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Vulnocare, la detersione delle lesioni

Isabella La Pumadi
Isabella La Puma
Pubblicato il: 01/03/2024 vai ai commenti

Professione e lavoro

Oggi tratteremo un passaggio fondamentale della Wound Bed Preparation che troppo spesso viene sottovalutato ed eseguito in modo routinario senza pensare al suo valore terapeutico, cioè la detersione della ferita.

Dopo aver valutato attentamente il paziente e la lesione attraverso l’argoritmo del T.I.M.E. di cui abbiamo parlato qui, entriamo in gioco con la WBP, letteralmente preparazione del letto della ferita, un modello che implica la rimozione di barriere locali alla guarigione, che può accelerarne i processi e/o favorire l’efficacia di eventuali terapie in corso.

La Wound Bed Preparation, ricordiamo, si può scomporre in tre fasi :

  • Debridement

  • Controllo della carica batterica

  • Gestione dell'essudato.

Sono questi i processi che preparano il letto della ferita ad affrontare tutti gli eventi necessari per la guarigione: è molto importante, quindi, per il successo terapeutico, che ogni operatore conosca a fondo come e perché queste barriere locali debbano essere rimosse.

La detersione è la base di qualsiasi trattamento, sia sulle lesioni croniche che su quelle acute e consiste nel rimuovere il materiale inerte e/o necrotico non adeso e presente sul fondo della lesione.

Oltre ad asportare eventuale tessuto necrotico, questa azione ha diverse finalità:

  • diminuire l’assorbimento di tossine

  • ridurre lo sviluppo della flora batterica

  • alleviare il dolore

  • ridurre i cattivi odori

Sappiamo che esistono lesioni con diverse eziologie che vengono trattate in modo completamente diverso, ma l’atto della detersione ha un valore universale. Che si tratti di una ferita da trauma, magari con presenza di detriti sul letto di lesione o di una ulcera cronica vascolare agli arti inferiori con presenza di essudato maleodorante, la detersione è sempre il primo atto a cui pensare. Bisogna avere però ben presente che in letteratura non esistono solide evidenze per quanto riguarda le lesioni in fase di granulazione o di riepitelizzazione. Infatti è sconsigliato “toccare” il fondo di lesione per evitare di danneggiare eventuali bottoni di granulazione, portare batteri e favorirne la penatrazione magari con l’utilizzo di garze che con la loro azione abrasiva potrebbero facilitare questa “invasione” o per non asportare fattori di crescita.

E’ molto importante dunque la tecnica di detersione che si utilizza per ottenere l’auspicabile risultato di rimuovere il materiale nocivo senza andare ad interferire con la guarigione del letto di lesione laddove sia iniziata. In letteratura non c’è una tecnica eletta più efficacie di altre nonostante molti studi siano stati condotti sull’argomento.

Le principali tecniche utilizzate sono:

  • Tamponamento, applicando una minima forza meccanica per evitare traumatismi del fondo di lesione

  • Irrigazione, la tecnica migliore ma più difficile da eseguire correttamente. Bisogna infatti ottenere una particolare pressione che deterge in maniere efficace senza rischio di trauma. Tale pressione è pari a 8 psi (pounds per square inch).

  • Immersione, completamente atraumatica, la soluzione deve essere scaldata per non interferire con le funzioni vitali delle cellule sul letto di lesione.

Quali soluzioni utilizzare?

Stiamo parlando di detersione, non ti antisepsi per cui è fondamentale che le soluzioni utilizzate siano inerti e biocompatibili, quelle più utilizzate sono:

  • Soluzione fisiologica; il basso costo l’isotonicità sono le sue carte vincenti, la presenza di sodio inoltre attiva la pompa sodio-potassio delle cellule presenti sul fondo si lesione, lasciando un minimo di umidità già solo con la detersione.

  • Ringer lattato, spesso utilizzato perché ritenuto capace, grazie ai suoi elettroliti, di aumentare il trofismo cellulare, in realtà questa convinzione non trova riscontro in letteratura, inoltre è una soluzione economicamente costosa rispetto alla fisiologica.

  • Soluzioni saponose, consigliato in letteratura per le ferite da trauma con presenza di detriti, preferibilmente tensioattivi cationici in concentrazione variabile da 0,1-1%.

  • Acqua di rubinetto, largamente usata nei paesi anglosassoni nell’ambito domiciliare. Attenzione però, non è una soluzione isotonica e se non se non si può avere riscontro sulle sostanze che vengono utilizzate per renderla potabile sarebbe meglio evitare il suo utilizzo, anche per il rischio di contaminazione batterica.

  • Soluzioni a base di Probilbetaina e Poliesanide, efficacie soluzione detergente particolarmente attiva nella prevenzione della formazione del biofilm e atossica. E’ costituita da un tensioattivo e da un antimicrobico a bassa concentrazione, non ha infatti azione antimicrobica sui tessuti ma la presenza di questa molecola permette di non avere contaminazioni nella soluzione.

Dai prodotti scelti per la detersione ci si aspetta dunque un’attività antimicrobica generale e un’azione di rimozione del biofilm o di contrasto alla sua formazione.

 

Credit:

Vulnologia, Dalle basi al wound tech care” di Corsi e Forma,edi-ermes, 2022

Williams C. Wound Irrigation Techniques : new Steriopod normal saline. Br J Nurs.1999;8(21):1460-2