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Infermieri sostituiti dagli agenti penitenziari: è loro il compito di somministrare i farmaci ai detenuti delle carceri

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 19/05/2018 vai ai commenti

Attualità

A dieci anni dal DPR del 1 Aprile del 2008, che trasferisce le competenze sanitarie dal Ministero della Giustizia al SSN ed al SSR, poco è cambiato, visto che ancora oggi non è stato pienamente attuato, a discapito dei detenuti e di chi vi opera.

E’ un vero dramma, una vera emergenza, detenuti ben oltre il numero massimo, agenti penitenziari sott’organico e soprattutto personale sanitario, medici, psicologi ed infermieri in numero irrisorio.

Ad essere negato il diritto alla salute dei detenuti e la dignità lavorativa di vi presta servizio, sottoposto a carichi di lavoro eccessivi.

L’ultimo rapporto sulla salute dei detenuti, rivela che l’80-60% di questi presenta almeno una malattia:

  • il 48% è affetto da malattie infettive

  • il 32% è affetto da tossicodipendenza

  • il 27% è affetto da disturbi psichici

A diffondersi maggiormente TBC- HIV- EPATITE, favorite da fattori ambientali come il sovraffollamento, +178% la presenza dei detenuti nelle carceri.

Secondo l’OMS, dovrebbero essere messi in atto programmi specifici per il trattamento di HIV, TBC ed EPATITE, ed ancora programma specifici per la tossicodipendenza.

Dovrebbe essere garantita un’assistenza sanitaria dall’ingresso in carcere fino al rilascio, ed anche dopo in collaborazione con i servizi sanitari operanti fuori dal carcere.

Eppure in Italia a parte qualche indulto per porre rimedio al sovraffollamento, non ha una programmazione futura, né presente.

Personale sanitario insufficiente anche per garantire la minima assistenza, si parla della media di un infermiere su 400 detenuti.

In Sardegna arriva la denuncia dei sindacati, perché a somministrare ai detenuti la terapia prescritta dal medico, è la polizia penitenziaria.

Errore di competenza, presenza di infermieri insufficiente, fatto sta che il SSN non riesce ad intervenire nelle carceri, forse per un mancato ritorno di immagine, come se il mondo dei detenuti e di chi vi lavora fosse un mondo di serie B.