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Lombardia. Assistenza Infermieristica ed intensità di cure. Una riforma "pro" forma

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La Redazione
Pubblicato il: 28/04/2018 vai ai commenti

LombardiaNurSind dal territorioNursing

di Pompeo Cammarosano NurSind Brescia.

La Regione Lombardia, ha adottato una riforma (LR 23/2015) del sistema sanitario regionale, introducendo le ASST (aziende socio sanitarie territoriali) e le ATS (agenzie per la tutela della salute), cambiando di fatto, solo la forma ma non la sostanza della Sanità, se si continua ancora a parlare  di assistenza infermieristica in minuti/paziente/giorno,  come normato da una delibera, ormai vecchia di 20 anni , la DGR n. 6/38133 del 6 agosto 1998:

“L’assistenza infermieristica garantita deve essere rapportata all’intensità delle cure.

Unità di misura dell’assistenza infermieristica è il minuto/paziente/die.

 I min/pz/die da garantire in relazione all’intensità delle cure sono i seguenti:

• Specialità di base 120

• Specialità di media assistenza 180

• Riabilitazione 160

• Lungodegenza 140

• Specialità di elevata assistenza 240

• Specialità dell’area sub-intensiva 300

• Specialità dell’area intensiva 600

Deve essere garantita l’assistenza infermieristica anche nelle ore notturne.

La presenza infermieristica nelle ore notturne non può essere inferiore ad un terzo di quella prevista, per singola Unità Operativa, nelle ore diurne”.

I problemi, insorgono soprattutto nelle specialità di base, dove ci si rende subito conto, che la quotidianità dell’assistenza, è ben altra cosa e che i minuti effettivi assistenziali da dedicare, sono di più dei 120 minuti tabellari, per ogni paziente.

Nonostante tutto, si procede in maniera ragionevole e sensata, facendo di tutto per farli bastare, a forza di corse contro il tempo e facendo salti mortali.

Tutto questo può diventare, però, una criticità, qualora qualche Professore “luminarissimo”, si sogni la pietra filosofale, di notte e diventi il depositario del segreto della formula chimica, per trasformare il piombo in oro e trasformi una semplice Medicina generale in una Medicina monitorizzata ad isorisorse.

Già, i Professori, ma non sanno, che per assistere un paziente monitorizzato, forse qualche minuto in più ci voglia (almeno 121 minuti!) rispetto ad un paziente non monitorato?

Eh, sì, non lo sanno e per questo decidono di mettere all’ interno di un numero di pazienti a bassa intensità di cure, dei pazienti a bassa intensità di cure ma monitorati.

Sono in buona fede, nel non sapere che i pazienti monitorati, richiedano un po’ di tempo in più, necessario per correre, quando suona un allarme rosso (paziente in pericolo di vita) e per camminare, per andare a spegnere un allarme giallo (alterazione di un parametro vitale che non mette in pericolo di vita il paziente).

No, ma veramente non lo sanno? Sono sapienti solo nella loro scienza medica, per il resto sono digiuni.

Da qualche parte in Italia, nella vicina Vicenza, all’ Ospedale Civile San Bortolo, nel Dipartimento dell’ Area Medica  1^, anziché sognarsi la pietra filosofale e fare alchimie,  già dall’ inizio degli anni duemila, si sono posti il problema, che in Medicina, non tutti i pazienti sono a bassa intensità di cure e messa da parte, la inadeguata e anacronistica concezione della Medicina come specialità di base,  si è iniziato a parlare di Medicina per intensità di cure,  affermando la tesi,  che  anche in Medicina, possano esistere   delle differenti intensità di cure e che, se si attacca per ventiquattro ore, un paziente ad un monitor, quello non è più un paziente a bassa intensità di cure ma ad alta intensità di cure. 

Che si aggiornino, allora, i Professori e non solo in quello che piace a loro ma anche in ciò che serve ai pazienti.

Ricordiamo, che chi risponde del paziente monitorizzato per un allarme non ascoltato od interpretato male, è l’infermiere e non il Professore dal divano di casa sua.

Una sentenza della Cassazione Penale (IV sezione, 21 gennaio 2016 n. 2541), stabilisce importanti principi di diritto, nei rapporti tra medici e infermieri, sia sul piano della subordinazione gerarchica ex primariale sia sul piano dello stretto esercizio professionale.

Accade che: “A un paziente, ricoverato presso l’Unità Coronarica dell’Ospedale di Livorno, veniva applicato un apparecchio telemetrico, i cui allarmi  erano stati sospesi a “tempo indeterminato”.
Insorge al paziente una fibrillazione ventricolare (ad allarme sonoro disattivato dunque) ma regolarmente segnalata dal monitor centrale, peraltro privo di vigilanza, in quanto i due infermieri e il medico in servizio, erano impegnati in altre due necessarie attività e perciò, impediti al controllo dei monitor. Il mancato allertamento, ha determinato il mancato intervento terapeutico risolutivo della crisi, con conseguente 
exitus del paziente.

Secondo la Suprema Corte, l’infermiere è responsabile per l’ignoranza nel funzionamento dei monitor e non rientra tra i compiti del Primario, organizzare i corsi per la formazione del personale infermieristico su nuovi sistemi di monitoraggio e neppure verificare la piena conoscenza da parte dei singoli operatori.  

D'altronde, la stessa IV Sezione Penale, aveva già avuto modo di individuare in capo all’ infermiere, delle responsabilità di tipo omissivo, riconducibili ad una specifica posizione di garanzia nei confronti del paziente, del tutto autonoma rispetto a quella del medico.

Secondo il Tribunale di Livorno, in seguito alle ripetute segnalazioni di carenza del personale infermieristico, la responsabilità delle evidenziate inefficienze, doveva essere ravvisata nell'operato dei vertici dell'Amministrazione Sanitaria, ragion per cui,  si disponeva la trasmissione degli atti alla Procura procedente, perché valutasse, con un supplemento di indagini, quanto avesse inciso sulla determinazione dell'evento, la resistenza da parte della Dirigenza Amministrativa, alle richieste di supporto e di integrazione del personale provenienti dal Primario, nonché la improvvida decisione di trasferire, ad ogni costo, il nuovo reparto anche in assenza delle dotazioni minime necessarie a garantire la piena funzionalità ed adeguatezza del reparto.”

Si evidenzia, dai dibattimenti in sede giudiziaria, che chi risponde dei monitor, è l’infermiere ma che, se messo in una situazione di difficoltà nella loro gestione, viene messa in discussione anche la posizione della Azienda, che è tenuta a garantire le dotazioni minime necessarie per la funzionalità del reparto.