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Professioni Sanitarie: in Veneto tagliati 166 posti

Daniela Sardodi
Daniela Sardo
Pubblicato il: 08/07/2017 vai ai commenti

Attualità

Nonsi placano le polemiche per i posti   messi a disposizione dal MIUR( Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della  Ricerca)  per le facoltà a numero chiuso  delle 22 professioni sanitarie non mediche per l’anno accademico  2017-2018. Stavolta a scendere in campo è il  Presidente della regione Veneto Luca Zaia che  contesta le scelte del Miur in materia di programmazione per l’ accesso ai corsi universitari  delle professioni sanitarie e si dichiara pronto a dar battaglia, impugnando il decreto Fedeli.

(da Quotidiano Sanità)

Il governatore Zaia contesta, in particolare come gli Atenei romani siano stati favoriti con un maggior numero di posti disponibili a fronte dei tagli subiti dalle altre Regioni: cinquemila posti su un totale di ventiquattromila sono stati tagliati a quasi tutte le Regioni e Province Autonome e spostate sugli Atenei del Lazio.

Una decisione che non è passata inosservata al Governatore della regione Veneto, il quale ha attaccato il MIUR dichiarando, con malcelata ironia  che “sembra quasi che le professioni sanitarie si possano imparare frequentando esclusivamente le università romane”.

Il piano di fabbisogno formativo elaborato dalla Conferenza Stato-Regioni e  presentato al Ministero della Salute il 25 maggio scorso, non  conteneva , infatti, il fabbisogno specifico delle singole Regioni e delle Province Autonome. Anche nel successivo incontro del 12 giugno questo aspetto non è stato affrontato: in questa occasione sono stati discussi solo i numeri complessivi a livello nazionale dei potenziali posti da autorizzare per singola professione, tralasciando la necessità di valutare i posti da destinare ai singoli Atenei per ogni corso di Laurea.

Il Miur  si era , infatti, riservato di decidere successivamente e in autonomia la ripartizione per ogni Università con un risultato che non è stato  gradito  dal governo regionale veneto,

“E’ un meccanismo che sfiora l’assurdità – ha dichiarato l’assessore regionale alla Sanità Luca Coletto – questi corsi se li pagano le  Regioni, alle quali viene però, di fatto, tolto il diritto costituzionale della programmazione in generale e di quella della formazione del personale sanitario, secondo le loro reali esigenze”.

Se il decreto firmato dal ministro Fedeli non verrà modificato per la regione Veneto vi saranno, infatti, importanti ripercussioni con il rischio di dover chiudere alcuni corsi.

 Ecco  qualche esempio: Padova avrà 38 nuovi tecnici radiologici invece di 60; 21 tecnici della prevenzione al posto di 30; 30 igienisti dentali e non 35; 13 dietisti a fronte di una richiesta di 20; 60 veterinari piuttosto di 65; 684 infermieri quando ne servirebbero almeno 695. Inalterati i 25 accessi a Odontoiatria e i 342 a Medicina e Chirurgia. Corso, quest’ultimo, che a Verona scende da 180 a 177 posti, mentre quelli per infermieri si riducono da 640 a 629 e gli accessi in Ostetricia passano da 24 a 19. L’Ateneo scaligero perde 2 posti in Fisioterapia (da 62 a 60), Logopedia (da 25 a 23) e Tecnica della riabilitazione psichiatrica (da 20 a 18), ma la vera mazzata colpisce i tecnici di laboratorio biomedico, che diminuiscono da 30 a 16, i tecnici radiologi (da 22 a 13) e i tecnici della prevenzione (da 20 a 14).

Una situazione non tollerabile  che risulta  aggravata  dal fatto  che la programmazione del Ministero tiene conto solo delle prospettive occupazionali del settore pubblico. “ A preoccuparci è, soprattutto,  il calo dei tecnici e degli infermieri – avverte il professor Alfredo Guglielmi, presidente della scuola di Medicina di Verona, speriamo che il decreto venga rivisto”.

A poco meno di  due mesi  dai test di ingresso alle facoltà delle professioni sanitarie, si delinea uno scenario preoccupante per  le migliaia di studenti in attesa delle decisioni del Miur.

Non c’è che dire: una bella “gatta da pelare” per la contestassima Ministra Fedeli.

 

Fonte: Qs