Iscriviti alla newsletter

Aggressioni sanità. La sovraesposizione mediatica ed il rischio emulazione

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 04/08/2018 vai ai commenti

AttualitàEditoriali

 

di Marialuisa Asta

E’ ormai quotidiano questo rincorrersi di notizie che contano, nostro malgrado, quanti pugni sono stati sferrati al medico di turno, quanti schiaffi in pieno volto ha ricevuto l’infermiere del triage.

Da nord a Sud, ma molto più a Sud, da Crotone a Napoli a Catania, qualsiasi quotidiano riporta la storia dell’ennesima aggressione.

Più volte mi sono interrogata sul perché di questa escalation di violenza, e le ragioni alle quali arrivo non sono mai semplici e lineari.

Il fenomeno è complesso e sono diverse le variabili che lo compongono.

1.Una società violenta e priva di valori, mortificata da un politica che ne ha svilito l’essere uomo; una società per la quale la vita ha perso valore e che si fa forte di una giustizia che non funziona, che non assicura la pena o la “rieducazione” per quelli a cui la parola “pena” non piace.

2.C’è una sanità che non funziona per l’immemore incapacità di chi la governa, una sanità che non fornisce un servizio adeguato, che costringe ad attese infinite che, poi si risolvono in tagli dei posti letto, in cure spesso prive di risorse, anche le più semplici, una barella, una sedia a rotelle, un coperta per il freddo.

Penso che nessuno possa dimenticare i pronto soccorso affollati di pazienti ammassati a terra, tra vivi, morti e deliranti.

Questo status non può che generare violenza, e sicuramente non chi ha creato questo scempio, perché sono lontani dalle corsie, lontani dagli ospedali.

La violenza esplode contro il primo che incontri e che in quel momento rappresenta “il male”, l’ “esecutore” di tanta malasanità.

E’ più facile, arrivabile, un bersaglio semplice sul quale sfogare frustrazione e rabbia.

3.Ci siamo noi, medici, infermieri; stanchi e sull’orlo di una crisi di nervi, costretti a turni massacranti, privi di qualsiasi riconoscimento che sia morale o finanziario.

Noi, che siamo i parafulmini di questa malasanità, ma che abbiamo perso forse la capacità di Comunicare, o che non siamo abbastanza formati per una Comunicazione che eviti di arrivare al peggio, che mitighi e non esasperi certe situazioni.

Ed infine ci sono i Media che sì, hanno il merito di portare alla luce un fenomeno ormai arrivato a livelli preoccupanti, visto che le corsie ospedaliere si sono trasformate in trincee di guerra, ma è vero altrettanto che il bombardamento continuo, il racconto morboso dei particolari, nasconde due grandi pericoli: che il fenomeno crei assuefazione e presto nessuno se ne sorprenderà più e che spinga all’emulazione.

La nostra rivista, ne parla ad esempio, solo quando il fattoè rilevante, perché

in una società narcisista e violenta, pur di finire sotto le luci dei riflettori, sapendo di rimanere impuniti, quello dell’emulazione è un pericolo reale.

Non ho soluzioni immediate alla violenza negli ospedali, è vero che l’esercito potrebbe essere un deterrente, non la risoluzione reale.

Risorse alla sanità, assunzioni, corsi di formazione sulla Comunicazione, vigilanza, posti di polizia, e dei Media che non hanno abbiano l’interesse solo di fare un click in più, che non raccontino solo la malasanità, che non siano morbosi ed ossessivo- compulsivi nel raccontare gli episodi di violenza.