Saverio Andreula, Presidente del Collegio Ipasvi di Bari, risponde alle "Dieci Domande"
Continuiamo a pubblicare i contributi dei colleghi alle nostre Dieci Domande, accogliendo oggi il prezioso contributo di Saverio Andreula, Presidente del Collegio Ipasvi di Bari.
Infermiere dal 1978 alle dipendenze dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria Policlinico di Bari, ha conseguito diversi titoli/attestati di specificità professionale (abilitazione alle funzioni direttive dell’assistenza infermieristica, Infermiere strumentista, rianimazione, dialisi e fisiokinesiterapista).
Svolge diversi incarichi di Docente in discipline sociologiche e a valenza contrattuale con l’Università di Bari, ininterrottamente dall’anno accademico 2008 a tutt’oggi per alcuni master. Diverse altre forme di collaborazione sono attive con l’Università LUM.
Ha lavorato in alcuni tavoli tecnici al Ministero della Salute designato della Conferenza Stato Regione, (implementazione delle linee guida per i protocolli d’intesa Università – Regioni sulla formazione e linee guida per la dirigenza sanitaria infermieristica di cui alla legge 251/2000).
Ha svolto alcuni incarichi come esperto nell’ambito delle professioni sanitarie per conto della segreteria della Commissione Sanità del Senato nella scorsa legislatura. In questo periodo è in aspettativa sindacale in qualità di dirigente della confederazione sindacale (CONFSAL), impegnato specificatamente nella formazione dei quadri dirigenti della federazione sanità della FIALS.
Da quattro mandati Presidente del Collegio IPASVI di Bari.
Componente della Commissione regionale della Puglia della formazione continua in medicina. Ha ricoperto il ruolo di revisore dei conti della FNC Collegi e di coordinatore dei Collegi IPASVI pugliesi.
Pensare la nostra professione per la nostra professione: DIECI DOMANDE AGLI INFERMIERI
Progetto InfermieristicaMente - NurSind
a cura di Chiara D'Angelo
Risponde SAVERIO ANDREULA, Presidente del Collegio Ipasvi di Bari
- Quali sono per te i problemi più rilevanti che oggi hanno gli infermieri
La tua domanda Chiara, per la sua semplicità/complessità mi fa molto riflettere; mi viene veramente difficile organizzare una risposta sintetica ed esaustiva. Niente di più facile, per me, riportare in elenco i problemi più rilevanti che oggi vivono gli Infermieri (come altri tuoi ospiti hanno fatto), individuandoli e censendoli in una vasta area d’ispezione, che si interseca tra la formazione e l’esercizio professionale. Piuttosto, mi piace soffermarmi nell’evidenziare, per linee generali, come l’insieme dei tantissimi problemi in evidenza oggi per la professione infermieristica, siano strettamente legati alla “fragilità” interpretativa e applicativa delle norme che regolano il nostro esercizio professionale e non solo. Rilevo, altresì, una marcata nostra “incapacità” di farci leggere e soprattutto “valere”, sul piano politico e sociale, come una vera “risorsa” per il sistema salute italiano.
Mi piace l’idea di rispondere alla tua domanda interpretando le emozioni che mi consegnano le esperienze che vivo, per raccontare, il generale senso di disorientamento dei giovani colleghi sul proprio futuro, in particolare quello occupazionale. Anche gli Infermieri in carriera e quanti prossimi alla pensione mostrano con un certo disagio emotivo; una forte preoccupazione per le prospettive e per gli scenari futuri, decisamente incerti e preoccupanti se si considera il modificarsi in continuo degli assetti normativi che regolano il nostro esercizio professionale.
Concludo sulla domanda con le mie riflessioni, per introdurre risposte alle successive: Soffermiamoci a considerare il percorso formativo dell’infermiere, oggi perfettamente allineato alla riforma degli ordinamenti universitari: Corso di laurea (abilitante alla professione), Master di 1^ livello, corso di Laurea Specialistica, Master di 2^ livello e dottorato di ricerca.
E’ indubbio che questo percorso formativo, di tutto rispetto, nella sua valutazione giuridica non si allinea ad un inquadramento economico di altrettanto rispetto. Chi vive l’infermieristica italiana reale è consapevole che la propria situazione lavorativa, in ogni suo ambito di esercizio, rispetto alle responsabilità definite dall’ordinamento è molto impegnativa e mal paga rispetto alla remunerazione prevista e alle ridicole progressioni di carriera.
A tanto si aggiunga, per chiudere il cerchio, l’accentuarsi, per la particolare situazione di crisi finanziaria e di tagli agli organici del personale infermieristico e di supporto, il preoccupante fenomeno del demansionamento di cui la redazione di Infermieristicamente si sta occupando, a fronte di alcuni scarichi di responsabilità di alcuni pseudo-leader, pseudo-rappresentativi della professione infermieristica
- Come risolvere questi problemi, cioè con quali idee, proposte e progetti
Utopistico pensare di poter avviare a soluzione i problemi nel breve periodo in questo delicato momento ricco solo di incertezze. Bisogna innovare il “pensiero professionale” ed il “sapere disciplinare” dell’infermieristica. E’ necessario impegnare gli Infermieri in una sorta di “scatto d’orgoglio”, necessario per chiedere una revisione funzionale dell’assetto del sistema sanitario, che faccia perno sulla centralità del cittadino-paziente, pretendendo, a ragion veduta, la valorizzazione del paradigma assistenziale infermieristico strutturata sulla centralità della persona e dei suoi bisogni espressi e inespressi nei processi di cura e assistenza.
Il Progetto: dobbiamo necessariamente partire dalla formazione: Certamente è importante l'approfondimento sul fabbisogno formativo, ma prima ancora è di importanza fondamentale:
a) definire i livelli di risposta ai bisogni della gente (e forse è preferibile parlare di "standard di risposta" piuttosto che di "costi standard"). Al momento si prende atto di una difformità assoluta presente sul territorio nazionale relativamente ai servizi offerti e al personale presente;
b) definire i criteri per la determinazione delle risorse (tipologia e numerosità) per le strutture ospedaliere e residenziali, nonché per i servizi territoriali e domiciliari;
c) ridefinire i percorsi formativi di I e II livello, tenuto conto dei nuovi bisogni della gente, dello sviluppo scientifico e tecnologico, delle necessità di funzionamento del sistema;
d) ridefinire le competenze degli operatori e i sistemi di collaborazione, integrazione, interazione e comunicazione, nonché i ruoli e le responsabilità, per ogni livello delle articolazioni organizzative;
e) definire i criteri per l'accreditamento dei professionisti;
f) definire i criteri per l'accreditamento delle sedi formative (presidenza, coordinamento, docenti, tutor, tirocinii, etc.)
g) definire la possibilità di applicazioni "in deroga" per consentire la realizzazione dei corsi, nel rispetto delle indicazioni europee, per un prodotto finito (infermiere abilitato) adeguato alle esigenze della gente e alle necessità del sistema.
- Quali soluzioni organizzative si dovrebbero adottare per mettere in campo una qualche azione collettiva
Temo che a questa tua domanda una risposta coerente e coordinata con le precedenti sia improbabile considerando l’attuale livello decisionale rispetto alle “responsabilità” di governo dei sistemi sanitari. Come detto, in forza dell’attuale ordinamento la potestà legislativa in capo alle Regioni e allo Stato hanno creato “l’infermieristica regionalizzata”. In ogni regione La politica discute sull’opportunità di rivisitare il titolo V della Costituzione considerando il fallimento della riforma attuata in ambito sanitario che ha portato 21 Regioni a pensare a 21 sistemi sanitari diversi, con forme di applicazione dei principi dettati dai L.E.A. spesso “incoerenti e contraddittori” per voler usare un eufemismo.
Vale la pena di domandarsi se la capacità di analisi delle singole situazioni, dei contesti e delle caratterizzazioni locali, e delle conseguenti azioni programmatorie, siano maggiormente presenti nello Stato o nelle Regioni.
Se qualcosa non ha funzionato, il sistema va ripensato e diversamente sviluppato, tenuto conto dei punti di forza e di debolezza. Altrettanto certamente non vanno gettati "acqua calda e bambino".
Oggi, per quanto concerne la formazione e l'esercizio professionale dell'Infermiere, le differenze presenti sul territorio nazionale sono numerose. Non necessariamente per arrivare all’uniformità bisogna ritornare alla "centralizzazione statale". Probabilmente è sufficiente una forte (o più forte) azione d’indirizzo e di verifica e valutazione dei risultati, per arrivare all’uniformità auspicata o comunque a un miglioramento delle situazioni in essere.
E' indubbio che a fronte di una modifica dei contenuti normativi di riferimento professionale, e dei cambiamenti dei curricula formativi, vadano rivisti i modelli organizzativi, i sistemi di cura e assistenza, i ruoli e le responsabilità. E' quello che sta succedendo, sia nella formazione accademica, sia l’organizzazione dei servizi infermieristici aziendali, certamente non senza difficoltà, come spesso accade nei momenti di cambiamento storici.
Alcune Regioni “virtuose”, si sono distinte sia per la qualità della formazione accademica, sia per l’organizzazione dei servizi infermieristici aziendali, conseguendo risultati concreti sul piano dell’efficacia e dell’efficienza delle cure infermieristiche erogate agli utenti dei servizi sanitari.
In altri casi, forse anche a seguito di una mancata produzione legislativa, il miglioramento della qualità delle cure infermieristiche ai cittadini sono presenti solo sulla carta, con un’attuazione limitata o assente.
Ancora oggi, in molte strutture sanitarie pubbliche di numerose Regioni italiane, cosi come evidenziato da numerosi rapporti, realizzati da organismi governativi e non, certamente con rigore scientifico e metodologico, sono difficili sia l'individuazione e la definizione del modello organizzativo, sia la valutazione degli out - come, con conseguente incertezza relativamente alle cure infermieristiche erogate dagli infermieri e ricevute dai cittadini, con possibili perplessità relativamente all'adeguatezza, alla appropriatezza e alla completezza delle azioni e delle prestazioni.
Ciò significa che è necessario stabilire un nuovo rapporto funzionale tra il rinnovato quadro normativo regolatore dell’esercizio professionale degli infermieri e il sistema di cure e assistenza in essere, eliminando le contraddizione e le criticità, favorendo lo sviluppo del sistema qualità sia nella formazione, sia nei modelli organizzativi, per un risultato sempre più vicino alle esigenze dei cittadini e alle necessità di funzionamento del sistema
- Quali iniziative collettive si renderebbero necessarie
Penso di aver già precisato nella risposta precedente che oggi, iniziative collettive, capaci di dare risposte alle criticità che vive la professione infermieristica, in conseguenza dei distinti livelli decisionali e di “governance” della sanità, sono di difficilissima implementazione e organizzazione. Poi, da dove iniziare? E con quali interlocutori? Oggi, nell’era della comunicazione “mordi e fuggi” non si comprendono ruoli e responsabilità dei soggetti istituzionalmente deputati alla rappresentanza professionale.
- “Unità, Progetto, Politica” per te cosa significano
Se declinati nel sostenere la “rifondazione” della nostra professione, per me assumono significati di alto profilo culturale. L’UNITA’ si può concretizzare confrontandosi; il PROGETTO si costruisce con la condivisione e il rispetto delle opinioni di tutti; la POLITICA è un’arte in cui noi Infermieri abbiamo difficoltà a cimentarci.
- Cosa pensi della proposta di organizzare gli Stati Generali degli Infermieri
Perché non prova il NURSIND a organizzare una pre-conferenza di tutti i soggetti rappresentativi per individuare temi e strategie? Io ci sto.
- Cosa si dovrebbe fare per prepararli adeguatamente
Penso di aver integrato nella precedente la risposta a questa domanda
- Sintetizza in tre parole quello che chiederesti ai Collegi
Pur consapevole di avere critiche “costruttive” da molti dei miei colleghi presidenti di Collegio: Per prima cosa chiederei a molti “amici” Presidenti di “aprirsi” al dialogo con tutti uscendo dal “guscio” dell’egoismo della rappresentanza provinciale.
Bisogna agire esercitando appieno il ruolo di ente regolatore del corretto esercizio professionale a beneficio dei cittadini e degli Infermieri. Ciò significa che è necessario stabilire un nuovo rapporto funzionale tra il rinnovato quadro normativo regolatore dell’esercizio professionale degli infermieri e il sistema di cure e assistenza in essere, eliminando le contraddizione e le criticità, favorendo lo sviluppo del sistema qualità sia nella formazione, sia nei modelli organizzativi, per un risultato sempre più vicino alle esigenze dei cittadini e alle necessità di funzionamento del sistema. Inoltre bisogna “tutelare” significativamente tutti i colleghi in difficoltà in particolare rispetto all’accentuarsi, per le ragioni che ho su descritto, del fenomeno “demansionamento”.
- Sintetizza in tre parole quello che chiederesti ai Sindacati
Se non ti dispiace preferisco svincolarmi momentaneamente dalla risposta, precisando che sull’argomento ho sviluppato una mia personale idea che mi sta impegnando nella realizzazione di un lavoro editoriale molto impegnativo. L’argomento è decisamente interessante e merita un’approfondita e articolata risposta.
10. Mi descrivi succintamente la tua idea di infermiere del terzo millennio
L’esatto opposto di quanto è oggi, rispetto alle criticità che ho evidenziato nella risposta alla tua prima domanda. Mi piace molto l’idea di un Infermiere capace di “farsi valere” in ogni suo ambito di attività. Capace di farsi leggere e soprattutto “valere”, sul piano politico (non già nella forma individuale) e sociale, come una vera “risorsa” per il sistema salute italiano.
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