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Sisma centro Italia: l'esperienza e le emozioni degli infermieri sul campo.

Chiara D'Angelodi
Chiara D'Angelo
Pubblicato il: 17/10/2016 vai ai commenti

Narrative Nursin(d)g

Pubblichiamo le riflessioni di una collega, Tatiana Tonini, che ha prestato servizio presso le zone colpite dal recente sisma nel centro Italia.
Negli "appunti" mandati da Tatiana ad alcuni amici e colleghi via Whatsapp, emerge il fiorire di emozioni forti che il dramma accende nelle popolazioni colpite, nei soccorritori, nei volontari. Emozioni che creano un intenso senso di comunità, allacciano legami forti che lasceranno il segno in Tatiana, come un'esperienza di vita dal valore inestimabile.
 

 

Whatsapp utilizzato come una macchina fotografica per immortalare i pensieri che la collega Tatiana Tonini ci ha inviato dalle zone terremotate a distanza di un mese dal tremendo sisma che le ha colpite. Poche righe per rappresentare la sofferenza che, a riflettori spenti, in pochi raccontano ancora.

 

Durante i giorni della missione abbiamo fatto il giro delle frazioni, poche case tra i monti.

Prima frazione Vallorsara, le case sono dichiarate completamente non agibili e per completamente intendo l'intera frazione. La gente di qua non si arrende e non vuole andarsene, chi ha il campo, chi gli animali, chi semplicemente una vita intera di ricordi. La frase che più sento è: "io non me ne voglio andare"!

Continuiamo il giro. Per le strade si vede il passaggio della distruzione, una chiesa crollata, la rete di recinzione con un cartello con su scritto: non entrare pericolo di crollo. Poche le attività e quasi tutte chiuse.

Arriviamo nella frazione di Migliarelli. Un uomo aspetta l'agibilità della sua casa sotto la pensilina della fermata di un tram, mi guarda, sorride, ha gli occhi chiari ma una lacrima gli scende mentre mi dice "mi guardo attorno, non c'è più nulla". Magone, stretta allo stomaco, occhi lucidi. Trattengo le lacrime, faccio un bel respiro e gli sorrido, non riesco a dire nulla.

Arriviamo a Rigo, a darci il benvenuto Fiocco e Ares due cani stupendi. Anche qui gli abitanti aspettano l'agibilità e continuano a dormire in tenda. A Rigo ci sono due persone che dobbiamo visitare. Entriamo in casa, il profumo del sugo all'amatriciana mi arriva subito e mi fa sentire il calore di casa mia. Rilevo i parametri e nel frattempo ci apparecchiano la tavola: formaggi, salumi, frittelle, acqua e vino! Alessia ha 36 anni e vive qui con i genitori anziani. Comincia a raccontare: "quella notte ero qui con le mie nipotine a letto. Quando è arrivata la prima scossa tutto ha cominciato a cadere, ho sentito i vetri rompersi e ho pensato ci sarebbe crollata la casa addosso. Ho abbracciato le bambine e ho solo sperato finisse presto mentre la luce andava e veniva. Passata la scossa le ho vestite e siamo fuggite fuori”. Ci guardiamo negli occhi, i suoi sono lucidi i miei pieni di lacrime, non riesco a trattenerle. “Sai ora è tutto diverso, continua Alessia, non sento più nemmeno gli uccellini cantare, forse anche loro hanno paura”. Continuo ad asciugarmi le lacrime e le stringo una mano e lei, più forte di me, mi riempie il bicchiere di vino e mi dice: “bevi va!

Petrare, l’ennesima frazione, beh questo posto meraviglioso non c’è più! La zona è completamente evacuata a causa del rischio di crolli, sembra assurdo. Resta solo il passaggio dei vigili del fuoco con le loro fettucce bianche e rosse e i picchetti nei muri. C’è un silenzio che mette i brividi nonostante il sole, i balconi curati con piante e fiori di ogni colore. Agli estremi del paesello rimangono i ragazzi dell’esercito a piantonarlo e proteggerlo da eventuali sciacalli. Mentre ci allontaniamo penso alle persone che qui ci sono cresciute, ai bambini che un tempo correvano per queste strade e ai loro sorrisi che in una notte si sono trasformati in lacrime. Immagino la paura che questa gente porterà sempre dentro di se. Petrare, il Paese delle fate, sembra un paradosso oggi vederlo così. Negli occhi rimane qualcosa che era vivo e che oggi sembra essersi nascosto nel silenzio. Un silenzio preceduto da quella natura misteriosa, da quel boato nel buio del terremoto che tu non conosci perché non c’eri, non l’hai sentito ma ti colpisce dritto solo guardandoti attorno.

Siamo arrivati all’ultimo giorno e il campo comincia a svuotarsi. In me si fa strada un mix di emozioni contrastanti: da un parte sono felice di ritornare alla vita di tutti i giorni e di rivedere la mia famiglia ma dall’altra sento già quel filo di nostalgia.

Davanti al PMA sembra un piccolo mercato. Accanto a noi i vigili del fuoco, di fronte la postazione del comune, i carabinieri e la segreteria del campo, sulla sinistra il solito andare e venire di persone, divise diverse, colori, una piccola comunità nella comunità.

Abbiamo lavorato, cercando di donare il più possibile alle persone che hanno perso tutto, ma abbiamo anche stretto rapporti e creato amicizie.

Oggi prevale la malinconia, questi 5 giorni sono stati intensi. Appena arrivata ero intimorita perché non conoscevo nessuno, non sapevo con chi parlare e cosa fare. Stamattina mi sono alzata in una tenda che ormai “è casa” con persone che conosco da appena 5 giorni ma che sono diventati compagni di viaggio. Cavolo mi mancherà tutto qui, li porterò sempre con me!!!

Mi mancherà la colazione con gli occhi gonfi e addormentati, le visite ai nonni delle frazioni con la “scusa” di rilevare i parametri vitali, i ragazzi della mensa, quelli del magazzino, i carabinieri, babbo natale e mattonella, i ragazzi dell’ANPAS, la protezione civile, il mitico lasagna, gli straordinari vigili del fuoco che sono presenti e disponibili per ogni problema e soprattutto i miei colleghi, con i quali ho anche riso! “Sono io che devo ringraziare, perché questi giorni li porterò sempre con me! Grazie alla popolazione e tutti coloro che ho incontrato”.

Un ringraziamento doveroso all’Azienda USL della Romagna e alla coordinatrice del Servizio 118 di Rimini per avermi consentito di vivere questa esperienza.

 

Tatiana Tonini