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L'impatto cognitivo e di performance che ha il lavoro notturno sugli infermieri. Lo studio

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 23/10/2018 vai ai commenti

Studi e analisi

di Sandra Sansolino

Uno studio pubblicato nel 2017 prende in esame l’impatto del lavoro notturno sia sulla sfera cognitiva che sulla qualità di performance.
Con l’avvento della globalizzazione, la richiesta di lavoro sulle 24 ore è notevolmente aumentata, si stima che 1 lavoratore su 5, in tutto il mondo, sia impegnato nello svolgere turni notturni, i quali, spesso, coinvolgono le forze dell’ordine, i trasporti e la cura alla persona.
Si sa che l’essere umano è un essere tipicamente diurno, e il lavoro notturno obbliga il lavoratore a operare contro il proprio ritmo circadiano endogeno.
Alcuni lavoratori mostrano una spontanea capacità di aggiustamento del proprio ritmo circadiano in funzione dei turni, ma molti no, sviluppando conseguenze avverse per la salute, le performance professionali e la sicurezza.
Tra le molteplici conseguenze del disallineamento del ritmo circadiano nel lavoro per turni, i deficit della sfera cognitiva sono quelli che coinvolgono di più la performance professionale.
Ricerche precedenti si sono concentrate sullo stato di vigilanza, mostrando che i lavoratori notturni hanno un tempo di reazione più lento durante la notte, rispetto ai colleghi che lavorano di giorno.
Nel nostro specifico caso, gli infermieri nel turno di notte, devono essere in grado di rispondere a bisogni molteplici del paziente, quali quelli emotivi, comportamentali e dello stato di salute per poter prestare una cura efficace.
Ricordiamo che di notte, diversamente dal giorno, il paziente può trovarsi da solo e che di notte si possono scatenare diverse manifestazioni di ansia o delirio, che di giorno non si manifestano o si manifestano in maniera ridotta.
La flessibilità cognitiva è la responsabile del nostro efficace adattamento alle dinamiche ambientali. I lavoratori notturni che devono vigilare su possibili cambiamenti repentini di situazione, sono soggetti a uno stato di vigilanza sostenuta ma anche saper spostare l’attenzione da un evento all’altro in modo efficace e accurate, anche mentre il corpo è nella fase circadiana preposta al sonno biologico. Quindi si comprende come la flessibilità cognitiva sia un punto chiave dove un ritardo d’azione può influenzare negativamente e drammaticamente l’esito.

L’importanza della flessibilità cognitiva diventa particolarmente rilevante nel nostro ambito, in quanto, durante il turno notturno, vi è una riduzione del personale, aumentando così il rapporto infermiere/numero di pazienti, sia nei reparti di degenza che nelle terapie intensive.

Il carico notturno aumentato, spesso si traduce con aumentate mansioni che richiedono un aumentata flessibilità cognitiva.
Lo studio è stato multicentrico, reclutando soggetti attraverso volantini e newsletter e condotti in diversi ospedali di Detroit. Il turno notturno doveva durare dalle 6 alle 12 ore, e doveva cominciare dalle 18 alle 3 di notte.
Sono stati inclusi quei lavoratori che lavoravano di notte almeno 3 volte la settimana e da almeno un anno.
Da questo studio sono stati esclusi lavoratori con patologie quali ipertensione, diabete, malattie del sistema nervoso centrale, assunzione di più di cinque caffè al giorno, assunzione di droghe a scopo ricreativo, abitudine al fumo superiore alle 10 sigarette al giorno, assunzione di più di 4 alcoolici al giorno.
Vi è da chiedersi quanti infermieri in Italia verrebbero effettivamente arruolati con tali criteri di esclusione.
Lo studio è stato condotto in laboratorio, ove il personale arruolato si recava alle 7.30 dopo una notte di lavoro, veniva sottoposto a questionario e rimaneva a dormire nel laboratorio stesso fino alle 16:30, ora in cui venivano obbligati ad alzarsi e obbligati a rimanere in laboratorio per 24 ore per effettuare un prelievo orario di saliva per testare la quantità di melatonina, e per accertare, attraverso esami funzionali, lo stato di allerta, la funzione cardiovascolare, e il livello di glucosio.
La flessibilità cognitiva è stata misurata alle 5 del mattino, che corrisponde all’ultima porzione del turno di lavoro.
I risultati di tale studio mostrano che l’impatto del turno notturno sulla flessibilità cognitiva hanno un impatto sulla performance professionale, sia a livello di accuratezza che di possibilità di errore.
Quello che rimarrà da valutare è se correggere, e come, il disturbo circadiano dovuto al lavoro per turni per migliorare la flessibilità cognitiva o se sia meglio adeguare i compiti notturni per ridurre l’impatto di una flessibilità cognitiva deficitaria.

 

Shift Work and Cognitive Flexibility: Decomposing Task Performance.