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Rapporto Oasi Bocconi. Infermieri sempre più competenti ma troppo pochi

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 05/12/2017 vai ai commenti

Studi e analisi

Siamo giunti alla fine dell’anno ed è tempo di bilanci, così dopo il rapporto Censis sulla Sanità, è stato presentato il Rapporto Oasi di Cergas Bocconi, che così come il citato precedentemente, non ci restituisce una fotografia rosea del nostro Paese.

Dai dati raccolti dalla Bocconi, la spesa sanitaria che nel 2010 costituiva il 24% della spesa di welfare pubblico, scende al 21,9%. Così come diminuisce la spesa per il personale sanitario, che cala di 6 punti tra il 2010 ed il 2016, con la conseguente allarmane crescita dell’età media degli operatori sanitari.

Quello che è il reale tallone di Achille del SSN italiano è l’assistenza di lungo termine: le fonti pubbliche coprono solo il 60% delle spese ed, i posti pubblici e privati per i non autosufficienti coprono meno del 10% del fabbisogno, solo 270 mila posti letto a fronte dei quasi 3 milioni di non autosufficienti, per i quali sono peraltro inadeguate non sufficienti le cure domiciliari. E’ la solita storia che conosciamo, manca l’attenzione al territorio, nonostante l’invecchiamento della società ce lo imponga da tempo.

Le soluzioni a cui ricorrono le famiglie sono completamente a carico di queste: ricovero in regime di solvenza completa, impegno diretto nella cura del familiare o il ricorso alla badante.

Il rapporto evidenzia, in tema di salute, un allarmante ed ormai cronico divario tra Nord e Sud: la speranza di vita in buona salute è di 60 anni al Nord e di 57 anni al Sud, con un divario di ben 20 anni tra Bolzano e la Calabria. Anche la percezione del proprio stato di salute mette in risalto questo divario, al Nord il 49,9% si percepisce in buona salute, contro il 36,6% del Sud.

Ed il rapporto Oasi analizza anche la situazione della professione infermieristica, ed in merito a quanto emerge dalla analisi dei dati, non c’è niente che non conoscevamo di già.

Il rapporto infermieri/cittadini, di 1,5, è di gran lunga minore rispetto al rapporto medici/cittadini di 2,8.

La classe medica è ancora più preponderante, da una parte per l’identificazione, presso l’opinione pubblica, della sanità con la componente medica, e dall’altra per la differente fungibilità che contraddistingue le due professioni (una carenza in una specialità medica non può essere coperta da un altro specialista).

Detto questo, il rapporto ci consegna una situazione professionale positiva rispetto a qualche decennio fa, con il passaggio da professione ausiliaria a professione autonoma: l’approfondimento specialistico nell’area professionale infermieristica, è dell’85% nelle aziende pubbliche e del 100% nelle aziende private.

Le specializzazioni si focalizzano soprattutto nell’area di emergenza-urgenza ed in quella chirurgica.

I nodi da sciogliere restano sempre gli assetti organizzativi e contrattuali, oltre alla cronica carenza di professionisti, non più accettabile in un Paese che invecchia, dove emerge il fattore cronicità e la presa in carico, come questioni fondamentali per il sistema sanitario.

Apportare modifiche alla composizione forza lavoro, riequilibrando il rapporto tra medici ed infermieri è un processo lungo, ed implica, l’assunzione costante nel tempo di un certo numero di infermieri per ogni medico assunto.

 

 

Fonte: Quotidiano Sanità e Il Sole24 ore sanità

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