Caso Potenzoni. La Corte di Appello assolve l’infermiere. Tutti i misteri di una scomparsa inspiegabile
10 Giugno 2015, l'ultimo fotogramma lo ritrae nervoso, sulla banchina Termini, stazione metropolitana A, poi di Daniele più niente, il nulla, sparisce come inghiottito dal vuoto; due infermieri vennero ritenuti responsabili della sua scomparsa.
Daniele Potenzoni, trentaseienne di Pantigliate, piccolo comune lombardo nel milanese, è da anni affetto da schizofrenia, con tendenze all'autismo, e per questo frequenta un centro diurno, il Cfp di Borgo Lombardo.
Proprio in occasione di una gita nella Capitale, organizzata dal centro, Daniele scompare.
Ieri è arrivata la verità giudiziaria, chi ha perso Daniele non ha colpe:
La Corte d’Appello di Roma ha infatti confermato l’assoluzione di Massimiliano Sfondrini, l’accompagnatore della comitiva di disabili giunta a Roma da Milano per partecipare all’udienza di papa Francesco. L’uomo era stato accusato di abbandono di incapace, ma già nel dicembre 2018, al termine del processo di primo grado, il giudice aveva optato per l’assoluzione, respingendo la richiesta di condanna a un anno e otto mesi avanzata dal pubblico ministero.
La vicenda
Inizi di giugno, la primavera sta per cedere il passo all'estate, le giornate si allungano, il sole è alto, quale migliore occasione per i pazienti del centro diurno, di passare tre giorni a Roma, ed in vista dell'udienza del Papa, visitare la Capitale.
A partire sono 14 disabili e tre educatori del Cfp, di cui, due sono infermieri, uno dipendente del centro, l'altro volontario.
Quella mattina, giorno della scomparsa di Daniele, una volta lasciato l'Hotel, il gruppo si divide, un primo gruppetto di 5 persone con uno dei tre educatori raggiunge per primo Piazza San Pietro, il secondo gruppo, di cui fa parte Potenzoni e due infermieri, si avvierà in seguito.
Una volta arrivati in San Pietro, l'educatore che guidava il piccolo gruppetto, stando agli atti, si premura di chiamare uno dei due Infermieri, il dipendente del centro con esattezza, e lo invita a non prendere la metropolitana per raggiungere l'udienza del Papa, per diversi motivi, tra cui il sovraffollamento dell'ora di punta, l'affluenza dei pellegrini che rendeva ancora più caotica la stazione ed il concomitante sciopero dei trasporti che sarebbe cominciato di lì a poco.
L'infermiere, nonostante il consiglio di optare per il taxi, decide ugualmente di scegliere la metropolitana come mezzo di locomozione, dirigendosi in prossimità della banchina Termini, metro A; qui infatti gli ultimi fotogrammi ritraggono Daniele per l'ultima volta.
L'infermiere ha raccontato agli inquirenti che, all'arrivo del convoglio, in un primo momento decisero di salire nel vagone, ma data la calca, con un segnale, richiamò il gruppo, invitandoli a scendere, avrebbero preso poi il successivo treno.
Qualcosa non deve aver funzionato, Daniele non avrà sicuramente colto il segnale, si sarà perso nella calca, staccandosi dal gruppo, non lo sappiamo, l'unica certezza è che Daniele sembra essere stato inghiottito dal quel vagone, si è come dileguato nel buio della stazione sotterranea. Scomparso.
Le telecamere di sorveglianza, ne restituiscono un'ultima immagine, nervosa, il padre ha riconosciuto nei suoi gesti, quel modo di fare tipico di quando si sente a disagio, impaurito,disorientato.
Tanti gli interrogativi che avvolgono la scomparsa di Daniele.
La denuncia di sparizione, presentata dai due infermieri, a 10 ore dal momento della scomparsa; la ricostruzione dei fatti degli accompagnatori che risulta essere lacunosa: uno dei due infermieri, in un primo momento, prima che si trovasse il filmato che ritrae Daniele quel giorno, riferiva che il ragazzo quella mattina indossasse pantaloncini e maglietta a righe, descrizione smentita dal padre che nella valigia in hotel aveva trovato i vestiti descritti come indossati da Daniele e, dal filmato poi in cui si vede che il ragazzo indossa jeans e maglietta color salmone.
Qualcosa non torna, e non solo nella ricostruzione dell'accaduto, ma anche nelle ore antecedenti la scomparsa. La terapia orale assunta da Daniele, anche questa ritrovata in Hotel, non è compliante con quella che avrebbe dovuto assumere, sembra ne abbia a preso di più.
Il Giudice ha comunque ritenuto non colpevole l’infermiere, ad oggi scagionato.
Naturalmente contrariata la reazione del padre, che da anni, in ogni modo cerca quel suo povero figlio sfortunato.
«Questa è giustizia? Esprimo tutto il mio sdegno – è stato il suo commento - . A chi toccava controllare il mio Daniele, se non alla persona alla quale l’avevo affidato con fiducia? Chi è stato a perderlo? Di chi fu la colpa? Ma anche davanti a questa sentenza non mi arrendo: continuerò a combattere per ritrovarlo, vivo, come speriamo tutti, forse nelle mani di sfruttatori che approfittano della sua malattia, o anche morto, per potergli dare una lapide dove ricordarlo».
Da il Corriere