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Scuole ed asili chiusi per “zona rossa” e stop tutele per i genitori lavoratori

L’ordinanza Tesei non prevede l’attivazione di congedi parentali Inps, come sarebbe previsto in caso di provvedimento emanato dal governo. Come farà il personale sanitario ad assicurare assistenza ai propri figli quando è  impegnato in una ondata pandemica senza precedenti in Umbria?

NurSind Umbria, attraverso una nota inviata alla Presidente Tesei, agli Assessori di competenza, al Presidente del Consiglio Regionale Squarta e ai membri del Consilio Regionale, chiede provvedimenti a tutela dei genitori/lavoratori, soprattutto del comparto sanità che, con la chiusura totale delle scuole si trovano in enorme difficoltà non avendo una normativa welfare che li autorizzi all’assenza dal luogo di lavoro per accudire i propri figli.

Infatti, mentre il DPCM del 14 gennaio 2021 prevede lo svolgimento in presenza della attività previste negli asili nido e nelle scuole materne, fino alle primarie, l’Ordinanza Regionale, pur essendo l’Umbria in Zona Arancione, prevede misure più restrittive che creano numerose difficoltà non essendo accompagnate da norme di tutela per i genitori.

Secondo NurSind, fermo restando la legittimità della decisione, motivata sicuramente da dati pandemici e che  lo stesso sindacato non intende contestare,  gli atti formali presi,  oltrepassano le norme espresse dal DPCM 14/01/2021, Art. 3 “Ulteriori misure di contenimento del contagio su alcune aree del territorio nazionale caratterizzate da uno scenario di massima gravità e da un livello di rischio alto” (Zona Rossa), che alla lettera “f” recita: "fermo restando lo svolgimento in presenza della scuola dell’infanzia, della scuola primaria, dei servizi educativi per l’infanzia di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 65 e del primo anno di frequenza della scuola secondaria di primo grado, le attività scolastiche e didattiche si svolgono esclusivamente con modalità a distanza.[…]”.

In considerazione del fatto che la Regione Umbria è formalmente in “Zona Arancione” e che le misure prese sono più stringenti di quelle previste per le zone a più alto rischio di diffusione della pandemia, si è venuto a creare un disagio maggiore alle famiglie i cui figli frequentano le scuole di primo e secondo grado e quelle per la prima infanzia.

“Siamo in zona arancione, con le misure restrittive della rossa e le scuole chiuse, dunque i genitori di bambini inibiti alla frequentazione delle scuole non possono nemmeno usufruire di congedi e aspettative straordinarie per la sospensione delle attività didattiche, come previsto dai DPCM nelle norme a sostegno della genitorialità in caso di Zona Rossa”, dichiara Marco Erozzardi, coordinatore regionale NurSind Umbria.

NurSind, nella nota inviata, evidenzia come i genitori possano esclusivamente usufruire di congedi parentali (sempre che ne abbiano di residui), con retribuzione nulla, o inferiore del 20%, rispetto a quelli previsti dalla legge nazionale in caso di sospensione didattica. In particolare tale enorme disagio è presente tra gli operatori sanitari, che sono stati economicamente e organizzativamente lasciati soli nel contrasto all’emergenza Sars-CoV-2.

In assenza di normativa -suggerisce il sindacalista - si potrebbe pensare  all'adozione dei provvedimenti esplicitati nella nota del Ministero dell'istruzione del 05/11/2020 m_pi. AOODPIT. REGISTRO UFFICIALE. U.0001990.05-11-2020, che recita: "Nell’ambito di specifiche, espresse e motivate richieste, attenzione dovrà essere posta agli alunni figli di personale sanitario (medici, infermieri, OSS, OSA…), direttamente impegnato nel contenimento della pandemia in termini di cura e assistenza ai malati e del personale impiegato presso altri servizi pubblici essenziali, in modo che anche per loro possano essere attivate, anche in ragione dell’età anagrafica, tutte le misure finalizzate alla frequenza della scuola in presenza."

Conclude Erozzardi: “Invito  gli organi di Governo Regionale, per competenza, a sanare il vuoto amministrativo/legislativo che sta mettendo in seria difficoltà la gestione dei minori da parte dei genitori che ancora partecipano attivamente alle attività produttive”.