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Viaggio negli Inferi. Operatori sanitari aggrediti nei nostri Ospedali

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 27/10/2015 vai ai commenti

NurSind dal territorioNursing

Il fenomeno delle violenze subite dagli operatori sanitari dentro gli Ospedali Italiani è un fenomeno in crescita esponenziale; sono innumerevoli le vicende di risse, soprusi, prepotenze, maltrattamenti subite da infermieri e medici che la cronaca giornalmente ci riporta.

Risale a qualche giorno fa l’ultimo episodio di violenza che apprendiamo dai quotidiani di informazione.

Chioggia: giovedì sera, la segnalazione di un giovane ubriaco ed in condizioni precarie all’ interno di un esercizio pubblico, arriva sia ad una volante di Polizia di Stato che alla sala operativa del Suem 118. Il personale sanitario, intervenuto per primo sul posto viene aggredito dal giovane esagitato che si era comportato in modo violento anche nei confronti del gestore dell’esercizio e di altri avventori del locale. Sopravvenuti gli agenti di polizia l'uomo non si è calmato, ha lanciato pesanti minacce nei loro confronti e poi ha aggredito un poliziotto.

I poliziotti sono riusciti a fatica a caricarlo in ambulanza e anche in ospedale il giovane ha dato in escandescenze.

Questo è solo l’ultimo contingente in una escalation di violenza che sempre di più si palesa nei confronti del personale sanitario, potremmo citarne a centinaia di quelli che sono venuti all’attenzione grazie alle denunce delle vittime, ma in realtà il sommerso, il non denunciato fa ancora più paura, e quelli che conosciamo non sono altro che la punta di un iceberg di un fenomeno che deve essere assolutamente fermato.

 

 

Il rischio di subire aggressioni per gli operatori sanitari è più elevato rispetto ad altri lavoratori che lavorano a diretto contatto con l’utenza: le aggressioni sono fisiche, verbali, di atteggiamento, e gli effetti sono deleteri sia sull’operatore a livello personale e professionale che in termini di cure prestate.

La letteratura internazionale mette in luce come gli operatori del Ps siano quelli più esposti ad atti di violenza nel corso dell’attività lavorativa.

In Italia per poter analizzare il fenomeno possiamo fare riferimento ad uno studio condotto dal Nursind http://www.nursind.it/nursind2/pdf/Indagine_sulle_aggressioni_al_personale_sanitario.pdf,che vi invito a leggere ed uno studio condotto dall’Ipasvi su 15 strutture di pronto soccorso in 14 regioni Italiane il cui  report ci mostra che:

  • Il 90% degli intervistati riferisce di essere stato aggredito verbalmente;
  • Il 95% degli intervistati riferisce di essere stato testimone di aggressione verbale ai colleghi;
  • Il 35% degli intervistati riferisce di essere stato vittima di violenza fisica e di questi il 31% ha avuto bisogno di cure mediche a seguito di violenza;
  • Il 52% degli intervistati riferisce di essere stato testimone di aggressioni fisiche a danno dei colleghi.

 

Sono stati effettuati due focus group: uno con operatori del Ps, uno con operatori del servizio psichiatria, mentre l’esperienza geriatrica è stata raccolta tramite un’intervista del coordinatore di servizio.

I dati dell’indagine evidenziano che:

  • In ambiente sanitario le aggressioni esistono e sono più frequenti quelle verbali che quelle fisiche;
  • Le motivazioni delle aggressioni dipendono dal tipo di utenza. Nei pronto soccorso l’utente diventa violento prevalentemente per le lunghe attese, in psichiatria ed in geriatria la violenza è insita nella patologia stessa;
  • Gli infermieri difficilmente denunciano la violenza e quando lo fanno è solo in merito a quelle fisiche;
  • Le motivazioni della mancata denuncia è la sensazione che la denuncia non serva a risolvere il problema, altri ritengono che la violenza sia un rischio connesso alla professione e giustifica il paziente per la sofferenza che è porta in sé o per la per la patologia degenerativa;
  • La violenza subita dall’infermiere spesso influenza la capacità di problem solving di quest’ultimo con aumentato rischio di errore.

Naturalmente la freddezza che si addice ad uno studio, per quanto sia completo e chiaro non è poi quello che realmente si percepisce lungo le corsie dei nostri nosocomi, nei triage dei pronto soccorso… E’ una vera e propria discesa negli Inferi.

E’ come stare sulla cima di un vulcano che potrebbe esplodere, sai che avverrà, sai che arriverà il momento in cui con tutta la sua forza ti travolgerà... ma non sai come, con quale potenza, da che parte ti colpirà. Come l’arrivo di una tempesta, di quelle che ti colgono all’improvviso, e tu rimani inerme, perché non sai come reagire, quali armi usare, come difenderti.

 

Ecco cosa vivono quotidianamente i nostri operatori, in trincea, senza riparo, senza difese all’arrivo di un’utenza spesso arrabbiata, aggressiva, impaziente.

Un occhio ai monitor, un occhio ai varchi, la vita continua, il pensiero di quello che sarà resta quiescente... come il terrore, della prossima aggressione, della prossima volta in cui magari non sarà solo un triste appellativo ed una minaccia ad investirti ma qualcosa di più.

L’aggressività del paziente è nota, ma negli ultimi tempi si è acuita, e non a caso.

Sicuramente la gravosa condizione di sottorganico che viviamo da tempo ormai non aiuta, anzi fomenta maggiormente accadimenti che si fanno sempre più violenti; le attese, il personale non sempre pronto perché mancante è il motivo di un disagio sociale, di una rabbia che esplode sempre nei confronti di chi nonostante tutto in quelle corsie ci lavora, male, sotto stress, anche per dodici ore al giorno.

La vigilanza inefficiente ed insufficiente, i posti di polizia tagliati dalla spending review rendono i nostri ospedali veri e propri campi di battaglia.

La situazione peggiora maggiormente nei nosocomi di frontiera, quelli che accolgono utenza di quartieri popolosi e popolari, qui spesso la scintilla che da vita a violente risse ed aggressioni nei confronti del personale non sono certo le attese, ma sono figlie di una sottocultura alla quale non c’è rimedio.

Ci chiediamo come fare ad arginare il fenomeno.

Innanzitutto la parola chiave è Risorse Umane: non si può continuare a lavorare in sottorganico, gli operatori sanitari devono essere in numero adeguato a poter soddisfare tutte le esigenze assistenziali dell’utente, parte delle risse che scaturiscono da lunghe attese verrebbero meno.

Vigilanza efficiente ed in numero sufficiente ed il ripristino dei posti di polizia, sarebbero sicuramente un buon deterrente.

Fondamentale è la Formazione del personale; gli operatori devono essere pronti a fronteggiare l’aggressività del paziente, è bene che siano attuati dei protocolli operativi per la prevenzione della violenza, al fine di gestire il fenomeno nel migliore dei modi.

Sarebbe importante che l’azienda attuasse un programma di prevenzione che  valuti i rischi nei luoghi di lavoro, formando il personale con particolare attenzione alle competenze comunicative e informando l’utenza dell’esistenza di una politica aziendale di tolleranza zero alle aggressioni.

Infine DENUNCIARE, non è vero che la denuncia è inutile, la denuncia ci da informazioni sulla portata del fenomeno e costringe di conseguenza le Aziende Ospedaliere a prenderne atto e mettere in campo tutte le iniziative atte a difendere il personale sanitario.