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Infermieri. Errori in terapia. Arrivano le Raccomandazioni del Ministero. Tutte le regole da seguire

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 15/12/2018 vai ai commenti

NursingStudi e analisi

Acronimi, simboli, abbreviazioni, sono i maggiori responsabili degli errori in terapia somministrata in ospedale e nel territorio, come riporta la letteratura nazionale ed internazionale.

Con l’obiettivo di migliorare la sicurezza dei pazienti, spesso soggetti alle conseguenze degli errori in terapia, il Ministero della Salute ha emanato “La raccomandazione per la prevenzione degli errori in terapia, conseguente l’uso di acronimi, sigle e simboli”, un unico linguaggio che metta d’accordo medici, infermieri e farmacisti.

 

Gli Studi

Il Medmarx reporting system ha rilevato che il 4,7% dei 643.151 errori

riferiti, tra il 2004 e il 2006, da 682 strutture sanitarie statunitensi erano

riconducibili all’utilizzo di abbreviazioni.

Nel 2004 la Joint Commission International (JCI) ha predisposto una lista

contenente un numero minimo di abbreviazioni ritenute potenziali causa

di errore e ha raccomandato agli ospedali di elaborarne una propria con

abbreviazioni o acronimi standardizzati.

L’ Institute for Safe Medication Practices (ISMP) ha redatto una lista più ampia di abbreviazioni, simboli e acronimi, che è preferibile non utilizzare, e nel 2006 ha lanciato, con la Food and Drug Administration (FDA), una campagna di informazione riguardo gli errori in terapia causati dall’uso di abbreviazioni focalizzando l’attenzione sulla necessità di eliminare quelle potenzialmente critiche.

L’Agency for Healthcare Research and Quality (AHRQ), nel Making

Health Care Safer II: An Updated Critical Analysis of the Evidence for

Patient Safety Practices (2013), ha incluso tra le raccomandazioni “altamente consigliate”, l’uso di una lista di abbreviazioni da “non usare”.

Tale disposizione è stata evidenziata anche in alcuni documenti ministeriali prodotti in tema di sicurezza dei pazienti, tra cui la Raccomandazione n. 7 per la prevenzione della morte, coma o grave danno derivati da errori in terapia farmacologica, che considera l’uso di abbreviazioni come uno dei fattori contribuenti al verificarsi degli eventi avversi.

 

Le Raccomandazioni

 

La prescrizione verbale.

La prescrizione verbale (compresa quella telefonica) della terapia farmacologica è sconsigliata perché genera facilmente errori, ma qualora utilizzata deve essere:

  • disciplinata in una procedura aziendale
  • limitata a situazioni di emergenza/urgenza predefinite (ad esempio, in Sala Operatoria, in Pronto Soccorso e in Terapia Intensiva)
  • prevista per i pazienti, inseriti in Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA), già presi in carico e visitati dal medico che ha fatto la diagnosi.

La prescrizione verbale di farmaci antineoplastici è sempre vietata.

In caso di prescrizione verbale (ammessa dalla procedura aziendale) si ricorre al read back/repeat back:

il medico, dopo aver chiesto l’identificazione dell’interlocutore (altro medico, infermiere) incaricato alla somministrazione, comunica la prescrizione specificando il nome del farmaco, il dosaggio, la posologia, la via di somministrazione. Se sono previste operazioni di diluizione (ad esempio, uso di farmaci per via endovenosa) va aggiunta l’indicazione del diluente e del volume. L’interlocutore ripete tutta la prescrizione verbale e chiede conferma; il medico prescrittore conferma la prescrizione oppure ripete l’indicazione in caso di informazioni errate. Ai fini della tracciabilità, si deve documentare e firmare chiaramente l’ordine verbale nella cartella clinica e in altra documentazione sanitaria il prima possibile, annotando nome e cognome del prescrittore, data e ora in cui viene effettuata la comunicazione.

 

Standardizzazione di abbreviazioni, acronimi, sigle e simboli

Occorre mettere in atto diversi interventi per standardizzare abbreviazioni, acronimi, sigle e simboli, che devono riguardare:

  • le prescrizioni delle terapie farmacologiche, comunque redatte (scritte a mano, prestampate, elettroniche) con particolare attenzione a quelle pediatriche. In caso di scrittura a mano è necessario usare lo stampatello. Sono comprese le prescrizioni verbali (anche quelle telefoniche) permesse in determinate situazioni purché disciplinate in apposita procedura aziendale
  • la Scheda unica/Foglio unico di terapia in formato cartaceo e elettronico
  • la Scheda della Riconciliazione farmacologica in formato cartaceo e elettronico
  • la documentazione sanitaria utilizzata e prodotta durante le varie fasi di gestione del farmaco in ospedale e sul territorio inclusa la lettera di dimissione
  • le etichette utilizzate per le formulazioni galeniche, le preparazioni dei farmaci iniettabili, le miscele di nutrizione parenterale totale
  • la redazione dei Piani terapeutici
  • le istruzioni scritte per il paziente sulla gestione della terapia farmacologica, comprese quelle fornite dal Medico di medicina generale e dal Farmacista di comunità.

 

Per “standardizzare” l’uso di abbreviazioni, acronimi, sigle e simboli, le Regioni e le Province Autonome coordinano l’elaborazione di una procedura da far adottare ad ogni Azienda sanitaria e ne monitorano l’applicazione.

 

Raccomandazioni ministeriali (n.1, n.7, n.12, n.14, n.17) per la prevenzione degli errori in terapia.

a)   scrivere il nome del principio attivo per esteso (alcune abbreviazioni possono essere collegate a più farmaci dal nome simile) ed evitare sia gli acronimi (e nel caso si usino accompagnarne la descrizione come ad esempio 5-FU, 5-Fluoro Uracile) sia le formule chimiche

b)   lasciare uno spazio tra nome e il dosaggio, in modo particolare per quei nomi (anche commerciali se ammessi nella procedura aziendale) che finiscono in l (elle) per evitare interpretazioni errate (ad esempio, Inderal 40 mg al posto di Inderal40mg che potrebbe essere confuso con Inderal 140 mg);

c)    lasciare uno spazio tra il dosaggio e l’unità di misura (ad esempio, 10 mg e non 10mg in quanto la lettera m (emme) potrebbe essere confusa con lo zero

d)   usare per esteso “Unità” al posto di “U” e “unità” al posto di “u” nella scrittura manuale

e)   esprimere il dosaggio/superficie corporea come quantità totale del farmaco

f)    evitare sigle relative alla modalità d’azione, a meno che le stesse non siano riportate nella confezione del farmaco e ammesse nella procedura aziendale (ad esempio, SR=slow release) altrimenti si può specificare il significato tra parentesi

g)   usare i numeri arabi (ad esempio, 1, 2, 5, 10, 100, 500, 1.000) e non quelli romani (ad esempio, I, II, V, X, C, D, M); non mettere lo zero terminale dopo la virgola per le dosi espresse da numeri interi (ad esempio, scrivere 1 mg invece che 1,0 mg in quanto potrebbe essere confuso con 10 mg);

h)   scrivere sempre lo zero prima dei decimali inferiori ad un’unità (ad esempio, scrivere 0,5 g invece di ,5 g che può essere erroneamente interpretato come 5 g se non viene letta la virgola) oppure trasformarli (ad esempio, scrivere 500 mg invece che ,5 g che può essere erroneamente interpretato come 5 g se non viene letta la virgola)

i)     usare il punto per separare i tre zeri delle migliaia o usare parole come 1 milione per favorire la corretta interpretazione (ad esempio, 1000 unità va scritto 1.000 unità, 10000 unità va scritto 10.000 unità)

j)    specificare chiaramente la posologia evitando indicazioni generiche come “un cucchiaino”, “un misurino;

k)   l) evitare schemi posologici ambigui, ma precisare, senza abbreviazioni e sigle, l’esatta periodicità dell’assunzione (ad esempio, “due volte al giorno” ha significato diverso per l’assunzione di un antibiotico da somministrare ad intervalli determinati come “ogni 12 ore” rispetto ad un antiacido da assumere a pranzo e a cena). Evitare sempre la dicitura “al bisogno”;

l)     indicare, per i prodotti liquidi, la quantità di principio attivo riferita ad un'unità di preparato (ad esempio, mg/ml). Bisogna ricordare che la prescrizione di soluzioni deve consentire di individuare la dose del farmaco per ogni singola somministrazione, la concentrazione e il volume

m)evitare l’uso delle frazioni (ad esempio, ½ compressa ovvero “metà compressa” può essere frainteso con 1 o 2 compresse) e sostituire, ove possibile, il farmaco con altra forma farmaceutica avente il dosaggio necessario

n)   scrivere le unità di misura secondo il sistema metrico decimale. Per le misure di capacità viene accettato il litro l (L) e sottomultipli: scrivere, ad esempio, ml o mL e mai cc. Per quanto riguarda le unità di misura del peso, µg (sebbene presente nel sistema metrico decimale) potrebbe essere confondente, come anche mcg, e quindi bisogna scrivere per esteso microgrammi

o)   evitare, nella scrittura manuale, i simboli + più; = uguale; ≤ minore o uguale; ≥ maggiore o uguale, in quanto possono essere confusi con numeri e quindi indicarli con le lettere

p)   evitare le abbreviazioni in latino (ad esempio, la dicitura os scambiata per occhio oppure orecchio sinistro) e quelle in lingua inglese

q)   per i farmaci in combinazione indicare il dosaggio di ognuno dei principi attivi.

 

 

La procedura relativa all’uso di abbreviazioni, acronimi, sigle e simboli, dovrebbe comprendere un elenco riferito alle abbreviazioni delle forme farmaceutiche (ad esempio, cps ossia capsula) e delle vie di somministrazione (ad esempio, ev ossia endovena). Risulta utile avere a disposizione tabelle di conversione per la preparazione di formulazioni per via endovenosa e per via orale.

 

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