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Infermieri e referendum costituzionale. Invito a riflettere di una lettrice

Chiara D'Angelodi
Chiara D'Angelo
Pubblicato il: 17/06/2016 vai ai commenti

La rivista

Le pagine di cronaca politica delle ultime settimane, e ancor più in quelle a venire sino ad ottobre, saranno pregne di opinioni pro e contro il referendum costituzionale con cui gli Italiani verranno chiamati a dare il proprio parere sulla proposta di revisione costituzionale promossa dal Governo Renzi.

L’argomento è di grande importanza per l’esercizio consapevole delle proprie prerogative elettorali, perché la Costituzione è la Carta fondamentale del diritto nel nostro Paese e costituisce il grande insieme in cui ogni cosa deve ricomprendersi.

L’appuntamento referendario assume dunque una importanza massima, al di là della valenza meramente politica che, in parallelo, ha acquisito.

La revisione delle norme costituzionali sulla rappresentatività elettorale, sul funzionamento degli Organi dello Stato non può, ovviamente, non avere ricadute su ciascuno, sia esso il singolo Cittadino, sia per quanto riguarda le aggregazioni professionali, economiche, sociali dei cittadini.

Senza voler entrare nel merito dell’opinione sulle considerazioni proposte, riportiamo le riflessioni di una collega e nostra lettrice, Maria Luciana Favorito, proprio su questi temi.

 

 

Gli infermieri… cuore dei sistemi sociali evoluti.

 

Il modello sociale di un Paese, il suo assetto politico-economico, e il suo sistema giuridico, determina anche il modello attraverso cui quel sistema esprime la qualità e la fruibilità dello stato sociale, e gli spazi e le modalità di rappresentanza sociale.

Ragionare e valutare le politiche che investono l’assetto del nostro sistema giuridico-costituzionale, come il referendum sulla riforma costituzionale che avrà luogo ad ottobre, riveste una particolare rilevanza, poiché queste politiche modificano significativamente la cornice generale della convivenza civile e politica, cambiando l’identità dello stato di diritto, il grado di autonomia e rappresentanza sociale, e l’agibilità delle politiche di rappresentanza e contrattazione sindacale.

E’ precisamente in questa ottica che và analizzata la consultazione referendaria con cui il governo attuale, un vero e proprio coup d’ètat, nato non da un suffragio elettorale ma da una manovra di palazzo per delegittimare i governi (letta-bersani), a loro volta illegittimi poiché nominati attraverso una legge elettorale incostituzionale, chiederà illegittimamente ai cittadini di questo Paese di esprimersi sul progetto di abolizione del potere elettivo e decisionale del Senato, cambiando il sistema di democrazia parlamentare inaugurato il 2 giugno del 1946.

Il cambiamento non è come si vuole far credere di tipo tecnico.

Nulla è tecnico nelle “strategie” politiche.

La tecnica è sempre uno strumento al servizio delle idee, lo strumento con cui si realizza una visione del mondo e della società.

Soprattutto quella ispirata alla volontà politica di “blindare” ed esautorare il Parlamento con un partito unico e una maggioranza unica, ottenuta con una legge elettorale discriminatoriae fascista, superata dall’instaurazione della Costituzione repubblicana.

Lo scopo di questo vero e proprio colpo al cuore del sistema di democrazia repubblicana, che, attraverso l’elezione diretta (da parte del popolo) dei senatori al parlamento assicura la rappresentanza, la sovranità, e l’uguaglianza dei cittadini, garantendo anche l’espressione della territorialità, sta nel soddisfare, senza intralci e ostacoli, la logica liberista che ispirano i diktat imposti al governo dalla troika.

Il progetto di manomissione della Costituzione risponde proprio al bisogno di cancellare la sovranità del popolo, estromettendo i cittadini, e gli organi che li rappresentano, soprattutto i sindacati, dalle scelte e decisioni dei governi sulle politiche di economia nazionale: la tutela dei salari e potere di acquisto del lavoro e pensioni, e la democrazia sociale garantita da un’economia mista, con una presenza significativa del pubblico sul privato nei settori dello stato sociale: sanità, scuola, ricerca, energia ed edilizia pubblica. Un assetto sociale in cui ad essere garantito sarà solo il mercato con le sue regole, a discapito della giustizia e democrazia sociale, e in cui sarà resa difficile, se non impossibile, non solo la contrattazione della tutela e dello sviluppo della nostra professione, ma la stessa agibilità sindacale. La presa di coscienza delle gravi implicazioni sociali ed economiche, e la risposta risoluta e chiara da parte degli infermieri al referendum, può rappresentare una grande vittoria nell’affermazione di quei valori inalienabili di cura, sostegno, e protezione della vita, che rappresenta il valore sociale della nostra professione.

 

Maria Luciana Favorito

16 giugno 2016