Fumo. In arrivo nuove restrizioni: addio alle sale fumatori ed alle sigarette elettroniche...
Nuova stretta dello stato sull’abitudine al fumo annunciata dal Ministro della Salute Orazio Schillaci in Commissione affari Sociali alla Camera. Tra le proposte ci sarebbe anche quella di vietare le sale fumatori nei locali e altre restrizioni sulle sigarette elettroniche. Potrebbe attuarsi anche il divieto di fumare all’aperto in presenza di minori e donne in gravidanza, riferito anche a sistemi di tabacchi riscaldati e sigarette elettroniche.
Il dibattito sulle restrizioni dell’abitudine al fumo è sempre attuale e sembra che l’obiettivo di molti paesi nel mondo sia proprio quello di vietare il fumo, sia al chiuso che all’aperto. Non si tratta certo di una caccia alle streghe, l’abitudine al fumo è causa di un serio problema sanitario. Sono infatti più di 700 mila ogni anno i decessi direttamente collegabili al fumo di sigaretta nell’Unione Europea. Il consumo di tabacco è la principale causa prevenibile di cancro: più del 27% di tutti i tumori sono causati dal consumo di sigaretta. In Italia oltre 93 mila morti ogni anno sono attribuibili al tabacco, i costi diretti e indiretti del consumo di tabacco sono pari a 26 miliardi di euro ogni anno (Ministero della Salute).
Il nostro paese è stato uno dei primi in Europa a tutelare i diritti della popolazione dal fumo passivo con la legge Sirchia del 2003, che ha vietato il consumo di tabacco nei locali chiusi. Ma cosa succede nel resto del mondo?
Il paese più rigido in materia di fumo è il Bhutan che nel 2011 ha vietato categoricamente il consumo e la vendita di sigarette. Anche la Nuova Zelanda ha come obiettivo il totale divieto al fumo e lo ha dimostrato vietando la vendita di prodotti contenenti tabacco a tutti i nati dopo il 2008, anche al raggiungimento della maggiore età, per ottenere, entro il 2050 un paese completamente privo di fumo.
Il Messico da quest’anno ha proibito il fumo in tutti i luoghi pubblici all’aperto, compresi spiagge e parchi.
Tornando a casa nostra è noto che la vendita di tabacco sia anche materia di guadagno per le casse statali. Come rileva l’istituto di analisi demoscopiche Eurispes, l’incasso annuale per l’erario sui tabacchi si assesta intorno ai 14 miliardi di euro. Tuttavia, c’è da dire che le spese sostenute dalla sanità pubblica per curare le patologie correlate al tabacco raggiungono circa il 50% di questo introito.
Sempre lo stesso istituto ha registrato quali sono le quantità di sigarette fumate dagli italiani. In particolare, è risultato che il 15,2% del campione esaminato ne fuma oltre 20 al giorno, il 33% da 11 a 20. Si tratta di numeri importanti e fanno riflettere anche le risposte date dagli intervistati alla domanda : “vuoi smettere di fumare?”.
Solo il 9% afferma di voler smettere entro sei mesi. Il 18,3% non ha alcuna intenzione di abbandonare questo vizio, il 26,6% dovrebbe smettere, ma non vuole farlo, il 28,5% dovrebbe smettere ma non crede di farcela e il 17,6% vorrebbe farlo ma non in tempi brevi (Eurispes).
Si sa, le imposizioni e le limitazioni alla libertà personale non sono mai facili da digerire e in un mondo utopistico ogni fumatore, educato sui danni relativi al fumo per la sua salute e quella degli altri, deciderebbe di smettere. Ma viviamo immersi nella realtà dei fatti e, da sanitari, possiamo continuare ad educare, curare e proteggere chi non è fumatore dal fumo passivo.