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Stabilizzazione precari. Sì all’inclusione del periodo di astensione obbligatoria maternità per le dipendenti co.co.co

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La Redazione
Pubblicato il: 14/07/2020

La SentenzaLeggi e sentenze

I periodi di congedo di maternità devono essere computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, al fine di raggiungere i requisiti per la stabilizzazione.

A stabilirlo il Tar con la sentenza n.293 del 6 luglio 2020.

La vicenda

Un’operatrice sanitaria ricorreva contro la propria Asl al fine di annullare la delibera del Direttore Generale che la escludeva dalla ricognizione per la procedura di stabilizzazione del personale precario, nonostante fosse titolare di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.), ai sensi dell’art. 7, comma 6, D. Lgs. n. 165/2001 e successive integrazioni e modificazioni.

La ricorrente aveva goduto in costanza di rapporto di lavoro, dei cinque mesi di astensione obbligatoria per maternità, ed essendo una lavoratrice co.co.co. l’ Asl aveva escluso i 5 mesi di astensione obbligatoria dal calcolo per il raggiungimento degli anni di servizio utili alla stabilizzazione.

 

La normativa

L’art. 22 del testo unico sulla tutela della maternità e paternità, prevede che i periodi di congedo di maternità devono essere computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, ed è applicabile anche alle lavoratrici madri che hanno stipulato con le pubbliche amministrazioni un contratto di collaborazione coordinata e continuativa, il periodo di astensione obbligatoria deve essere integralmente computato anche ai fini del calcolo della durata dei contratti di lavoro flessibile necessaria per il conseguimento requisito di cui all’art. 20, comma 2, d.lgs. n. 75 del 2017  (1).

 

Il Tar, con la pronuncia in esame, ha per la prima volta affrontato il tema della computabilità del periodo di astensione obbligatoria nel calcolo della durata dei contratti di lavoro flessibile necessaria per il conseguimento requisito di cui all’art. 20, comma 2, d.lgs. n. 75 del 2017, giungendo alla soluzione positiva in applicazione dell’art. 22 del testo unico sulla tutela della maternità e paternità, in base al quale i periodi di congedo di maternità devono essere computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti.

Rileva il Tar che il Testo unico sulla tutela della maternità e paternità si applica ai lavoratori dipendenti della pubblica amministrazione.

Tuttavia, il legislatore ha sancito l’estensione del trattamento giuridico ed economico in materia di astensione obbligatoria per maternità, previsto dal testo unico, anche alle lavoratrici iscritte nella gestione separata INPS, come titolari di contratti co.co.co. o di collaborazione a progetto.

In particolare, l'art. 1, comma 791, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, ha previsto l'emanazione di un decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, per disciplinare l'applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 17 e 22 del citato decreto legislativo n. 151 del 2001, a tutela e sostegno della maternità delle lavoratrici iscritte alla gestione separata sopra indicata, nei limiti delle risorse rivenienti dallo specifico gettito contributivo da determinare con il medesimo decreto.

Pertanto, è stato emanato il decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale del 12 luglio 2007, Pubblicato, sulla Gazzetta Ufficiale del 23 ottobre 2007, concernente “L’applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 17 e 22 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, a tutela e sostegno della maternità e paternità nei confronti delle lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335.”

Il provvedimento estende ai committenti di lavoratrici a progetto, alle categorie assimilate iscritte alla gestione separata ed agli associati in partecipazione, il divieto di adibire le donne al lavoro per i periodi prima e dopo il parto (art. 4). 

Si prevede, inoltre, per i previsti periodi di astensione obbligatoria l’accredito dei contributi figurativi ai fini del diritto alla pensione e della determinazione della misura stessa (art. 6), nonché la corresponsione di un'indennità' di maternità nella misura prevista dall'art. 4 del decreto 4 aprile 2002 del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze ( art. 5)

Il decreto prevede poi che le lavoratrici a progetto e categorie assimilate, tenute ad astenersi dall’attività lavorativa nei periodi di cui agli articoli 1 e 3, hanno diritto, ai sensi dell'art. 66 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, alla proroga della durata del rapporto di lavoro per un periodo di 180 giorni, salva più favorevole disposizione del contratto individuale.

Alla luce di quanto si è detto, deve dunque ritenersi che la tutela delle lavoratrici madri che hanno stipulato con le pubbliche amministrazioni un contratto di collaborazione coordinata e continuativa deve essere equiparato a quello delle lavoratrici dipendenti, anche con riferimento all’applicazione dell’art. 22 del testo unico, invocato nel dalla ricorrente.

 

Un trattamento deteriore della lavoratrice madre solo in ragione della tipologia di contratto di lavoro comporterebbe una illegittima discriminazione ai dell’art. 25, d.lgs. 198 del 2006 nonché dell’art. 15 direttiva comunitaria 54/2006.

Per cui il Tar accoglie il ricorso della dipendente.

 

 

da Quotidiano Enti locali