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"Il riformatore e l'infermiere - il dovere del dissenso", il compagno di viaggio verso la sanità del terzo millennio

Chiara D'Angelodi
Chiara D'Angelo
Pubblicato il: 24/05/2015 vai ai commenti

Editoriali

di Chiara D'Angelo

 

Attraverso l’esperienza di Infermieristicamente da più di un anno stiamo lavorando per diffondere fra gli infermieri una maggiore consapevolezza che la professione è nelle nostre mani. Abbiamo incontrato strada facendo il prof. Cavicchi che, anche attraverso le nostre interviste, ci ha aiutato a capire i problemi degli infermieri in un’ottica di sistema, partendo dalle riforme degli anni ’90 fino alla “guerra sulle competenze” di cui il recente Ddl sull’atto medico né è logica conseguenza. Dall’organicità e sistematicità del materiale fin qui prodotto da Cavicchi negli scritti presenti nella rete, reperiti soprattutto dalle pagine di Quotidiano Sanità e nella sua letteratura ha progressivamente preso forma il progetto del nostro libro.

Si tratta di un volumetto che segna un momento storico nella storia infermieristica italiana; in quelle 208 pagine si dispiega un progetto di ridefinizione della professione e delle professioni. Il Sistema Sanitario ha bisogno di un vestito nuovo perché quello che indossa da 20 anni è a brandelli ormai; attraverso il libro abbiamo voluto raccontare la nostra idea di come fare quel vestito, con un tessuto nuovo, con un taglio diverso, e non solo spostando un bottone o cucendo una tasca o mettendo una toppa che, pur apparentemente bella, sempre una toppa è.

L’attuale situazione lavorativa degli infermieri è il punto di partenza e di arrivo del libro. Nel libro affrontiamo il problema dalla radice, andando ad analizzare lo stato dell’arte e il percorso storico-normativo che ha portato gli infermieri di oggi e essere quello che sono oggi e a non essere quello che dovrebbero essere, per effetto di una combinazione di “inconseguenza e indeterminazione” che li hanno consegnati al “demansionamento” e alla “post-ausiliarietà”. L’infermiere, oggi infatti, è nel pieno della post-ausialiarietà, ovvero della condizione di inconseguenza dell’essere incompiuto, normativamente autonomo e responsabile ma nei fatti della realtà lavorativa ancora una professione ausiliaria, demansionata e decapitalizzata utilizzata come tappabuchi delle carenze organizzative. La de capitalizzazione e il blocco del turn over sono condizioni aggravati questo fenomeno di un’organizzazione del lavoro che nega la costruzione di un reticolo professionale che veda i professionisti come “autori” (autonomi e responsabili) della propria “opera”. Da questa analisi si vuole partire per proporre un nuovo pensiero strategico che punti non più sulla introduzione di nuove norme ma su un cambiamento riformatore dell’organizzazione del lavoro. Nei capitoli 2 e 5 queste tematiche vengono sviscerate e viene proposto il vero cuore del progetto di ridefinizione della professione: il concetto di “opera”, come strumento nuovo da cui partire per definire il complesso insieme di cura, assistenza, presenza, operatività e modi di operare che individuano la professione infermieristica partendo dalle necessità del malato.

 

Ma non solo questo. L’infermiere, nella nostra visione, è elemento centrale dei processi di assistenza e pertanto non ci si può sottrarre alla definizione di strumenti che governino le relazioni con le altre professioni sanitarie. La proposta di recuperare il rapporto con i medici e superare la guerra delle competenze e il gap tra norma e prassi punta a creare un cambiamento nel modo di lavorare che permetta a ciascuna professione di evolvere insieme all’altra. Per fare questo cambiamento è necessario riformare l’organizzazione del lavoro ove si definiscono i ruoli e le funzioni di medici e infermieri in modo che ciascuna professione possa coevolvere per stare al passo, ancora una volta, con il più profondo cambiamento in ambito sanitario degli ultimi anni: il malato. Nel libro si traccia il profilo delle “convenzioni dei punti di vista”, del “reticolo professionale”, di nuovi modelli organizzativi, finanche di nuovi modelli retributivi e contrattuali (capitolo 3).

Si tratta dunque di ripercorrere un pensiero riformatore attraverso le pubblicazioni del prof. Ivan Cavicchi, selezionate, ordinate e commentate approfonditamente per arrivare nell’intimo della “questione infermieristica” e per spiegare come, attraverso le proposte formulate e illustrate, sia possibile tracciare un nuovo percorso per gli infermieri.

E’ per questo che con Andrea Bottega abbiamo deciso di lavorare a questo libro, e così è nato “Il riformatore e l’infermiere – il dovere del dissenso” con la supervisione di Ivan Cavicchi e recentemente pubblicato nella collana Medicina e società” di Quotidiano Sanità Edizioni. Era il momento, nel tumultuoso contesto contingente, di dare una rappresentazione organica di questo pensiero, di sintetizzarlo e renderlo disponibile a tutti gli infermieri e a chiunque voglia interessarsi della “questione infermieristica”.

Queste stesse 208 pagine sono state, per me, il frutto di un processo difficilissimo e faticoso non per la mera stesura materiale, ovviamente, ma perché derivate da una rielaborazione profonda di quelle che fino a poco più di un anno fa erano delle convinzioni che ritenevo solide, ma che ho poi capito essere solo il risultato di una stratificazione non critica.

Nutrivo una certa forma di diffidenza verso il professor Cavicchi, ritenendolo poco vicino ed interessato ai problemi degli infermieri e più dedito alla questione medica, ma quell’8 febbraio 2014, quando per la prima volta lo incontrai, a Padova, prese l’avvio un intenso interscambio con un pensiero riformatore, che mi portò a riformulare i miei convincimenti. Questo mio breve ma grande percorso personale sintetizza perfettamente lo spirito autentico del libro: partiamo dai problemi, capiamone la natura e l’origine, immaginiamo delle soluzioni, confrontiamoci apertamente, impariamo ad affinare l’attitudine a sintetizzare e conciliare i punti di vista, saper creare quelle “convenzioni dei punti di vista” che imprimano alla discussione una matrice inclusiva e non esclusiva, che ci permettano di esprimere liberamente il dissenso e ne riconoscano il valore nell’alveo del confronto nella cui sintesi ciascuno merita di trovare riconoscimento. In questi termini dissentire non è solo un diritto ma anche un dovere, quindi un valore di cui non doversi imbarazzare, ma, anzi, da mettere a disposizione della comunità professionale.

 

Il nostro libro dunque non un atto di accusa, ma la presentazione di un progetto. Come ha scritto in precedenza Andrea Bottega, non si è voluto dissentire da qualcuno, ma dissentire da qualcosa, da un sistema e da un metodo, per costruire un pensiero autonomo, libero, indipendente, riformatore.

Se mi si chiedesse un motivo per leggere questo libro, risponderei che leggere queste pagine ci regala una finestra su un panorama nuovo che è lì, che siamo noi a dover (e voler) aprire. Ci fa capire quanto sia indispensabile non conformare il pensiero, dubitare, interrogarsi, immaginare, proporre, discutere. Ma soprattutto questo libro parla degli infermieri e dei loro problemi veri, profondi, come nessuno prima ha saputo o voluto fare, perché certi argomenti possono essere scomodi, ma non per questo non dobbiamo avere l’onestà intellettuale e il coraggio di riconoscerli, affrontarli, di cercare la strada per risolverli. Offre un progetto complesso, su cui invita a riflettere e discutere. Ci aiuta anche a comprendere, analizzando la storia recente, quali difficoltà ci aspettano su questo cammino. In poche parole è il compagno che ogni infermiere in viaggio verso il terzo millennio dovrebbe portare con sé per essere certo di non smarrire la strada al canto delle sirene.

 

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