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Il DEMANSIONAMENTO: da dove nasce, perché si afferma, come superarlo... secondo il Prof. Ivan Cavicchi

Chiara D'Angelodi
Chiara D'Angelo
Pubblicato il: 07/05/2014 vai ai commenti

Articolo 49 e DemansionamentoLe interviste

ICavicchiIntervista al prof. IVAN CAVICCHI sul

DE MANSIONAMENTO

di Chiara D’Angelo

 

Ringraziamo, prima di tutto, i nostri lettori per il grande riscontro dato in termini di accessi alle ultime due interviste al prof. Cavicchi, che abbiamo pubblicato nelle settimane scorse.

Oggi riportiamo una nuova perla, che il professore ci ha gentilmente concesso in merito ad un argomento dolorosamente sentito dalla nostra categoria: il demansionamento. In questo nuovo dialogo il prof. Cavicchi ci porta dritti al centro della sua idea di evoluzione della professione infermieristica, oggi ostaggio di molteplici avversità. In questo percorso ideale che il professore ci delinea man mano che l’intervista scorre, capiremo meglio (io per prima l’ho fatto!)  passaggi a primo acchito difficili da afferrare nelle sue precedenti interviste. Sullo sfondo il codice deontologico, di cui vengono messe in luce le debolezze e le contraddizioni. Infine non possono mancare le proposte per uscire dalla condizione attuale: forti, originali ed anche “sovversive” (mi si passi il termine, improprio certamente) e per ciò stesso affascinanti, così come si dimostra ancora una volta essere il pensiero del professor Cavicchi.

 

Questa volta professore vorrei invitarla a parlare di un problema circoscritto che la mia categoria sente e soffre molto, mi riferisco al demansionamento

Le dico subito che il de mansionamento non è ne un problema circoscritto ne un incidente di percorso e meno che mai l’effetto di un’ occasionale disorganizzazione. Il de mansionamento  è l’effetto combinato della post ausiliarietà  di cui abbiamo parlato la volta precedente  e della  decapitalizzazione  del lavoro, cioè  delle restrizioni imposte al lavoro inteso come il principale capitale della sanità. Non si risolve il problema  se non affrontando tanto i problemi della post ausiliarietà  che quelli  del  lavoro. Ricordo che  le principali forme di  decapitalizzzione del lavoro sono il blocco del turn over, dei contratti, il sotto dimensionanemento degli organici, la compressione  dei minuti di assistenza , il rapporto squilibrato nel numero tra professioni diverse, il costo zero ecc. Il demansionamento, il precariato, la disoccupazione, il blocco dei salari sono tutti figli della decapitalizzazione  del lavoro.

 

Cosa intende dire? Mi spieghi meglio...

Prima di ogni cosa  vorrei  riflettere sul significato di de mansionamento. Nel linguaggio corrente questa parola viene usata per indicare:

  1. una sottoutilizzazione dell’infermiere
  2. una utilizzazione distorta della sua professionalità
  3. un suo impiego improprio.

 

Il famoso “tappa buchi”. Non vi sarebbe tappabuchi se non vi fosse un grande senso di responsabilità da parte dell’infermiere. Per il bene del malato nella contingenza  egli  sacrifica  i suoi diritti. Questo diventa un grosso problema se è una consuetudine. Se al contrario l’infermiere fosse rigidamente interprete  del suo profilo, rifiutandosi alla consuetudine tutto salterebbe per aria in un minuto .

Quindi Il tappabuchi o post ausiliarietà o de mansionamento ha un triplo significato:

  • deontologico perché è snaturamento della professione
  • sindacale perché è sfruttamento della professione
  • giuslavoristico perché lede i diritti di chi lavora e di chi non lavora o è precario

 

Ma secondo lei professore il demansiomento è un problema solo sindacale o anche un problema dei Collegi?

Nel codice deontologico degli infermieri  la ragionevolezza che fa di  un infermiere  un tappabuchi, è addirittura normata laddove a proposito di disfunzioni e disservizi, cioè di buchi, si dice che l’infermiere si adopererà per tapparli.

Nell’art 49 si dice che “l’infermiere, nell’interesse primario degli assistiti, compensa le carenze e i disservizi che possono eccezionalmente verificarsi nella struttura in cui opera”, precisando  che, nei casi in cui il disservizio sia “abituale o ricorrente” l’infermiere non deve  “compensare” cioè tappare i buchi perché se lo facesse pregiudicherebbe “il suo mandato professionale”.  

Poi nell’articolo successivo, l’art 50 si dice che “l'infermiere, a tutela della salute della persona, segnala al proprio Collegio professionale le situazioni che possono configurare” l’esercizio abusivo della professione infermieristica”.

Infine nell’art 51 si dice  che  “l'infermiere segnala al proprio Collegio professionale le situazioni in cui sussistono circostanze o persistono condizioni che limitano la qualità delle cure e dell’assistenza o il decoro dell'esercizio professionale”.

Il combinato disposto di questi tre articoli ci dice che il demansionamento è un abuso della professione e che come tale va segnalato al Collegio professionale. Per cui a mio parere il demansionamento  è primariamente  un problema dei Collegi  perché prima di essere un problema sindacale esso è un problema primariamente deontologico anzi, mi chiedo: cosa aspetta la Federazione  Nazionale a mettersi a disposizione dei suoi iscritti? E poi trovo curioso che la Federazione Nazionale sia competente quando si parla di rimansionamento, come per le competenze e/o mansioni  avanzate (ora dicono specialistiche), la specializzazione,  e  incompetente  quando si parla di de-mansionamento. Delle due una o il collegio si occupa di mansioni o non si occupa di mansioni. Se decide di occuparsi di mansioni  allora non può lasciare ad altri le rogne  del demansionamento.

 

Vi è un altro aspetto professore che vorrei che lei mi chiarisse, nel nostro dibattito interno vi è  chi sostiene che non si ha demansionamento se esso è saltuario cioè non duraturo...

Guardi... trovo discutibile che per definire un problema che riguarda la divisione del lavoro e i rapporti carenti tra professioni, si usi il parametro del tempo... come dire che una fregatura se dura poco non è fregatura se dura tanto invece è una fregatura. Indipendentemente dal tempo la fregatura  resta ontologicamente  una fregatura,  la cui entità  certamente cambia se essa  è piccola o grande. Il punto vero è che il demansionamento  non riguarda la sua durata e la sua persistenza ma la divisione del lavoro tra operatori e le dotazioni  degli organici. Il demansionamento, indipendentemente  dalla sua saltuarietà o meno, è sempre in rapporto ad un lavoro che dovrebbe essere svolto da altri e che gli altri non fanno, il più delle volte perché gli organici sono carenti. Il problema del demansionamento è piccolo se è saltuario ma è grande se le carenze organizzative sono una  consuetudine . Ma insisto sempre demansionamento resta.  Poi vi è un’altra situazione  nella quale il buon senso  suggerisce  che le mansioni normali  siano esercitate in modo flessibile e ragionevole. Ma in questo caso la chiamerei  flessibilità nell’esercizio del proprio lavoro se invece  si tratta di provvedere al lavoro degli altri non si ha più flessibilità ma demansionamento. Le faccio un esempio: se  a competenze  correttamente svolte capita una circostanza  che richiede  che  il medico o l’infermiere o l’Oss faccia qualcosa che in genere esorbita dalle loro competenze, questo certamente non è demansionamento ma è un uso flessibile  delle competenze suggerito dalla contingenza. Ma se non è demansionamento una volta finita la contingenza tutto torna nella normalità. Quindi per riassumere: il demansionamento riguarda le patologie della divisione del lavoro, di cui abbiamo parlato nell’intervista precedente, e le sue disorganizzazioni interne.

 

Ricordo che nel 2009 lei partecipò ad un  convegno organizzato a Bolzano dall’Ipasvi  provinciale proprio sul codice deontologico al quale ero presente anch’io dove stupì tutti con una  analisi critica del codice e in particolare  di questi articoli; allora lei ci spiegò che l’art 49 si sarebbe rivelato un errore, ma ricordo anche che la cosa non fu presa bene dalla Federazione  Nazionale...

Sì fu un convegno organizzato per la giornata internazionale dell’infermiere. Io  vi partecipai perché a quel tempo di tanto in tanto facevo lezione a Bolzano per conto della mia università e con gli studenti organizzai delle giornate di studio proprio sul codice deontologico. Tra  i miei studenti vi era la responsabile IPASVI di Bolzano e che aveva organizzato il convegno. Una persona straordinaria che amava la sua professione e che in quella circostanza, era combattuta tra la necessità di leggere criticamente il Codice e la necessità comunque di farlo passare. Nella sua introduzione lei riuscì  a fare l’uno e l’altro con grande onestà, serietà e sensibilità. Già allora era chiaro  che gli articoli 49, 50, 51 erano una trappola e una giustificazione al demansionamento..., “carenze e  disservizi”  già allora erano “abituali  e ricorrenti” e ancora non c’erano ne i tagli lineari ne il de finanziamento. L’eccezione descritta dall’art 49 non ha  confermato ma annullato  la regola perché è  diventata consuetudine.

 

Lei quindi è convinto  non  solo che il de mansionamento sia un problema deontologico ma che il codice deontologico  è, se mi permette la battuta, de mansionante

L’articolo 49 è stato ideato  per sottolineare il senso di responsabilità dell’infermiere in un momento in cui la baracca cominciava a scricchiolare parecchio. Poi il peggioramento delle condizioni contestuali  ha mostrato le debolezze intrinseche  di questo articolo, che a dir il vero non sono le uniche... Se penso ad esempio alla “guerra per le competenze”, ai conflitti tra professioni, allo spirito competitivo tra infermieri e medici, mi viene da sorridere quando leggo il codice deontologico....

 

A cosa si riferisce in particolare.....

In particolare mi riferisco  all’art 8  che  mira a favorire il dialogo, all’art 14 in cui si dice che l’infermiere riconosce che l’interazione fra professionisti e l'integrazioneinterprofessionale sono modalità fondamentali, all’art 23  dove si parla d’informazione integrata multi professionale, all’art 27 in cui si dice che l’ infermiere garantisce la continuità assistenziale anche contribuendo alla realizzazionedi una rete di rapporti interprofessionali... vuole che continuo?

 

Mi fa capire meglio le dinamiche che legano il  disservizio e il de mansionamento?

Vorrei invitarla a riflettere sulla complementarietà tra i due affissi “dis”... servizio e “de”... mansionamento. Nella  nostra lingua “dis”  vuol dire che qualcosa si allontana da una condizione di normalità, quindi nel nostro caso significa “dis-organizzazione” causata principalmente da organici carenti  e da una cattiva organizzazione del lavoro, “de” invece vuol dire perdere la propria natura, la propria identità, cioè perdere le proprie caratteristiche professionali. Le faccio un esempio pratico:

  • “dis-armonico ” vuol  dire allontanarsi dall’armonia,
  • “de-colorato” vuol dire perdere il proprio colore.

 

Demansionamento e decapitalizzazione  del lavoro hanno lo stesso significato in quanto vogliono  dire togliere al lavoro delle caratteristiche funzionali, cioè impoverirlo. La catena conseguenziale è la seguente:

  • alle varie forme di  decapitalizzazione del lavoro, corrisponde dis-servizio
  • a dis-servizio corrisponde  de-mansionamento
  • a de mansionamento corrisponde deprofessionalizzazione.

 

Cioè ad una decapitalizzazione del lavoro  nelle sue varie forme,  corrisponde:

  • uno snaturamento deontologico
  • uno sfruttamento sindacale.

 

Le ho detto prima che demansionamento e post ausiliarietà  sono praticamente la stessa cosa  e che nella post ausiliarietà l’infermiere è fisiologicamente demansionato perché quello che sta scritto nella legge non è applicato. Ebbene  vorrei rimarcare che qualsiasi norma che definisca un nuovo  infermiere senza specificare la nuova organizzazione del lavoro, quindi senza chiarire le forme della  ricapitalizzazione che la sua definizione implica,  produrrà  inevitabilmente de mansionamento perché le vecchie organizzazioni del lavoro si riproporranno rispetto alla nuova professionalità  dell’infermiere, fatalmente come dis-organizzazioni anche in condizioni normali... figurarsi in condizioni di carenza organizzativa strutturale. Insomma demansionamento e post ausiliarietà sono la stessa cosa.

 

10307049_552943988151808_413024392_nQuindi lei dice che l’infermiere nella post ausiliarietà è già demansionato perché non è messo in condizioni di esprimere a pieno la sua professione e che a questo demansionamento di base si aggiunge quello legato alla decapitalizzazione del lavoro? A me sembra che tutto questo sia un gran casino... dove la mano sinistra non sa cosa fa la mano destra… mi riferisco ai rapporti tra deontologia e pratica professionale...

Sì... è così... Esiste una grande confusione, gradi di incoerenza  molto elevati ma soprattutto tante contraddizioni. Resto stupefatto  dal fatto che nella legge si decide un profilo poi  nel codice  si propone un sotto profilo per le contingenze,  quello del tappa buchi e che spesso viene spacciato per polivalenza. Ma la cosa che mi impressiona di più è la regressività dell’idea di mansione nonostante si sia superato a parole il mansionario, nonostante si parli di competenze avanzate ecc. Cioè mi colpisce la pervicace resistenza al cambiamento della mentalità tayloristica di cui abbiamo parlato l’ultima volta che non vuole passare la mano. Se parliamo di de mansionamento è perché  esistono delle mansioni cioè sussiste il taylorismo. La mia impressione è che la mansione di fatto resta ancora il principale indicatore professionale dell’infermiere, ma solo perché a tutt’oggi non si è riusciti ad elaborare qualcosa di più attuale. “Opera” è proprio un’altra cosa da  “mansione”.

 

Quindi il demansionamento è  quasi un problema strutturale... più che contingente?

Il demansionamento  nasce da  contraddizioni che  non sono inconvenienti di percorso ma rivelano che c’è qualcosa di sbagliato nel ragionamento strategico di fondo degli infermieri. A me il demansionamento dice che è arrivato il momento di cambiare strategia. Esso con l’aria che tira è destinato a crescere non a diminuire. Perchè la decapitalizzazione del lavoro con le restrizioni finanziarie è destinata a crescere. Il patto per la salute deve garantire 10 mld di risparmi. Trovo curioso che in questa situazione l’infermiere sia usato per tappare i buchi dei medici con le mansioni avanzate e per tappare quelli degli Oss con il de mansionamento... tutto a costo zero. Non crede che bisogna cambiare strategia?

 

Lei dice che il de mansionamento è un  problema prima dei Collegi  poi dei sindacati... Cosa possono fare i Collegi e cosa possono fare i sindacati?

Prima di ogni cosa dovrebbero ritrovarsi intorno ad un tavolo comune e discutere insieme cosa fare.

Detto ciò i Collegi devono fare due cose:

  • ripristinare  e garantire  da subito  le condizioni deontologiche necessarie per lo svolgimento corretto della professione e contemporaneamente aggiornare il codice deontologico
  • proteggere concretamente gli infermieri dagli abusi professionali e coprirli nelle loro legittime ricusazioni perché  gli avvocati costano

 

Il sindacato deve:

  • contrattualizzare  la deontologia e le organizzazioni del lavoro ad essa necessarie
  • difendere l’infermiere dallo sfruttamento, cioè dall’uso sottopagato  della sua professionalità difendendone  il salario.

 

Ma è un problema di pura applicazione delle norme?

Secondo me garantire le condizioni deontologiche necessarie  oggi  vuol  dire che più che  applicare delle norme, che, ad ogni livello si sono rivelate contraddittorie, si tratta di rimuovere le contraddizioni tra le norme e la realtà. Per cui il codice va ripensato e in fretta. Ma oltre alle contraddizioni del codice ad appesantire la situazione vi sono quelle legate alla definizione di professione, quindi a come è definito il profilo dell’infermiere. Per difendere qualcosa questo qualcosa deve essere ben definito se non è ben definito  la sua difesa sarà lacunosa. A monte del demansionamento vi è una definizione poco circostanziata della professione infermieristica, perché la definizione del profilo, come ho detto tante volte, è una “definizione circoscrivente” non “circoscritta”, cioè generica. Il persistere del mansionario e il  de mansionamento  è favorito dalla definizioni generica  di professione della 42  perché in genere  le definizioni generiche eccedono in flessibilità  e in interpretazioni.

 

Quindi le definizione generiche sono inevitabilmente approssimative  e quelle approssimative si espongono  a delle interpretazioni le più svariate

Le definizioni generiche sono meno “prescrittive” e più “proscrittive”:

  • prescrittivo vuol dire che tutto ciò che non è esplicitamente consentito è vietato
  • proscrittivo  vuol dire che tutto quanto non è vietato è permesso.

La logica con la quale si è scritto il profilo degli infermieri negli anni 90, è soprattutto proscrittiva cioè circoscrivente. Si pensava in questo modo  di dare all’infermiere  più possibilità professionali. Per dargli  di più si è pensato di limitare il meno possibile i vincoli descrittivi. Non si è pensato che la proscrittività per poter funzionare in positivo deve  avere un contesto  espansivo  ma se si ha un contesto restrittivo come nel nostro caso, la proscrittività diventa una trappola. Il de mansionamento dimostra che la proscrizione per l’infermiere è a perdere perché davanti all’interesse primario del malato, non c’è niente che impedisca all’infermiere di fare il tappa buchi.

 

Ma perché il demansionamento è un problema principalmente dell’infermiere?

Non va dimenticato  che  il demansionamento  di cui si lamentano gli infermieri  è favorito anche da una asimmetria tra professioni, la figura medica nell’attuale organizzazione del lavoro, è molto meno flessibile di quella infermieristica per cui la flessibilità dell’infermiere è la vera risorsa  per ammortizzare la disorganizzazione e la decapitalizzazione. Non si avrebbe demansionamento se l’infermiere non fosse flessibile. Si è mai domandata perchè  nella disorganizzazione è l’infermiere e non il medico a  “compensare” la mancanza degli Oss? In parte perchè il medico è meno flessibile  in parte perché vale la compensazione per contiguità, cioè quello che sta sopra fa anche quello che dovrebbe fare quello che sta sotto e il contrario come per le competenze avanzate. Questa  flessibilità compensativa che si basa sull’ambiguità dei confini è inevitabilmente causa di sfruttamento. Detto ciò il demansionamento è un problema anche del medico perché la decapitalizzazione del lavoro non fa sconti a nessuno. Nel caso del medico la forma più diffusa di demansionamento è la burocratizzazione del suo lavoro, il blocco del turn over ha effetti di demansionamento anche su di lui, e poi rientrano nel fenomeno del demansionamento tutti  gli abusi che si fanno contro la meritocrazia (concorsi truccati, raccomandazioni, carriere fatte a scapito di altri..). Uno dei più grandi esperti di distretto che io conosca, cioè uno che i distretti li ha fatti sul serio, per guerre interne, è a fare certificati per le patenti. Più demansionamento di così si muore!

 

workershiresLei che è un teorico della coevoluzione tra professioni non crede che il demansionamento se è come lei dice un  problema comune alle professioni possa costituire una battaglia comune?

Altrochè e i medici sarebbero ben felici di farla perché avrebbero tutto da guadagnare si tratta tanto per cambiare di regolare i rapporti tra confinanti e fare lega per garantire innanzitutto   professionalità non distorsive. Cioè come le ho detto l’altra volta di accordarci su una nuova divisione del lavoro. Ma del rapporto tra medici e infermieri ne parleremo la prossima volta... sulla guerra tra medici e infermieri  ci campano cinicamente in tanti. 

 

Ci conto professore anche perché i “rapporti tra confinanti” come li chiama lei, sono per noi una questione fondamentale. Mi permetta di tornare alla sua idea di proscrittività… cioè la possibilità per l’operatore  di fare quello che non è espressamente vietato, cosa vuol dire, per essere terra terra, che fare di più o di meno è comunque demansionamento?

In un certo senso sì... anche se è più gratificante per un infermiere  fare quello che fa il medico che non quello che fa un Oss. Competenze avanzate o specialistiche che dir si voglia e demansionamento, sono le due facce della stessa medaglia, entrambi si basano  sulla mansione quale principale indicatore dell’infermiere. Alzare o abbassare la  mansione significa  in più o in meno  allargare o restringere  la professione. Ma sempre  tappabuchi  si resta

 

Ora capisco la sua insistenza devo dire poca capita soprattutto nei suoi articoli su “Quotidiano Sanità” a sottolineare per le competenze avanzate  il problema del costo zero e del dumping... il costo zero vuol dire che sia se fai di più sia se fai di meno, il valore del lavoro non cambia, cioè l’impiego della mansione in più o in meno è a costo zero... anche il demansionamento è a costo zero no?

Brava, lei ha capito una cosa  che con mia grande meraviglia  è passata praticamente sotto silenzio: l’uso a costo zero della  mansione  come nel caso delle competenze avanzate e del demansionamento   è una forma di  dumping  e quindi di decapitalizzazione del  lavoro. Il dumping  come lei sa è un  concetto che deriva dall’ economia, e vuol dire vendere qualcosa ad un prezzo inferiore rispetto a  quello di  mercato. Il demansionamento e le competenze avanzate a costo zero sindacalmente parlando sono come degli sconti imposti al valore del lavoro infermieristico. Quindi  contribuiscono  a decapitalizzarlo. Un altro modo per intendere la questione è quello di immaginare un salario relativo ad esempio a 10 mansioni che continua ad essere pagato nella stessa quantità  salariale anche quando le mansioni in più o in meno diventano 13. Cioè demansionamento vuol dire comunque che si lavora di più non di meno. Il demansionamento o le competenze avanzate  a costo zero, per riprendere la terminologia dell’accordo ministeriale, sono  come il mio bagno schiuma   sul cui flacone è scritto “ + 150 ml in omaggio”. Quando parlo di sfruttamento, in sostanza, intendo riferirmi all’uso di qualsiasi mansione a costo zero. Se le competenze avanzate non sono pagate saranno gratificanti per chi le compie ma sempre sfruttamento restano.

 

Non riesco a capire bene se il de mansionamento  è l’effetto o la causa  dei nostri problemi?

Il problema del demansionamento glielo ripeto è un effetto finale  che si manifesta  a valle di grosse contraddizioni che a monte  riguardano tanto la definizione deontologica che normativa dell’infermiere quanto le politiche  del lavoro. Cioè il demansionamento  è il risultato finale di  una regressione che procede  in tre momenti distinti :

  • nel primo  l’infermiere, a causa  dell’interazione tra norme inadeguate e  contesti avversi,  è dis-infermierizzato (mi scuso per il neologismo ma non mi vengono in mente altre parole) cioè allontanato dalla sua identità professionale
  • nel secondo  è de professionalizzato, cioè  l’infermiere perde alcune delle  sue caratteristiche professionali
  • nel terzo  è de mansionato l’infermiere svolge  gratuitamente  mansioni improprie cioè di altri

Non si ha demansionamento se prima non si  ha deprofessionalizzazione e di dis-infermierizzazione.

 

Quindi lei dice che  il demansionamento è un sintomo  di una grave malattia professionale  originata  da tanti fattori e che non si  risolve con l’aspirina cioè  in modo sintomatico...

Proprio così  per curare davvero questa malattia è necessario intervenire su ognuno dei suoi  principali agenti patogeni, cioè sulla inadeguatezza delle norme  sui  contesti organizzativi e sul valore salariale del  lavoro. Anche per questo ribadisco  quanto affermato nell’intervista precedente, e cioè che nella post ausiliarietà  per risolvere  il problema del demansionamento  bisogna passare per un ripensamento del lavoro  e mettere in discussione la mansione... se superi la mansione superi il demansionamento. Di qua non si scappa o cambi o muori.

 

vivi08p53F1Ok... ancora  una ultima domanda  sempre sul demansionamento… che fare?

E’ un problema che merita una strategia  con la “s” maiuscola  e  non una pezza colorata. Per quello che mi riguarda dividerei questa strategia  in  due parti  che affronterei però contestualmente:

  • per  risolvere i problemi attuali degli infermieri non posso aspettare di cambiare il mondo, cioè devo intervenire subito con una sorta di politica almeno del contenimento del danno o perlomeno del  blocco del fenomeno.
  • mentre contengo il danno devo progettare un sistema che rinnovi e riformi affinché post ausiliarietà  e demansionamento non abbiano più a verificarsi.

 

Detto ciò ci dobbiamo mettere d’accordo:

  • se il demansionamento è una emergenza di una intera categoria, come io penso,
  • o se è un problema individuale del singolo infermiere come io non penso
  • e  capire   di chi sono le responsabilità per individuare delle controparti.

 

Per contenere il danno:

  • per prima cosa metterei da parte le dispute tra collegi e sindacati  per lanciare insieme  una campagna unitaria  per disobbedire come categoria;
  • organizzerei  la disobbedienza civile, per citare  Thoreau, garantendola  con tutti i mezzi finanziari  e legali che servono;
  • da quando ho saputo  che nelle casse dei Collegi entrano circa 28  milioni di euro  l’anno finanziati dall’imposizione fiscale su infermieri occupati e disoccupati, ritengo  che le spese  della disobbedienza debbano essere interamente a carico dei Collegi;
  • si tratta di disobbedire nella legalità quindi di usare le norme che sono a disposizione  in particolare come ho già detto gli art 49/50/51 del codice deontologico, le norme dei contratti di lavoro, i diritti sul lavoro e i diritti dei cittadini dal momento che per quanto teorica  la mission dei collegi resta  la tutela dei cittadini;
  • disobbedire non è solo rifiutarsi di essere complici del disservizio e di subire il sopruso ma è anche creare servizio. Dopo la precedente intervista nessuno ha ripreso la mia proposta di difendere gli organici  con degli standard di organizzazione  legali, fondati sull’evidenza scientifica, e negoziati con le regioni. Questo mi ha meravigliato non poco perché difendere gli organici significa combattere la decapitalizzazione del lavoro, dare posti di lavoro, combattere la precarietà... e quindi ridurre per lo meno il fenomeno del demansionamento;
  • i soldi per gli organici si trovano  impegnandoci tutti in una lotta contro le diseconomie, le corruzioni e  gli abusi... a partire primariamente da quelli rappresentati da tutti quegli infermieri che si sono abusivamente imboscati... chi vuole fare l’impiegato sia inquadrato come tale  ma lasci libero il posto di infermiere altrimenti torni a fare l’infermiere;
  • disobbedire significa che d’ora in avanti gli infermieri non si fanno  carico ne dei problemi delle direzioni infermieristiche, sanitarie e aziendali... non sono gli infermieri che per togliere le castagne dal fuoco dei dirigenti  accettano di farsi sfruttare... ognuno faccia la sua parte e si prenda la sua responsabilità. Troppo comodo vantare successi gestionali sulla pelle dei lavoratori e dei cittadini;
  • la disobbedienza va organizzata per cui  creerei una task force nazionale contro l’emergenza del  demansionamento che intervenga in tutte le situazioni in cui c’è bisogno di sostegno, costituita da Collegi e sindacati, con dentro esperti di organizzazione e giuslavoristi. Questa task force  dovrà sostenere gli infermieri nello loro richieste, segnalazioni, denuncie, nei loro ricorsi, in tutte le azioni di legittimità che intenderanno prendere preferibilmente in forma aggregata.

 

Per rimuove alle radici le contraddizioni strategiche:

  • metterei in piedi una commissione  nazionale per ripensare il lavoro infermieristico nel terzo millennio, sempre fatto da Collegi e sindacati, ma i cui rappresentanti sono obbligati ad avere delle idee, delle esperienze, dei saperi ma soprattutto una grande voglia di cambiare
  • definirei  un progetto forte, nella coevolutività, nella compossibilità, per ricapitalizzare il lavoro, per superare la post ausiliarietà, per uscire dal taylorismo e per emancipare l’infermiere   dalla mansione.... una volte per tutte.

 

 

Grazie professore... le chiedo sin da ora la disponibilità per un’altra intervista...

Ben volentieri....