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8 Marzo: la vera tutela della donna è ancora una chimera. Troppe parole, poche evidenze.

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 08/03/2017 vai ai commenti

Attualità

Lo stereotipo dettato da una società fortemente machista, ha sempre voluto l’assistenza declinata al femminile e la cura declinata al maschile; il cliché è stato, remotamente, supportato, da quella che è stata una realtà numerica.

Oggi lo stereotipo rimane, ma i numeri sono decisamente cambiati: nel nostro Paese la sanità è donna; il personale del SSN è femminile nella misura del 63,41%, percentuale che sale fino al 75%, se si prende in considerazione il personale infermieristico.

Una presenza femminile, non più rilegata alla sola assistenza; le donne hanno raggiunto ruoli apicali come la dirigenza, ed hanno conquistato la professione medica, sorpassando gli uomini che, oggi perdono terreno, in tutti quei settori da sempre di loro predominio, come la chirurgia e la radiologia, ed ancora, le donne, rappresentano il 69% dei farmacisti.

A fare il punto della situazione, nel giorno che celebra le donne, il responsabile della sanità del il PD, Federico Gelli, che brevemente illustra quanto si è fatto e quanto ancora c’è da fare.

Un piccolo passo, nella direzione di tutela al femminile, è stato fatto con l’introduzione di una nuova disciplina nei corsi di laurea in medicina ed in farmacia: “la medicina di genere”.

Aver raggiunto finalmente la consapevolezza, che le donne vanno accurate in modo appropriato perché fisiologicamente diverse dagli uomini, per quanto semplice, è un concetto rivoluzionario nella medicina di questo Paese, e si spera sia l’inizio di un cambiamento culturale.

Ma, tolta questa parentesi, quanto davvero si sta facendo per le donne, che abbiamo visto, sono ormai la colonna portante non solo della famiglia, ma anche il motore economico e sociale di questa Italia?

Sono ancora troppi i gap della politica attuale: la mancata parificazione dei salari, il monitoraggio della violenza di genere, l’educazione scolastica alle differenze ed alle affettività, il ripristino del Ministero delle pari opportunità.

L’arretratezza socio-culturale in cui viviamo va riformata, e per farlo ci vogliono volontà politica ed investimenti finanziari.

o   Investire sulla scuola per i programmi di educazione alla parità di genere ed alla affettività;

o   Investire per la parificazione del trattamento economico;

o   Investire nella tutela della donna e della maternità, che non sia da discriminante, con una politica di conciliazione tra la cura della famiglia e l’attività lavorativa

E poi che si arrivi ad una Legge seria che tuteli la donna in ordine alle violenze.

Ancora oggi si conta una vittima di violenza ogni due giorni, e non c’è modo di mettere un freno al femminicidio; in un Paese che si dice civile è inaccettabile.

La legge sullo stalker, acclamata dai più come chissà quale prodigio, è inefficace e recentemente la Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia perché rea di avallare “la violenza” sulle donne.

C’è un Paese da riformare, rieducare.

Le parole di Federico Gelli ci confortano in termini di buoni propositi, ma le parole non bastano più, ci vogliono le evidenze, che ancora non si palesano; confidiamo nel domani.

 

Fonte:

http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=48525

http://www.movimento5stelle.it/parlamento/2017/03/8-marzo-la-politica-dimostri-limportanza-delle-donne-con-i-fatti.html

 

Ph: nardonegroup.org