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Cassazione: quando a pagare è l’infermiere e non il medico

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 29/09/2016 vai ai commenti

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Oggi più che mai abbiamo bisogno di lavorare in sicurezza. Le ultime sentenze dimostrano come l’infermiere, nonostante le difficoltà, debba garantire la continuità assiastenziale ma sopratutto non dare nulla per scontato, anche allo scopo di dimostrare la correttezza del proprio operato in sede giudiziaria.”

Salvo Vaccaro.

di Marialuisa Asta

Il paziente muore a causa di un’incauta diagnosi del medico del pronto soccorso, ad essere colpevoli sono gli infermieri, ai quali, in virtù della continuità assistenziale, il paziente era stato affidato.

Ad affermarlo la  quarta sezione penale della Cassazione con la sentenza n.39838/2016, che assolve il medico del pronto soccorso dal  reato di omicidio colposo per non aver commesso il fatto.

I fatti

Presidio Ospedaliero di Mazzarino, la signora, di cui ometteremo le generalità arriva in Pronto soccorso alle 21.30 del 04 aprile del 2009, lamentando epigastralgia e dolore trafittivo paravertebrale accompagnato da sudorazione profusa.

Presa in carico dal Dottore F., viene da questo disposto un elettrocardiogramma, un prelievo per enzimi cardiaci e la somministrazione di un gastroprotettore, ed il ricovero presso l’Unità operativa di Medicina con la diagnosi di cardiopatia ischemica.

La Medicina di Mazzarino, nella sua organizzazione, non prevede la presenza del medico di guardia ma di un reperibile. La paziente viene quindi ricoverata nella divsione di Medicina senza la presenza del medico, ma viene affidata agli infermieri.medical-malpractice


Durante la notte gli infermieri di turno, contattano più volte il medico del pronto soccorso, questo perché i sintomi riferiti dalla paziente non accennano a diminuire.

Alle 23.30 il dottore F. dispone che venga somministrato alla signora un cucchiaio di Maloox ed alle 5.30 un’ulteriore fiala di gastroprotettore.

Alle 8.00 del giorno seguente giunge  il sanitario di turno, viene rassicurato dal dottore F. delle condizioni della paziente arrivata nella notte, e del fatto che il reperibile non sia stato allertato perché le condizioni sono state ritenute sotto controllo.

Il dottore di turno, prese le consegne, ritiene di controllare l’ECG predisposto dal dottore F., e nota una lieve sofferenza miocardica, dispone un ulteriore ECG e rileva un esteso infarto del miocardio, allertato il medico di turno responsabile del reparto e disposti altri esami, la paziente muore alle 9:35.

La sentenza

La sentenza assolutoria nei confronti del medico, ha ritenuto questo non colpevole,in quanto egli aveva correttamente posto la diagnosi di cardiopatia ischemica ed aveva predisposto la somministrazione della terapia idonea ad incidere positivamente sulla sopravvivenza della paziente.

Il giudice non ascrive a questo nessuna responsabilità, giacchè la continuità assistenziale doveva essere assicurata dal personale infermieristico, che non ha saputo cogliere l’evolversi del quadro clinico della paziente, ed anziché allertare il medico reperibile, ha optato per chiedere un consulto al medico F. , in servizio al Pronto soccorso.

Una lucida analisi dei fatti ci fa pensare che non sempre i Giudici sono giusti nelle sentenze e non sempre sono benevoli nei nostri confronti.

Ammetto che gli infermieri in questione hanno delle colpe, ma non in maniera esclusiva, semmai in concorso con il medico F. che quella notte era di turno in pronto soccorso.

La valutazione clinica della paziente c’è sicuramente stata, ed alla luce di una cardiopatia ischemica, forse, i protocolli da porre in atto erano altri. Avrebbe lui stesso, ritenuta la gravità della situazione, allertare il medico reperibile del reparto di Medicina, in cui lui stesso ha prediposto il ricovero.

E’vero che gli infermieri non hanno ritenuto chiamare il medico reperibile quella notte, ma è altresì vero che hanno per ben due volte, richiesto l’intervento del medico F. al proseguire dei sintomi, e questo lo avrebbe dovuto allertare.

Al di là, della opinione che ognuno di noi si può fare, leggendo la sentenza in merito, una cosa è chiara agli occhi della Giurisprudenza, siamo professionisti autonomi e responsabili, che non operano sotto dettatura, ma in grado di compiere delle scelte, che a volte possono essere determinanti per la vita o la morte.

Non possiamo pensare di essere ancora “paramedici”, che coadiuvano il medico, e quindi per questo scevri di responsabilità.

Il nostro dovere è quello di operare sempre secondo protocolli ed in sicurezza, in modo da non tralasciare nessun passaggio fondamentale; dobbiamo davanti alla legge, essere in grado di proteggerci; niente deve essere lasciato al caso nel nostro operato.

L’Errore è sempre in agguato, e laddove è prevenibile, dobbiamo per la nostra sicurezza e quella del paziente, avere consapevolezza della nostra responsabilità e mettere in campo le nostre competenze scevre di comportamenti superficiali o neligenti.