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Olbia e Sassari: pronto soccorso al collasso

Andrea Tirottodi
Andrea Tirotto
Pubblicato il: 14/08/2017 vai ai commenti

NurSind dal territorioSardegna

Ogni stagione si porta dietro il suo carico di notizie sempre identiche ogni anno. Siamo in estate e ci sono i soliti consigli sui colpi di calore, quelli sulla dieta, sulle quantità di liquidi da bere, sugli orari più sicuri per uscire con anziani e bambini, le punture da medusa ecc ecc. Sempre le stesse. Non cambiano mai, riproposte come la programmazione dei film alle feste comandate, con il sempre verde “mamma ho perso l'aereo” a Natale e “sapore di sale” a ferragosto.

E così, puntuale come ogni anno, arriva l'articolo, il servizio sul sovraffollamento dei pronto soccorso di Sassari e Olbia. Notizia classica e prevista, come quella sui vantaggi e gli svantaggi dell'ora legale, inesorabile come il nuovo gusto dell'estate sul cono gelato.

"E come l'anno scorso sul mare col pattino" anche quest'anno si scoppia al pronto soccorso di Olbia, porta di ingresso del grande turismo di massa della Sardegna, diretto verso le sue più belle spiagge, verso i suoi più incantevoli paesaggi, attraverso porto e aeroporto cittadini. Una porta da cui passano ogni anno centinaia di migliaia di visitatori che vanno a distribuirsi su un territorio dalle elevate capacità ricettive, pronto ad ospitare i turisti con tutte le loro esigenze.

“Torna ancora quest'estate, torna ancora quest'estate insieme a me” a collassare al pronto soccorso di Sassari, città a ridosso di altrettanto trafficatissime porte di ingresso per un'altra importantissima fetta di territorio amata e apprezzata dai turisti che sbarcano al porto di Porto Torres e all'aeroporto di Alghero, per vacanze all'insegna del mare e delle tradizioni.

I flussi di vacanzieri sono benedetti in una terra, come la Regione Sardegna che ha nel turismo una fonte primaria di sostentamento. Il problema è che i turisti non lasciano a casa i problemi di salute con cui vivono tutto l'anno e come tutti, possono improvvisamente aver bisogno di assistenza sanitaria per i più disparati motivi. Gravi a volte, il più delle volte molto meno o per nulla. La Regione Sardegna istituisce nelle più frequentate località turistiche, il servizio di Guardia Medica Turistica Estiva che nelle intenzioni, dovrebbe rispondere a tutte le esigenze degli ospiti, quelle per lo meno che non hanno necessità di trovare risposte nel sistema territoriale per l'emergenza urgenza. Un servizio tampone a pagamento che svolge solo in parte il proprio dovere perché nessuno può impedire la libera scelta del singolo di recarsi direttamente al pronto soccorso. Qualcuno vi si reca coi mezzi propri, qualcun altro lo fa utilizzando i mezzi del 118 che seppur potenziati, in alcune zone lavorano senza sosta ed incessantemente andando ad intasare i pronto soccorso di casi il più delle volte risolvibili in guardia medica. Un volume di lavoro che si somma a quello normalmente svolto per la popolazione residente che comunque, continua a non aver capito bene la differenza tra i problemi risolvibili dal medico di famiglia, la guardia medica e la funzione del pronto soccorso.

Il pronto soccorso di Olbia vive tutto l'anno una condizione di sottodimensionamento degli organici cronica. Una condizione che pone il personale in perenne, grave difficoltà. Quando la popolazione del nord Sardegna raddoppia per la stagione estiva, il servizio va al collasso, inesorabilmente, tutti gli anni. Non si trovano medici disposti a lavorarci con incarichi temporanei, non c'è possibilità di potenziamento dell'organico infermieristico al quale anzi, va concesso il diritto ineludibile delle ferie estive.

Non va meglio al pronto soccorso di Sassari che gira sulla cifra da capogiro media di 45.000 accessi annui, con percentuali tra bianchi e verdi del 58% e un attesa di oltre 90 minuti per più del 30% dei pazienti. Una struttura da sempre sottodimensionata nell'organico che deve fare fronte ad un aggravio del lavoro anche del 40% nel periodo estivo. Una struttura che insiste su un hub di secondo livello, così come previsto dalla riforma della rete ospedaliera e che in questi giorni vive l'ulteriore disagio di un cantiere interno per lavori di messa in sicurezza del personale, seguenti alle numerose aggressioni che hanno costretto la struttura a trincerarsi dietro una serie di dispositivi strutturali di protezione.

Le ragioni di questo collasso sono note e stra note, identiche tutti gli anni dicevamo in apertura, come i danni da alluvione a ottobre e la siccità d'estate. La gente si rivolge al pronto soccorso perché trova risposte. Quelle risposte negate da servizi territoriali inesistenti e dalle liste d'attesa per le visite specialistiche che fissano appuntamenti a due anni dopo, in alcuni casi. Dal pronto soccorso invece, a fronte di un investimento di qualche ora della propria vita e nella peggiore delle ipotesi, il pagamento del ticket previsto dal codice bianco o verde che sia, si uscirà con una diagnosi, frutto di analisi di laboratorio, consulenze specialistiche ed esami strumentali radiografici ed ecografici per esempio che non basterebbero due vite a fare tutti, dopo prescrizione del medico curante, della guardia medica o turistica e richieste al Cup.

Le carenze del personale sono gravissime, inaccettabili ma quelle territoriali e culturali lo sono altrettanto. Se alle prime si può e si deve porre rimedio senza aspettare che ogni anno i giornali riportino la consueta notizia dei pronto soccorso al collasso, per le altre la strada appare più lunga, tanto più in una regione che per riformare il proprio servizio sanitario, ha deciso di cominciare dal tetto (la struttura di governo) e non dalle fondamenta solide della prevenzione, della cultura, dei servizi territoriali infermieristici diffusi e di tutto quanto serve perché il pronto soccorso svolga solo ed esclusivamente l'opera per cui è demandato.

 

Andrea Tirotto