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Infermiere di famiglia in Toscana. Insorge il Sindacato dei Medici “Pazienti a rischio e Conflitti di competenza”

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 28/06/2018 vai ai commenti

AttualitàNurSind dal territorioToscana

Pur condividendo l'intento della Regione di affrontare la gestione della cronicità”, rileva come “alla figura professionale infermieristica vengano assegnati compiti che esondano l'ambito professionale”.

Sono queste le dichiarazioni dello SMI, Sindacato Medici Italiani, che si scaglia contro la delibera toscana 597/2018, che istituisce l’infermiere di famiglia.

Lo Smi ritiene che “questo modello organizzativo potrebbe portare, per la sua indeterminatezza e genericità a conflitti di competenza, incomprensioni, disfunzioni e costi, di cui i pazienti e le loro famiglie pagherebbero il prezzo, demolendo quell'ottimo principio della integrazione efficiente delle cure e della sinergia efficace di tutte le professioni coinvolte”.

Ma cosa prevede la delibera toscana sul progetto pilota dell’infermiere di famiglia?

La delibera definisce l’infermiere di famiglia e di comunità (IFC) “il professionista responsabile della gestione dei processi infermieristici in ambito familiare. Promuove un'assistenza di natura preventiva, curativa e riabilitativa differenziata per bisogno e per fascia d'età, attraverso interventi domiciliari e/o ambulatoriali risposte ai bisogni di salute della popolazione di uno specifico ambito territoriale di riferimento.

Gli ambiti di esercizio professionale dell'IFC sono il domicilio, l'ambulatorio, le strutture intermedie e residenziali e l'intera comunità.

 

Dieci le sue funzioni indicate nell’articolata delibera toscana:
• valutare lo stato di salute e i bisogni della persona nelle diverse fasi della vita (adulta, infanzia, adolescenza), del contesto familiare e conoscere quelli di comunità;
•  promuovere e partecipare ad iniziative di prevenzione e promozione della salute rivolte alla collettività;
• promuovere interventi informativi ed educativi rivolti ai singoli, alle famiglie e ai gruppi, atti a promuovere modificazioni degli stili di vita;
• presidiare e facilitare i percorsi nei diversi servizi utilizzando le competenze presenti nella rete;
• pianificare ed erogare interventi assistenziali personalizzati alla persona e alla famiglia, anche avvalendosi delle consulenze specifiche degli infermieri esperti ( es. wound care, sto mie e nutrizione artificiale domiciliare, ventilazione domiciliare, cure palliative ed altre);
• promuovere l'aderenza ai piani terapeutici e riabilitativi;
• partecipare alla verifica e monitoraggio dei risultati di salute;
• sostenere i percorsi di continuità assistenziale tra sociale e sanitario, tra ospedale e territorio e nell'ambito dei servizi territoriali sanitari e socio-sanitari residenziali e semi-residenziali;
• garantire le attività previste per la realizzazione degli obiettivi della nuova sanità di iniziativa;
• partecipare nell'integrazione professionale al perseguimento dell'appropriatezza degli interventi terapeutici ed assistenziali, contribuendo alla relazione di cura, al rispetto delle volontà del paziente espresse nella pianificazione delle cure, anche in attuazione della Legge 219/17.

 

E' prevista anche la costituzione di una Cabina di regia tecnica regionale composta dai Responsabili dei settori della Direzione Diritti di Cittadinanza e Coesione sociale direttamente interessati, dai Direttori dei Dipartimenti delle Professioni Infermieristiche ed Ostetriche, dai Direttori dei Dipartimenti delle Cure Primarie e dai rappresentanti legali o loro delegati degli Ordini degli Infermieri della Toscana, con funzioni di monitoraggio su avvio e andamento fase pilota, definizione del percorso formativo regionale e identificazione degli indicatori di valutazione impatto nel SSR del nuovo modello assistenziale.

 

I rappresentanti dello Smi, criticano aspramente la “presa in carico dei pazienti per evitare i ricoveri, il coordinamento dell'assistenza del PAI (Piano Assistenza Individualizzato) nelle complesse situazioni di pluripatologie (sia pur definito con il medico di famiglia), il presidio del setting assistenziale, la individuazione dei percorsi per i servizi, il follow up telefonico, la telemedicina ed il controllo della garanzia di equità di erogazione delle cure.

Da segnalare anche l’autoreferenzialità dell’afferenza al Dipartimento delle professioni infermieristiche per la governance dei processi e per le consulenze solo infermieristiche anche riguardo le situazioni complesse quali nutrizione artificiale, ventilazione, stomie nei pazienti operati ecc”.

Per lo Smi è inoltre “surreale che nella ‘cabina di regia’ nella ‘fase pilota’ di sperimentazione siano stati esclusi i rappresentanti dell'Ordine dei Medici, vero garante della competenza tecnica, della esperienza professionale, della tutela delle prerogative deontologiche e professionali dei Medici stessi”.

E’ pronto a tutto il sindacato, pur di bloccare il progetto toscano, ovvero a mettere in atto tutte le iniziative sindacali, politiche e mediatiche al fine unico di fare chiarezza su tutte le implicazioni e le criticità di questo nuovo modello organizzativo della Medicina del Territorio, nell'interesse dei cittadini e nel rispetto della dignità professionale dei Medici.

 

Da Quotidiano Sanità