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Malattia. L’aspettativa prolunga il periodo di comporto. Il Contratto e la Cassazione

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 15/01/2020 vai ai commenti

Contratto NazionaleLeggi e sentenze

Oltre al periodo di comporto il lavoratore ha diritto, o quantomeno un interesse qualificato, ad un ulteriore periodo di sospensione del rapporto. I limiti temporali per poter accedere al licenziamento devono essere ulteriormente dilatati, in modo da comprendere la durata dell’aspettativa.
A stabilirlo la Corte di Cassazione con la sentenza 6697 del 2106.

Cos’è il periodo di comporto e come si calcola
In caso di malattia, la legge garantisce al lavoratore dipendente, sia la conservazione del posto che la retribuzione nei limiti fissati dal contratto.
Il lavoratore ha diritto a conservare il proprio posto di lavoro per un determinato periodo (tale periodo è, appunto, chiamato “comporto”): questo significa che, durante il comporto, il dipendente non potrà mai essere licenziato. Viceversa, se l’assenza si protrae oltre tale periodo, il datore può licenziare il dipendente.
Come si calcola il periodo di comporto
Art 42 del CCNL 2016/2018
1. Il dipendente non in prova, assente per malattia, ha diritto alla conservazione del posto per un periodo di diciotto mesi. Ai fini della maturazione del predetto periodo, si sommano tutte le assenze per malattia intervenute nei tre anni precedenti l’ultimo episodio morboso in corso.
Al lavoratore che ne faccia tempestiva richiesta prima del superamento del periodo previsto dal comma 1, può essere concesso di assentarsi per un ulteriore periodo di 18 mesi in casi particolarmente gravi.
Prima di concedere tale ulteriore periodo di assenza di cui al comma 2, l'Azienda o Ente, dandone preventiva comunicazione all’interessato o su iniziativa di quest’ultimo, procede all'accertamento delle sue condizioni di salute, per il tramite dell’organo medico competente ai sensi delle vigenti disposizioni al fine di stabilire la sussistenza di eventuali cause di assoluta e permanente inidoneità psico-fisica a svolgere qualsiasi proficuo lavoro.
 
Periodi di malattia esclusi dal comporto
-Assenze per malattia imputabili al datore di lavoro a causa della nocività delle mansioni o dell’ambiente di lavoro, che egli abbia omesso di prevenire o eliminare, in violazione dell’obbligo di sicurezza (art 2087 del Codice civile)
-In caso di patologie gravi che richiedano terapie salvavita, i relativi giorni di ricovero ospedaliero o di day – hospital, nonché i giorni di assenza dovuti all’effettuazione delle citate terapie. In tali giornate il dipendente ha diritto all’intero trattamento economico previsto dai rispettivi CCNL.
-Congedo per cure, articolo 7 del D.Lgs 119 del 18 Luglio 2011, non può superare i trenta giorni l'anno. Il congedo per cure non rientra nel periodo di comporto.

Già in precedenza il Ministero del Lavoro era intervenuto ripetutamente su questo punto chiarendo che il periodo di congedo per cure diverse non è computabile, in quanto "ulteriore", nel periodo di comporto per malattia individuato dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro.
 
Periodi di malattia che si conteggiano nel Comporto
-Si conteggiano anche le giornate non lavorate (sabato, domenica, festività infrasettimanali) che cadono nel periodo di malattia
-Assenze per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od esami diagnostici
 
Nel part time orizzontale la durata del comporto è uguale ai contratti a tempo pieno
Nel part time verticale il compito di ridurre il periodo in relazione alla quantità della prestazione è affidato al giudice di merito (articolo 4 comma 2, dlgs 25 febbraio 2000 n.61.
Il datore di lavoro non può licenziare il dipendente prima dello scadere del periodo di comporto a meno che non sussista una giusta causa di recesso. Di contro una volta scaduto il periodo di comporto, se il dipendente non rientra a lavoro, il datore può procedere alla risoluzione del rapporto.
Il recesso va intimato per iscritto e tempestivamente con la relativa motivazione, cioè il superamento del periodo di comporto.
Secondo la giurisprudenza l’azienda non è tenuta ad avvisare il dipendente in malattia che sta per scadere il periodo di comporto (Cassazione 22/04/2008 n. 10352 e Cassazione 28/06/2006 n. 14891), ne è obbligata a concedergli d’ufficio le ferie maturate e non godute o a convertire automaticamente l’assenza per malattia in ferie al fine di evitare il licenziamento (Cassazione 04/06/1999 n.5528).


Scaduto il periodo di comporto, i contratti collettivi prevedono la possibilità di richiedere un periodo di aspettativa non retribuita
Infatti se un contratto collettivo prevede una disciplina specifica di prolungamento del periodo di comporto per disabilità, affezioni patologiche particolarmente gravi, lunghi ricoveri ospedalieri e necessità di terapie salvavita, è a queste disposizioni, in quanto frutto dell’interesse collettivo delle parti sociali, che occorre dare rilievo.
Aspettativa non retribuita CCNl comparto sanità
Per l’aspettativa non retribuita, il CCNL 2016/2018 rimanda al  CCNL integrativo del CCNL del 7-4-1999

ART. 12 - Aspettativa
1. Al dipendente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, che ne faccia formale e motivata richiesta possono essere concessi, compatibilmente con le esigenze organizzative o di servizio, periodi di aspettativa per esigenze personali o di famiglia senza retribuzione e senza decorrenza dell’anzianità, per una durata complessiva di dodici mesi in un triennio.
2. Il dipendente rientrato in servizio non può usufruire di un altro periodo di aspettativa per motivi di famiglia, anche per cause diverse, ovvero delle aspettative di cui al comma 8 lett. a) e b), se non siano intercorsi almeno quattro mesi di servizio attivo, fatto salvo quanto previsto dal comma 8 lett. c).
3. Al fine del calcolo del triennio, di cui al comma 1, si applicano le medesime regole previste per le assenze per malattia.
4. L’aspettativa di cui al comma 1, fruibile anche frazionatamente, non si cumula con le assenze per malattia previste dagli artt. 23 e 24 del CCNL 1 settembre 1995 e si ritiene fruibile decorsi 30 giorni dalla domanda, salvo diverso accordo tra le parti.
5. Qualora l’aspettativa per motivi di famiglia venga richiesta per l’educazione e l’assistenza dei figli fino al sesto anno di età, tali periodi pur non essendo utili ai fini della retribuzione e dell’anzianità, sono utili ai fini degli accrediti figurativi per il trattamento pensionistico, ai sensi dell’art. 1, comma 40, lettere a) e b) della legge 335/1995 e successive modificazioni ed integrazioni e nei limiti ivi previsti.
6. L’azienda, qualora durante il periodo di aspettativa vengano meno i motivi che ne hanno giustificato la concessione, invita il dipendente a riprendere servizio con un preavviso di dieci giorni. Il dipendente per le stesse motivazioni e negli stessi termini può riprendere servizio di propria iniziativa.
7. Nei confronti del dipendente che, salvo casi di comprovato impedimento, non si presenti per riprendere servizio alla scadenza del periodo di aspettativa o del termine di cui al comma 6, il rapporto di lavoro è risolto, senza diritto ad alcuna indennità sostitutiva di preavviso, con le procedure dell’art. 29 del CCNL 1.9.1995.
8. L’aspettativa, senza retribuzione e senza decorrenza dell’anzianità, è, altresì, concessa al dipendente con rapporto di lavoro a tempo indeterminato:
a) per un periodo massimo di sei mesi se assunto presso la stessa azienda o ente del medesimo comparto ovvero ente o amministrazione di comparto diverso con rapporto di lavoro a tempo indeterminato a seguito di vincita di pubblico concorso per la durata del periodo di prova.
b) per tutta la durata del contratto di lavoro a termine se assunto presso la stessa o altra azienda o ente del comparto ovvero in altre pubbliche amministrazioni di diverso comparto o in organismi della comunità europea con rapporto di lavoro ed incarico a tempo determinato.
c) per la durata di due anni e per una sola volta nell’arco della vita lavorativa per i gravi e documentati motivi di famiglia, individuati - ai sensi dell’art. 4, commi 2 e 4 della legge 53/2000 - dal Regolamento interministeriale del 21 luglio 2000, n. 278, pubblicato sulla GU dell’11 ottobre 2000, serie generale n. 238. Tale aspettativa può essere fruita anche frazionatamene e può essere cumulata con l’ aspettativa di cui al comma 1 se utilizzata allo stesso titolo.
9. È disapplicato l’art. 47 del DPR 761/1979.
10. Il presente articolo sostituisce l’art. 27 del CCNL 1 settembre 1995, come modificato ed integrato dal CCNL del 22 maggio 1997.


Il datore di lavoro non ha il dovere di sollecitare il ricorso all’aspettativa - Cassazione sentenze 19134/2011 e 13396/2002.