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Ha ragione NurSind. Tribunale di Ancona: la tutela della materinità prevale sulle graduatorie per la mobilità interna

Chiara D'Angelodi
Chiara D'Angelo
Pubblicato il: 30/07/2014 vai ai commenti

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Con una peculiare e recente pronuncia il Tribunale di Ancona, in funzione di Giudice del Lavoro, ha riconosciuto il diritto di una Infermiera al trasferimento ad altro reparto dell’Azienda Ospedaliera di appartenenza, facendo prevalere la tutela della famiglia, della persona e della maternità sulle esigenze di servizio e di organizzazione aziendale.

Per necessità familiari, la dipendente (separata con figlio infradodicenne e impossibilitata ad avere assistenza dai familiari o da altre persone a causa dell’organizzazione dei propri turni) aveva domandato più volte di poter variare il reparto di assegnazione o comunque l’orario di ingresso, con inizio del turno della mattina alle ore 08.00, vedendosi però sistematicamente rigettare le richieste dall’Azienda, che, a prescindere dalle motivazioni specifiche della lavoratrice, riteneva comunque prevalenti le esigenze organizzative e la presenza di graduatorie di mobilità interna, che impedivano, in ogni caso, il trasferimento ad altro reparto, non lasciando, in sostanza, altra alternativa se non quella delle dimissioni.

A causa dei dinieghi subìti e dell’insostenibilità ed incompatibilità quotidiana tra le condizioni di vita privata e lavorativa, la dipendente, con il nostro patrocinio, si è vista costretta a ricorrere in via d’urgenza all’Autorità giudiziaria competente, la quale ultima, dopo un’ approfondita analisi del caso concreto, della normativa vigente e dei regolamenti aziendali, ha riconosciuto la prevalenza delle norme poste dal CCNL di categoria sull’orario di lavoro e della legge a tutela della maternità rispetto alle graduatorie e disposizioni per la mobilità interna, ordinando l’immediato trasferimento dell’infermiera ad altro reparto con inizio del turno di lavoro alle ore 8,00, condannando, altresì, l’Azienda al pagamento delle spese legali.

Nello specifico, il Giudice del lavoro, non ha condiviso la posizione difensiva aziendale incentrata sull’esistenza di graduatorie interne ritenendo prevalente sull’art. 18 del CCNL Comparto Sanità integrativo 2001, che disciplina le modalità di attuazione della mobilità interna, l’art. 18 del CCNL del 1995, che, in tema di orario di lavoro, prevede la priorità dell’impiego flessibile per i dipendenti in situazione di svantaggio personale, sociale e familiare, nonché l’art. 9 della legge a tutela della maternità (L. 53/2000), che consente alla lavoratrice madre ed al lavoratore padre di usufruire di particolari forme di flessibilità degli orari e dell'organizzazione del lavoro, tra cui part time, orario flessibile in entrata o in uscita, banca delle ore, flessibilità sui turni, orario concentrato, con priorità per i genitori che abbiano bambini fino a dodici anni di età o fino a quindici anni, in caso di affidamento o di adozione, ovvero figli disabili a carico.

Ha sottolineato il Giudice del lavoro nel suo provvedimento, che tra l’altro non è stato impugnato ed è stato immediatamente attuato dall’Azienda, che, si cita testualmente, il regolamento sulle graduatorie per la mobilità “non può infatti plausibilmente vanificare la priorità riconosciuta dalle citate norme poste dal CCNL e dalla legge a tutela della maternità: e del resto ha una implicita funzione residuale laddove – tra l’altro- assegna priorità alle opportune ricollocazioni del personale all’interno dei singoli dipartimenti. Si deve pertanto escludere che le citate graduatorie (e quindi l’accesso o il mantenimento della postazione lavorativa da esse garantita) acquistino rilievo solo ove vi siano posti disponibili, una volta soddisfatte esigenze di rango superiore, quali l’esercizio della precedenza nella scelta dell’orario di lavoro da parte di chi ne abbia diritto”.

La singolarità di questa pronuncia è che essa concilia una accurata valutazione tecnico - giuridica della normativa di riferimento con l’aspetto umano del caso concreto, e nella medesima il Giudice, in accoglimento delle argomentazioni prospettate dalla difesa della lavoratrice, ha superato le fredde regole aziendali riportando in primo piano diritti che, seppure costituzionalmente garantiti, tuttavia, spesso vengono ingiustamente sacrificati.