Iscriviti alla newsletter

L'Eutanasia. Storia di un'infermiera che ha scelto di morire in "esilio"in Svizzera

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 22/12/2015

Contenuti Interprofessionali

Chissà a cosa sta pensando Dominique mentre alla finestra osserva il Monte Rosa, i suoi occhi forse tentano di scattare una fotografia a tutto quello che non rivedrà, o forse in quella serenità di cui profuma il suo sguardo c'è il suo silenzioso addio alla vita, alla sua vita, a tutto quello che è stato, alle lotte politiche, alle notti in corsia, alle soddisfazioni, alle vittorie, a tutto quello che è andato storto, ai sorrisi mancati, ai sogni traditi.

Domani Dominique partirà per Berna, e da lì non farà più ritorno. Dominique a Berna ci va per morire, per l'eutanasia.

Dominique Velati, 59 anni, infermiera, da trent'anni militante nel Partito Radicale, ha deciso di morire, perché il cancro non le dà scampo, e la vita che le rimane da vivere sarà breve e sofferente, così in piena coscienza ha deciso di morire a modo suo,di scivolare via in silenzio, prima che il male la divori, prima che niente di quello che è normale fare adesso lo sia più. Prima di trasformarsi in una larva, uccisa lentamente dalla chemio, prima di non avere più facoltà di camminare.. muoversi.. mangiare.. prima che i giorni la spengano lentamente, ha scelto di spegnersi da sola, di mettere fine alla vita, prima che la vita metta fine a lei, alla Dominique che è stata.

Occhi neri, capelli corti, in volto una strana serenità, concede la sua intervista alla giornalista Giulia Innocenzi, ha deciso di parlare di Eutanasia, di raccontare la sua storia, perché la gente sappia, perché l'Italia prenda consapevolezza di un qualcosa che urge e che non può essere ulteriormente rimandato: Il diritto di scegliere di morire con dignità, il diritto all'Eutanasia.

Ripercorre la sua vita e racconta: “E' cominciato tutto a Settembre, i medici hanno scoperto un'occlusione al colon di destra, e dopo le analisi, hanno visto che era una metastasi. Ma le metastasi sono dappertutto. Con la chemioterapia avrei vissuto da uno a tre anni, senza chemioterapia, da uno a tre mesi”

Alla domanda: “Perché non provare con la cura?”Dominique risponde: “Ho paura del dolore inutile, sono contraria al dolore inutile, e questo lo è. Perché non mi salverò”.

Sono un'infermiera ed ho ragionato come tale, inquadri la malattia, conosci i rischi e i benefici, sai a cosa andrai incontro, e decidi, o fai la chemio o non la fai.

Ho passato anni con i malati terminali, conosco a cosa vado incontro. Ho sempre parlato della morte con loro, perché la morte è un evento naturale, la morte fa parte della vita. Gli infermieri, i medici, hanno timore a parlare della morte, fanno fatica a parlarne con il paziente. Invece io sono andata avanti parlandone senza paura”.

La video intervista che sto vedendo ha qualcosa di surreale; Dominique è serena, sorridente, ferma nella sue decisioni, non mostra un minimo tentennamento; si commuove solo quando ascolta il messaggio di Emma Bonino: “Grazie per essermi stata vicina in questo momento per me difficile, per te drammatico. Che la Terra ti sia Lieve”.

Ad aiutare Dominique a raggiungere Berna per sottoporsi all'Eutanasia, l'esponente Radicale, Marco Cappato, che, riconosce l'importanza della questione, e l'importanza di parlarne, senza reticenze, senza timori e tabù. L'eutanasia sta diventando un'esigenza sociale urgente, specie con l'allungamento della vita, allungamento della vita che non è sempre sinonimo di qualità della vita; le malattie cronico degenerative solo al primo posto tra le cause invalidanti della società, e per molti cittadini sofferenza, dolore, perdita dell'autonomia, non servono alla guarigione, ma sono la strada più lunga e sofferta per la morte che è inevitabile.

Continua il racconto Dominique: “Morire in Svizzera non è per tutti, non tutti possono permetterselo, a me è costato 12.700 euro”

Non è una cifra alla portata di tutti, il viaggio, lo spostarsi, non poter morire a casa propria, mentre agli svizzeri è permesso.

L'intervista sta per concludersi: “Domani sono a Berna, comincio a pensare a me. Ma io non sono emozionata, sono di una tranquillità e di una serenità.. Lo augurerei a tutti. Fate altre scelte se volete, ma questa pace che ho dentro, è favolosa”.

“Vorrei che la gente vedesse la mia intervista e ne parlasse, Parliamone!!”

Dominique è morta lo scorso 15 Dicembre, accompagnata da Cappato, che si è autodenunciato, annunciando che il suo partito pagherà le spese di viaggio fino in Svizzera a chi vuole sottoporsi all'Eutanasia.

Sono parecchi gli Stati che dove l'Eutanasia è legale: Olanda, Belgio e Lussemburgo, ma anche gli Stati Americani di Washington, Vermont e Oregon, quest'ultimo è lo Stato, in cui ha scelto di morire Brittany Maynard, trentenne di San Francisco, a cui era stato diagnosticato un tumore incurabile al cervello.

La Svizzera è l'unico Paese in cui si pratica il suicido assistito dal 1942, e l'unico in cui ci sono strutture che accettano stranieri da Paesi in cui l' Eutanasia non è legale.

Sono tre le associazioni in Svizzera che un italiano può contattare, Dignitas a Forch ed altre due a Berna e Basilea.

In Italia dal 2007 Exit, Associazione Italiana per il Diritto ad una morte Dignitosa, nata nel 1996, si batte contro l'accanimento terapeutico, per l'approvazione della legge sull'Eutanasia e per la legalizzazione del testamento biologico; ed offre consulenza a chi decide di recarsi in Svizzera per praticare la dolce Morte.

Prima di continuare sarebbe bene fare chiarezza su Testamento biologico ed Eutanasia.

Il Testamento Biologico:dichiarazione anticipata di trattamento, è l'espressione della volontà da parte di una persona (testatore), fornita in condizioni di lucidità mentale, in merito alle terapie che intende o non intende accettare nell'eventualità in cui dovesse trovarsi nella condizione di incapacità di esprimere il proprio diritto di acconsentire o non acconsentire alle cure proposte, per malattie o lesioni traumatiche cerebrali irreversibili o invalidanti, malattie che costringano a trattamenti permanenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione.

Non esistendo ancora in Italia una legge specifica sul testamento biologico, la formalizzazione per un cittadino italiano della propria espressione di volontà riguardo ai trattamenti sanitari che desidera accettare o rifiutare può variare da caso a caso, anche perché il testatore scrive cosa pensa in quel momento senza un preciso formato, spesso riferendosi ad argomenti eterogenei come donazione degli organi, cremazione, terapia del dolore, nutrizione artificiale e accanimento terapeutico, e non tutte le sue volontà potrebbero essere considerate bioeticamente e legalmente accettabili.

L'eutanasia: sotto un'unica parola finiscono dentro casistiche diverse; distinguiamo infatti:

Eutanasia attiva diretta, decesso provocato tramite la somministrazione di farmaci che inducono la morte;

Eutanasia indiretta, quando i mezzi per alleviare la sofferenza hanno come effetto secondario la riduzione dei tempi di vita.

L'eutanasia passiva, provocata dall'interruzione o omissione dei trattamenti necessari alla sopravvivenza.

Unico comune denominatore è che la Legge italiana le vieta, equiparandole all'omicidio volontario o all'omicidio del consenziente, reato che prevede da 6 a 15 anni di reclusione (Eutanasia: la "buona morte" negata)

 Questo ha determinato negli ultimi anni un vero e proprio flusso di Italiani decisi a morire in Svizzera.

Secondo lo Studio di Medicina Legale dell'Università di Zurigo, “Suicide Tourism: a pilot study on the Swiss Phonomenon”, il numero di Italiani che si è recato oltre confine per ricorrere al suicidio assistito è cresciuto di dieci volte tra il 2008 ed il 2012, in termini percentuali, rispetto alle altre nazionalità, gli italiani hanno fatto registrare un incremento di gran lunga maggiore.

Si pensa che il trend sarebbe in aumento,se non ci fossero dei problemi pratici nel raggiungere la Svizzera, come il costo esoso, il fatto di dover affrontare il viaggio da soli; accompagnare qualcuno a morire in Svizzera è considerato in Italia reato penale, si rischiano da 5 a 12 anni di reclusione, poiché il crimine ricade nel campo dell'istigazione al suicidio.

E' successo ad una signora di Mantova, che dopo aver accompagnato la madre a morire in Svizzera, sia stata raggiunta in Italia da un avviso di garanzia.

Così, spesso chi decide di mettere fine alla propria vita, affronta questa difficile scelta, figlia della rassegnazione ad un male incurabile, nella più totale quanto spaventosa solitudine, senza nemmeno la possibilità di un abbraccio prima di morire.

Ma in cosa consiste il Suicidio Assistito in Svizzera?

Spesso la non conoscenza è motivo di paura, quello che non conosciamo ci spaventa, ci terrorizza, lo demonizziamo, intorno a questo creiamo falsi miti e lo arricchiamo di leggende metropolitane; la disinformazione condisce poi il tutto.

Ecco che allora è importante parlarne, capire che è tutto legale, che chi sceglie l'Eutanasia lo fa in piena coscienza e dopo attente valutazioni.

Perché una persona arrivi fino in fondo, è necessario il placet di una commissione medica, formata da tre dottori, i quali redigono una cartella clinica. L'abilitazione a procedere arriva solo per i malati terminali, o comunque per quelli affetti da malattie gravi ed irreversibili.

Si pensa spesso, che in Svizzera può recarsi chiunque a morire e che queste strutture svolgono il ruolo di veri e propri istigatori al suicidio. Ma non è così, dopo la valutazione della cartella clinica, il paziente deve sottoporsi a dei colloqui, dove il medico, per legge, deve dissuadere la persona da suo proposito. Secondo i dati della Dignitas, il 40% delle persone, dopo il colloquio, desiste dal proposito e torna a casa.

Per chi decide di Sì, comincia la procedura.

Il paziente, viene accompagnato in una stanza accogliente, non sembra assolutamente un luogo in cui si spegnerà un vita; il medico somministra un antiemetico, quindi viene dato un bicchiere d'acqua, nel quale sono stati sciolti 15 grammi di Pentobarbital di sodio. E' una bevanda molto amara, viene consigliato di mangiare qualcosa dopo, molti scelgono di mangiare un pezzo di cioccolata.

Il farmaco deve essere assunto dal paziente, per via orale, tramite sonda gastrica, qualora ne fosse munito, e se si sceglie per qualsiasi motivo la somministrazione per endovena, deve essere il paziente a compiere l'atto di apertura del deflussore.

Il personale che assiste non può farlo al posto del paziente.

Al termine della procedura il paziente si addormenta,ed in due tre minuti entra in coma profondo.

Il paziente muore in uno stato di assoluta incoscienza.

La procedura viene filmata, per facilitare il lavoro medico legale e della polizia, che si deve accertare della volontarietà del gesto.

La salma è portata in obitorio, cremata , le ceneri consegnate ai familiari. Il certificato di morte viene inviato al consolato e da lì fino al comune di residenza del defunto.

 La questione Eutanasia è molto sentita in Italia, così come il bisogno di una regolamentazione.

Nonostante sia un paese a larga maggioranza cattolica, secondo un sondaggio Eurispes, gli italiani favorevoli all'eutanasia sono il 64.4 %, mentre secondo uno studio della National surveyof medical choices in caring for terminally hill patients, in Italia un dottore su tre che lavora con pazienti terminali, ha ricevuto almeno una richiesta di interruzione della terapia, e uno su quattro si è visto richiedere la somministrazione di farmaci letali.

Un medico ancora afferma, che l'eutanasia passiva, sia praticata in Italia, molto più di quanto si possa pensare.

E allora perché nascondere ancora la testa sotto la sabbia?

Perché obbligare gli italiani che in coscienza decidono di mettere fine alle loro sofferenze, ad andare in Svizzera, soli, costringendoli a vivere la tragedia nella tragedia.

Perché questo non volerne parlare, perché ancora vige questo grande tabù, come si trattasse di una condanna a morte inflitta a tradimento da chissà chi.

La condanna a morte che subiscono molti malati terminali è già di per sé un macigno, le sofferenze che devono patire sono atroci, e lo Stato italiano chiuso nel suo provincialismo ed in nome non so di quale etica, aggiunge dolore al dolore, NEGANDO IL DIRITTO AD UNA MORTE DIGNITOSA.

“La proposta di legge esiste, è ferma in Parlamento da anni”, racconta Filomena Gallo, Segretaria Nazionale dell' Associazione Luca Coscioni, “Abbiamo raccolto 67.000 firme a sostegno di una legge di iniziativa popolare per l'eutanasia e il riconoscimento pieno del testamento biologico”.

In questa proposta di legge, l'eutanasia può essere richiesta da chi ha una malattia che procura sofferenza, con aspettativa di vita inferiore a 18 mesi, senza che chi somministra corra il rischio di commettere reati come omicidio consenziente ed istigazione al suicidio. Il tutto previa una dichiarazione anticipata di volontà, che si può comunque disconoscere in qualsiasi momento.

E allora come diceva Dominique Parliamone, parliamone..!!!

Perché ognuno abbia il diritto a vivere secondo i propri canoni di dignità.

Mi sembra di vederla Dominique... che serena si addormenta. Negli occhi il suo Monte Rosa, la neve ed il silenzio che cancellano per sempre le sue sofferenze.

 

Fonti: 

Morire 'in esilio' in Svizzera: i migranti italiani del suicidio assistito

Eutanasia, parla una malata terminale: Domani vado a morire in Svizzera prima che il male mi divori