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Tubercolosi. 21 casi tra gli infermieri. Indagati tre dirigenti: violata la legge sull’infortunio. Ecco perchè

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 10/10/2018 vai ai commenti

AttualitàLazioNurSind dal territorio

 

Ventuno tra infermieri e personale sanitario, il numero dei casi di tubercolosi che si registrarono nel 2017 al Fatebenefratelli sull’isola Tiberina a Roma.

Oggi ad essere indagati il direttore sanitario della struttura insieme ad altri due dirigenti, per lesioni e violazione della legge sulla prevenzione degli infortuni nel lavoro.

 

I fatti

Era l’ottobre 2017 quando nel giro di quattro mesi, uno dopo l’altro, si registrarono al Fatebenefratelli di Roma, ben 21 casi di tubercolosi: infermieri, tirocinanti, l’addetto al bar del nosocomio.

Quella che ai tempi, si tennero ben lontani dal chiamare “epidemia”, si diffuse in più parti dell’ospedale.

La scoperta dei malati è stata opera dei medici curanti, che a loro volta hanno segnalato il problema alle Asl. Il passaggio successivo è stato il ricovero allo Spallanzani. In contemporanea le Asl hanno inviato una relazione, inerente ogni singolo malato, in procura; da qui le indagini, che ad oggi ravvisano delle violazioni in capo ai dirigenti, per violazione della legge sull’infortunio.

 

I doveri del datore di lavoro secondo la Legge sull’infortunio

Il datore di lavoro in base alle statuizioni dell’art. 2087 c.c. e del D.Lgs. 81/08 è costituito garante dell’incolumità fisica e della salvaguardia della personalità morale dei prestatori di lavoro per cui, qualora non ottemperi agli obblighi di tutela, l’evento lesivo che si verifichi ai danni del lavoratore o di terzi gli viene imputato in forza del meccanismo previsto dall’art. 40, comma 2, codice penale che prevede «non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo».

Il datore di lavoro, pertanto, ha il dovere di accertarsi del rispetto dei presidi antinfortunistici e che il lavoratore possa prestare la propria opera in condizioni di sicurezza, vigilando che tali condizioni siano mantenute per tutto il tempo in cui è prestata l’opera.

La responsabilità del datore di lavoro di cui all’art. 2087 c.c. è di natura contrattuale e pertanto, ai fini del relativo accertamento, incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro elemento, mentre grava sul datore di lavoro, una volta che il lavoratore abbia provato tali circostanze, l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno.

 

da il Messaggero