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Selfie in corsia: massima attenzione al rispetto dell'etica professionale. Allerta del Ministero a Ordini e Collegi.

Chiara D'Angelodi
Chiara D'Angelo
Pubblicato il: 15/04/2017 vai ai commenti

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Fotografie, video, selfies, pubblicati e diffusi attraverso i social networks, che ritraggono e autoritraggono operatori sanitari all'interno di strutture pubbliche e/o private durante l'attività lavorativa sono ormai all'ordine del giorno.

 

All'ordine del giorno è anche la vigilanza su questi fenomeni da parte del Ministero della Salute e in particolare della Direzione Generale delle professioni sanitarie e delle risorse umane del SSN.

Un'attenta attività di osservazione che ha indotto la Direzione stessa a intervenire direttamente, in alcuni casi, attraverso specifiche segnalazioni e richieste di chiarimenti agli Ordini e/o ai Collegi competenti.

La portata del fenomeno e l'accrescersi del concreto rischio che si possano facilmente superare i limiti del decoro professionale, della tutela della riservatezza dei pazienti ha spinto la Direttrice Generale, Rossana Ussenti, a rivolgersi direttamente agli organi centrali delle rappresentanze professionali (Ordine dei Medici, IPASVI, Federazione delle Ostetriche e TSRM), al fine di sollecitarne la partecipazione attiva a fini preventivi attraverso al diffusione di “specifiche raccomandazioni nelle quali si evidenzi la problematica e si sottolinei la necessità del rispetto dell'etica professionale”.

E' noto a tutti come la comunicazione attraverso i social network rappresenti la nuova dimensione della circolazione delle informazioni, ma forse è meno noto quanto questo canale sia vulnerabile agli eccessi e agli utilizzi impropri e come tali situazioni possano creare effetti “reali” e non soltanto “virtuali”. Come nel caso di due lavoratrici, licenziate perchè avevano “parlato male” del proprio capo su una chat Whatsapp; chat che poi è finita nelle mani dell'interessato attraverso una “talpa”. Ora la vicenda è al vaglio del giudice del lavoro, ma, al di là di come finirà sul piano giuslavoristico, la vicenda mette in luce come questi mezzi di comunicazione multiutente facciano superare il limite della corrispondenza privata (e come tale inviolabile) per aprire invece la strada alla fattispecie della diffamazione, punibile anche penalmente (Clicca).

Il delicato tema dell'utilizzo dei social network e, più in generale, dei nuovi strumenti comunicativi all'interno delle professioni sanitarie è stato anche al centro di un interessantissimo Convegno svoltosi a Milano proprio la settimana scorsa, intitolato “La professione ai tempi di internet, mass media & social network” e promosso dal Collegio IPASVI di Milano-Lodi-Monza Brianza. Presente all'iniziativa, oltre ad altre testate di informazione infermieristica, anche InfermieristicaMente con la partecipazione della sottoscritta alla tavola rotonda pomeridiana, moderata da Paolo del Bufalo (Responsabile Ufficio Stampa della Federazione Nazionale Collegi Ipasvi) e Giovanni Muttillo (Presidente del Collegio IPASVI Milano, Lodi, Monza-Brianza). Locandina dell'evento QUI.

In tale contesto è intervenuta anche la Presidente della Federazione Nazionale dei Collegi IPASVI, Barbara Mangiacavalli, esprimendo una posizione che abbiamo condiviso appieno: “Siamo professionisti non solo quando indossiamo la divisa. Siamo professionisti sempre. Se sui nostri profili Facebook ci presentiamo come infermieri, dobbiamo ricordarci che ogni cosa che postiamo dice ai cittadini qualcosa della professione. Correttezza, trasparenza, rispetto, veridicità: le parole che devono guidare la comunicazione da parte nostra.”

L'invito alla ponderazione e all'appropriatezza dei contenuti che gli infermieri, in servizio e fuori servizio (laddove sia comunque rilevabile l'appartenenza professionale), diffondono sui social network anche attraverso gli spazi personali, sembra cogliere in pieno le raccomandazioni e le preoccupazioni del Ministero.

Potrebbe a prima vista sembrare una questione di poco conto, ma il decoro professionale, la dignità e la riservatezza del paziente sono valori che richiedono cure attente. Del resto, purtroppo, basta “girare” un po' sui social network per capire quanto questa considerazione sia tanto semplice ed ovvia quanto disattesa.

Una cosa è esorcizzare il “peso” delle situazioni lavorative in cui tutti siamo chiamati a operare, altra cosa è la spettacolarizzazione, il dispregio della riservatezza altrui anche soprattutto nei momenti in cui l'”altro” versa in una situazione di aggravata debolezza fisica e psicologica.

Stesso discorso e stesse accortezze hanno significato e rilevanza per come un professionista si presenta pubblicamente, sia nella scelta e gestione dei contenuti sul suo profilo personale sia nel modo di rapportarsi con gli altri, colleghi e non. La Rete non è affatto “anonima”, come erroneamente si può essere portati a pensare, e ciascuno risponde di quanto scrive pubblicamente; inoltre non bisogna dimenticare che l’immagine della professione viene percepita anche da come ci "mostriamo" e proponiamo nel mondo virtuale.

Da Milano, infine, per voce del presidente Giovanni Muttillo, l’invito a Barbara Mangiacavalli (che sembra accogliere pienamente l'invito del Ministero e in sintonia anche con il nostro pensiero) di istituire in un prossimo futuro un Tavolo tecnico per la stesura di specifiche linee guida condivise per il corretto utilizzo dei nuovi e potenti mezzi di informazione e comunicazione. Perchè questa è una sfida a cui gli infermieri del nuovo millennio non possono sottrarsi e che richiede strumenti tecnici appropriati, oltre che una rinnovata e rinsaldata coscienza etico-professionale.