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Comma 566: intervista a Ivan Cavicchi: da dove veniamo? (parte prima)

di Chiara D'Angelo

 

Divampa la discussione sul comma 566 della legge di stabilità 2015. La norma è destinata a lasciare il segno nella professione infermieristica.

C’è chi sostiene che questo sarà un segno positivo e chi invece lancia un allarme, evidenziando la potenziale pericolosità di questo passaggio per quanto riguarda l’evoluzione della nostra professione.

In questo secondo schieramento, come abbiamo più volte riportato e letto, spicca il professor Ivan Cavicchi.

Lo abbiamo intervistato e ne è uscito un colloquio veramente interessante e che, come sempre quando parliamo con lui, ci porta nel cuore dei problemi, mettendone in luce gli aspetti più sottili e di difficile evidenza, ma non per questo meno importanti, anzi.

L’intervista che Cavicchi ci ha rilasciato è piuttosto corposa (Clicca), per cui la riportiamo in due parti.

Nella prima parte il professore ci risponde in merito alle sue perplessità sul comma 566 e al percorso storico ed evolutivo che ha portato l’infermiere ad essere (o non essere) quello che è, non è, o dovrebbe essere oggi, definendo quelle che a suo dire sono le responsabilità dei principali attori in campo.

Nella seconda parte dell’intervista, Cavicchi invece ci spiega il suo punto di vista circa gli scenari che il comma 566 andrà ad aprire. Anticipiamo che le sue previsioni non sono affatto rosee per noi infermieri. Di fronte a questa prospettiva, con la sua usuale pungente sagacia, il professor Cavicchi risponde alla domanda delle domande che, viste le premesse, sorge d’obbligo: ma perché il comma 566, allora?

Ma andiamo con ordine e partiamo dall’inizio…

 

Caro professore grazie prima di tutto per averci concesso questa intervista. Ci interessa il suo punto di vista sul comma 566, perché siamo convinti che abbiamo a che fare con una questione che per la sua importanza merita quello che non ha avuto e cioè una discussione preliminare con gli infermieri e tra gli infermieri. Negli ultimi due articoli che lei ha pubblicato su QS sul comma 566 ha dichiarato di voler sospendere il giudizio e ha rivolto alla presidente Silvestro e al Ministro della salute Lorenzin delle richieste di chiarimento. E’ soddisfatto delle risposte che ha avuto?

Di risposte alle mie domande sul comma 566 non ne ho avute. Fa niente. All’analisi tuttavia restano i fatti che si offrono nella loro nudità e i silenzi che si offrono a loro volta come fatti e a loro volta nella loro nudità. In compenso ho letto molte prese di posizioni.

 

Ci fa qualche esempio di cose che ha capito ma che non sono state spiegate?

Ho capito che il comma 566 non riaprirà nessun accordo o negoziato... perché serve a coprire quello che è già stato fatto ma si è perso per strada. Quindi che sul piano dei contenuti non è una novità. E’ nato come un accordo separato e continua ad essere un accordo separato. Ho capito che si è riaperto un conflitto frontale tra operatori della sanità e che il Ministero della salute non ha nè la volontà nè la capacità per governarlo, dal momento che è un luogo senza politica con strani funzionari che si comportano da ministri e ministri che si comportano come funzionari. Ho capito che dietro al comma 566 c’è molta propaganda, poche idee e soprattutto tanta ma tanta incoscienza sui danni che esso può causare.

 

Ci vuole inquadrare professore il comma 566 e quindi gli accordi ai quali si riferisce come sa fare Lei, cioè farci capire i suoi significati generali o suoi significati di fondo?

A mio parere il comma 566 rispetto agli infermieri chiude ufficialmente un lungo ciclo che inizia negli anni '90 e che è importante ricostruire e analizzare e che si configura come il punto terminale di un lungo e contrastato processo di ripensamento e contro ripensamento. Rispetto al sistema sanitario il comma 566 non può essere considerato come una questione che riguarda i soli infermieri dal momento che, per come ci viene proposto,esso implicherebbe dei cambiamenti strutturali importanti che coinvolgono altre professioni e direttamente i diritti del malato. Per come è formulato si propone come un “testo opaco” che tradisce degli scopi “politici” che vanno ben oltre i problemi degli infermieri, e che riguardano ad esempio i problemi finanziari del Governo, delle Regioni, gli interessi delle burocrazie ministeriali, i problemi di leaderschip dell’Ipasvi ecc.

 

E rispetto agli infermieri come si pone il comma 566?

Prima di tutto esso viene proposto in una grave situazione di crisi professionale degli infermieri in cui da una parte i loro interessi generali sembrano non coincidere più con quelli a volte personali di chi li rappresenta e lo stesso interesse generale sembra sfarinato in tanti interessi peculiari. Secondo me questo punto è il dato politicamente più rilevante e che fa del comma 566 un ulteriore elemento di rottura e non di unità della categoria. Esso è destinato a dividere e a contrapporre ulteriormente gli infermieri non a riunificarli e per certi versi ad esasperare e non risolvere la loro profonda crisi professionale. Ma nessuno oggi osa parlare di crisi degli infermieri mentre invece bisognerebbe essere meno ipocriti ed ammettere che una crisi c’è e che andrebbe affrontata e risolta come tale.

 

Ma lei professore come ci consiglierebbe di affrontare il comma 566 per capirlo meglio?

La cosa più sbagliata è isolare e separare il comma 566, come stanno facendo tutti, da tutto ciò che lo ha determinato. Dobbiamo sforzarci di comprendere il comma 566 e i suoi accordi allegati come un qualcosa che viene fuori nel bene e nel male da un processo. Se non comprendiamo il processo non siamo in grado di capire veramente il comma 566.

 

A quale processo si riferisce? E poi in genere per capire dei processi serve risalire indietro per partire da dove essi sono nati e quindi chiarirne gli scopi.

Il processo a cui mi riferisco inizia con una nuova idea di infermiere (Legge 42/99) i cui postulati principali sono:

- il superamento della mansione/mansionario come quota scomponibile   del compito;

- un modo nuovo di eseguire i compiti quindi nuove autonomie esecutive;

- un nuovo profilo professionale sostenuto da una nuova formazione.

Per attuare questa nuova idea di infermiere gli infermieri o meglio le loro molteplici rappresentanze avrebbero dovuto:

- costruire un nuovo sistema formativo;

- ridefinire la forma storica di cooperazione tra professioni tra loro in rapporto di complementarietà;

- ripensare la tradizionale divisione tayloristica dei compiti delle professioni per autonomie e non per dipendenze;

- ridefinire le forme dell’organizzazione del lavoro che quale comune sistema di prassi decidono come definire i compiti effettivi delle professioni;

- ripensare le forme della contrattazione e quindi il valore retributivo per retribuire un più alto valore aggiunto.

 

Come sono andate le cose?

Le condizioni soddisfatte sono 1 su 5. Si è costruito un nuovo sistema formativo ma a prassi lavorative invarianti. Sul piano formativo è in atto una gigantesca transizione dal vecchio verso il nuovo, dal diploma regionale alla laurea, nel tentativo di armonizzare più generazioni di infermieri, più culture infermieristiche e più generi di formazioni. Ma sul piano delle prassi lavorative non si è riusciti a ridefinire nè la forma storica di cooperazione tra professioni, nè le nuove organizzazioni del lavoro, e ancor meno si è riconosciuto il valore aggiunto della nuova professione sul piano delle retribuzioni.

 

Quindi lei professore, se comprendo bene, considera questo processo sostanzialmente incompiuto come la causa dei principali problemi degli infermieri?

Non c’è dubbio. Da queste gravi lacune strategiche, nel tempo, sono nati i problemi più importanti degli infermieri... ancor più accentuati, ma non già determinati, dai problemi della spesa pubblica. Oggi si gioca molto con la crisi, ma la crisi ha aggravato ma non generato i problemi di cui gli infermieri si lamentano. I problemi veri degli infermieri si possono riassumere nella schizofrenia tra formazione/definizione giuridica/prassi. Cioè la maggior parte degli infermieri diplomati e laureati oggi lavora in modo apertamente contraddittorio con le definizioni professionali contenute nelle norme di riferimento. Schizofrenici più degli altri sono in particolare gli infermieri laureati cioè coloro che con grandi sacrifici si sono candidati a tirare il carro della L. 42/99.

 

Schizofrenia è una metafora psichiatrica ma fuor di metafora professore che vuol dire sul piano pratico quello che lei dice?

Dopo Siringhino le rispondo con un’altra metafora quella del linguaggio del codice penale (art. 640). Direi che gli infermieri, soprattutto quelli laureati, sono stati truffati in modo fraudolento, raggirati rispetto alle norme che li definiscono, facendo assumere loro delle obbligazioni anche onerose come quelle formative senza però dare loro in cambio un contro cambiamento adeguato. Nella L. 42/99 era implicito uno scambio che non è avvenuto: in cambio di altro profilo e di altra professionalità avremmo dovuto dare altra autonomia e altra retribuzione. Questa transazione è stata tradita non c’è e non c’è mai stata.

 

E di chi è la responsabilità di ciò?

Le responsabilità sono molteplici quindi di tanti ma lo scarica barili va evitato per cui bisogna dire con chiarezza e onestà che, per come sono state congegnate le norme sulla nuova idea di infermiere, a fronte di responsabilità molteplici il primo onere di proposta sarebbe toccato alle rappresentanze degli infermieri che avrebbero dovuto impegnare le controparti istituzionali e le altre professioni su progetti di riforma del lavoro e su questo dare battaglia. Questo oggettivamente non c’è stato. A parte le sporadiche esperienze salva-coscienza che si citano sempre, è mancato un progetto di attuazione della nuova idea di infermiere che riformasse alle basi i presupposti e i postulati del lavoro professionale a scala di categoria... ripeto a scala di categoria.

 

Ma in cosa consistono queste responsabilità?

Ci si è illusi tutti quanti che bastasse la norma sul profilo in sè a cambiare le cose, poi non si è lavorato per definire un pensiero riformatore sul lavoro, in grado di esplicare la norma, infine nel tempo subentrando sempre più contraddizioni si è smarrito lo scopo primario del nuovo infermiere e la categoria si è andata disperdendo via via in tanti problemi diversi fino a dimenticare lo “scopo dello scopo”. Nel momento in cui il progetto di nuovo infermiere viene meno la categoria perde la sua unità interna. La responsabilità politica di ciò in prima istanza e senza ombra di dubbio riguarda chi ha governato la categoria in tutti questi anni. Quindi Collegi e Sindacati.

 

Immagino professore che tutto ciò abbia accumulato negli anni una quantità impressionante di problemi; potrebbe indicarci i principali?

I problemi che sono derivati da un mancato processo riformatore sono tanti ma i principali sono quelli ai quali abbiamo accennato anche nelle precedenti interviste e che la favola di siringhino illustra molto chiaramente, vale a dire:

- post ausiliarietà: la condizione dell’infermiere che ha norme che gli consentono di esercitare una professione intellettualmente autonoma ma che continua a lavorare ad organizzazioni invarianti come una professione ausiliaria, cioè l’infermiere non è quello che dovrebbe essere;

- doppio demansionamento, il primo rispetto al proprio profilo professionale cioè nella prassi l’infermiere è meno del suo profilo, il secondo rispetto agli effetti delle politiche regionali di sfruttamento che lo costringono a svolgere compiti impropri;

- decapitalizzazione cioè la svalutazione retributiva del valore del lavoro causata in particolare dal blocco dei contratti e dal principio del costo zero;

- precarizzazione e restrizioni programmate del mercato del lavoro nel senso di una continua perdita di posti del lavoro (25000 secondo Andreula, Massai, Muttillo) accompagnata da una crescita della flessibilità nell’impiego e nella allocazione degli infermieri, che ha come effetto quello di ingigantire le contraddizioni legate alla post ausiliarietà, al doppio demansionamento e alla decapitalizzazione.

 

Bene professore ma il comma 566 come si rapporta al processo che lei ci ha descritto o al processo interrotto, che dir si voglia?

Il comma 566 e accordi allegati rispetto alla situazione descritta è una norma irreale e contro riformatrice nel senso letterale di questi aggettivi cioè essa non si rapporta ai problemi reali degli infermieri e modifica profondamente la strategia riformatrice sin qui seguita e iniziata nel '99 con la legge 42 che questi problemi tentava di risolvere.

 

Vai alla seconda parte dell'intervista (Clicca)