pantomima. L'accordo tra il Governo, la Cisl e la Uil, cambia la durata del contratto relativo alla parte economica:rinnovo non più dopo 2 anni ma bensì ogni 3 anni. Nel frattempo, viene introdotto l'indice IPCA – che già a sentirlo ti frega - che cambia il precedente calcolo dell'indice di inflazione, ovviamente si riduce.

 

Nello stesso anno ad ottobre, fu approvato il Dlgs 150 c.d. riforma Brunetta che è stata disapplicata in quanto doveva essere recepita dai contratti che come è noto, non sono stati mai rinnovati. Poi nel 2010, il Decreto legge 78 blocca definitivamente i contratti. Da quel giorno i lavoratori pubblici non hanno più avuto un aumento e un contratto.

 

Nonostante, la Corte Costituzionale con la sentenza n. 178 del 24 giugno 2015 giudica incostituzionale la continuazione del blocco del rinnovo dei contratti, nulla succede in questo Paese, di contratto e aumenti neanche l'ombra.

 

Nel periodo 2001-2015, nel Pubblico Impiego sono stati tagliati 247.150 posti di lavoro – fonte M. E. F. (Dipendenti Pubblici, 3.504.164 nel 2001; 3.257.014 nel 2015).

 

Nel corso del 2016, vengono ridotti i comparti del P.I. Da 12 a 4 i cui effetti in

termini di armonizzazione di contratti diversi, dovranno essere ancora misurati. Poi nel mese di novembre dello stesso anno, a ridosso del voto refendario, la Triplice sancisce un accordo economico che prevede un aumento medio mensile di 85 euro lordi, a regime nel 2018. Per una tale cifra concordata, credo sia opportuno nessun commento.

 

Non bisogna essere economisti, per capire che solo rivalutando uno stipendio medio di 1.400 euro dal 2009 al 2018 con il dato annuale ISTAT certificato, si ottiene una perdita secca del salario di 164 euro mensili.Questa semmai doveva essere la cifra di partenza da inserire in una dignitosa trattativa contrattuale. Quindi, per il periodo 2010-2018 la perdita complessiva, per ciascun dipendente è di oltre 12.000 euro. Un vero e proprio abile  scippo.

 

In realtà, oltre a quello economico, viene concordato altro; di fatto con l'emanazione dei decreti attuativi del maggio 2017 della riforma Madia, vengono inseriti nei contratti, la discrezionalità, la valutazione, il merito e i licenziamenti. Ciò esaspera ed amplifica in negativo, quanto già contenuto nella c.d. e mai applicata riforma Brunetta, il tutto condito con l'inserimento del "lavoro somministrato" ricalcato pari passo dal Job Act.

Ora, da un punto di vista strettamente sindacale, sembra inspiegabile come si possa consentire una perdita progressiva e prolungata sia dei salari che dei diritti dei lavoratori, senza una forte contrapposizione. O forse, la spiegazione esiste.

 Dobbiamo fare un passo indietro, precisamente, al 29 luglio 1999, data in cui, l'accordo quadro nazionale ha preparato la gestione dei fondi pensione dei Lavoratori Pubblici da parte di Cgil Cisl Uil & C. Tale accordo stabilisce testualmente che, " le condizioni per l’armonizzazione pubblico-privato in materia di anticipazioni saranno verificate in sede di contrattazione di comparto”, cioè in sede di Contratto.

 

Da allora, Cgil Cisl Uil & C.hanno portato a casa l’avvio dei loro fondi pensione, gestendo milioni di euro dei lavoratori. Del resto, non c’è traccia; questi anni non sono stati di "larghe intese" tra Governo e Sindacati ma di "intese" vere e proprie anche con leggi ad personam. Altro che concertare, qui si è  visto solo "sconcertare".

 Una succulenta contropartita, che ha reso "apparente" il tavolo delle trattative, non un tavolo dove si contrappongono le giuste forze di rivendicazione, ma solo, appunto, apparenza. In questi anni, tutti abbiamo visto ufficialmente Governo e Sindacati seduti di fronte a un tavolo noce massello rettangolare, in realtà essi sono stati seduti ad un tavolo rotondo di rattan da giardino, a gozzovigliare con i soldi sacrificati dei lavoratori.

 

Il vuoto economico contrattuale nel pubblico impiego, che si protrae da circa un decennio, ha causato uno sconquasso sociale, come uno tsunami si è abbattuto direttamente sul potere di acquisto dei lavoratori, ridotti taluni a calcolare le spese per cercare di arrivare a fine mese, altri che sognano la fine del mese. Quando si parla di salario, si parla di futuro prossimo, di certezza nell'importo e nei tempi per recuperare condizioni di tranquillità.

 Come accennato all'inizio, dopo dieci anni il contratto che viene sottoposto ai sindacati che taluni hanno firmato, puzza prima di essere confezionato, rappresenta un continuum della pantomima, pertanto è irricevibile dal NurSind. Abbiamo da subito rappresentato, prima di altri, le involuzioni e le storture di questa pre-intesa. Per gli infermieri, si delinea un professionista che non esiste e che non viene adeguatamente riconosciuto.

 Il 23 febbraio 2018, in occasione dello sciopero nazionale, NurSind ha dimostrato cosa significa rappresentare i propri iscritti, NurSind non firma contratti politici, non ha contropartite sulle quali intendersi, ma lotta per un contratto dignitoso. Speriamo finisca questa pantomima, e i lavoratori possano scegliere liberamente da chi farsi rappresentare, abbandonando definitivamente chi ha firmato e continuerà a firmare accordi che peggiorano le condizioni dei lavoratori. E' ora di dire basta alle apparenze.

 

La credibilità di un sindacato si deve esigere sempre. Urge un Testo unico sulla vera rappresentatività sindacale, non quello firmato a gennaio 2014 che imbavaglia chi ha di voglia dissentire, come se il diritto di assemblea, le libertà, la democrazia e le prerogative sindacali, di protesta e di organizzazione appartenessero esclusivamente a quegli apparati e non fossero invece conquista, diritto e strumento inalienabile e fondamentale dei Lavoratori.