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Cerino: Ancora sui profili e sul mezzo di contrasto (settima parte)

Chiara D'Angelodi
Chiara D'Angelo
Pubblicato il: 26/08/2014 vai ai commenti

Contenuti Interprofessionali

di Pasquale Cerino

TSRM e Dottore in Giurisprudenza

 

In merito alla questione della iniezione del mezzo di contrasto in ambito radiologico ritengo utile un ulteriore ed ultimo intervento, considerato che la discussione continua ad orbitare su quello che si ritiene di potere o dovere fare e non sulla analisi oggettiva del contesto normativo di riferimento; bisogna poi avere ben chiara la validità delle premesse usate per argomentare le proprie tesi, altrimenti si corre il rischio di sostituire al dato oggettivo dettato dal diritto positivo, il dato soggettivo basato sulla appartenenza di categoria.

 

            Proprio per questo partirei dall'articolo 8 della Legge 25/83 che, a quanto mi risulta, è stato abrogato circa 15 anni fa ad opera del comma 2 dell'articolo 1 della L.42/99, che cito testualmente: Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati il regolamento approvato con decreto del Presidente della repubblica 14 marzo 1974, n. 225, ad eccezione delle disposizioni previste dal titolo V, il decreto del Presidente della Repubblica 7 marzo 1975, n. 163, e l'articolo 24 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1968, n. 680, e successive modificazioni”.

 

            L'articolo 8 della Legge 25 del 1983, che cito testualmente “L'articolo 24 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1968, n. 680, É sostituito dal seguente: ”non è altro che una delle “successive modificazioni” dell'articolo abrogato e pertanto risulta semplicemente inesistente sul piano giuridico.

            Dopo l'abrogazione dell'articolo citato dai colleghi, la L.42/99 specifica che il campo proprio di attività e di responsabilità delle professioni sanitarie ….... è determinato dai contenuti dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi profili professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione post-base nonché degli specifici codici deontologici, fatte salve le competenze previste per le professioni mediche e per le altre professioni del ruolo sanitario per le quali è richiesto il possesso del diploma di laurea, nel rispetto reciproco delle specifiche competenze professionali.

 

            Oltre all'ovvio richiamo al rispetto per le competenze altrui, risulta pacifico che il legislatore ha scelto di utilizzare, per determinare il campo di attività delle professioni sanitarie, un sistema integrato e coerente, in cui ogni fonte (profilo, codice e ordinamenti didattici) è parte di un unico disegno che non tollera contraddizioni.

 

            Non è possibile, dunque, modificare il profilo agendo su una sola fonte; gli ordinamenti didattici adeguano il loro contenuto alla definizione legale del profilo professionale e del codice deontologico, che ha il fine di regolamentare sul piano etico la professione senza entrare in contrasto con disposizioni legislative.

 

            Lo stesso d.lgs 502/92 all'articolo 6 prevede il coordinamento delle due fonti nel momento in cui recita: Il Ministro della Sanità individua con proprio decreto le figure professionali da formare ed i relativi profili. Il relativo ordinamento didattico è definito, ai sensi dell'art. 9 della legge 19 novembre 1990, n. 341, con decreto del Ministro dell'Università e della ricerca scientifica e tecnologica emanato di concerto con il Ministro della Sanità.

 

            Se così non fosse basterebbe una semplice modifica degli ordinamenti didattici ad opera delle università o una modifica del solo codice deontologico per consentire, argomentando a contrario, agli infermieri di fare quello che già fanno, ad esempio, in emodinamica; c'è l'evidenza e c'è la formazione.

 

            Nel parere commissionato e probabilmente pagato dalla Federazione, viene affermato il superamento delle norme di cui alla Legge n. 25 del 31 gennaio 1983; a quanto mi risulta la legge è, tranne l'articolo 8 citato da Paganini e Di Bella, richiamata dal D.M.746/94, che al comma 2 dell'articolo 1 recita: “Il tecnico sanitario di radiologia medica e' l'operatore sanitario abilitato a svolgere, in conformita' a quanto disposto dalla legge 31 gennaio 1983, n. 25...”

 

            Viene spontaneo chiedersi però, visto che la L.25/83 è vecchia di 31 anni, che ad essa fa richiamo il profilo professionale e che l'articolo 4 della stessa recita testualmente: I tecnici sanitari di radiologia medica, ovunque operanti, collaborano direttamente con il medico radio-diagnosta, radio-terapista e nucleare per lo svolgimento di tutte le attività collegate con la utilizzazione delle radiazioni ionizzanti, sia artificiali che naturali, delle energie termiche e ultrasoniche, nonche della risonanza nucleare magnetica, aventi finalità diagnostiche, terapeutiche, scientifiche e didattiche, per quale motivo i colleghi Tecnici di Radiologia, invece di chiedersi perché gli infermieri utilizzano gli ultrasuoni, non si chiedono quali siano i motivi per cui non siano loro ad utilizzarli. Gli attori dell'Area Radiologica di questo cosa pensano?       

 

            Un ultimo e veloce passaggio riguardo ai riferimenti dei colleghi alle mie considerazioni su Marlia, riportando, per chiarezza estrema, quanto da loro affermato e subito dopo le mie considerazioni:

 

Paganini/Di Bella: stante al collega la sentenza di Marlia avrebbe, tanto per cominciare, essere di natura non assolutoria come più o meno velatamente sostenuto due giorni prima della medesima su Quotidiano Sanità (non vogliamo neppure pensare allo stato d'animo dei colleghi all'epoca a processo nel leggere le tesi del medesimo ribadite anche su questo sito);

A me sembra, in vero, di avere affermato l'esatto contrario, definendo il fatto non sussiste la formula assolutoria più completa: l'articolo 530 c.p.p. prevede varie formule assolutorie da utilizzare nel dispositivo della sentenza e la più completa, che blocca anche richieste di risarcimento in sede civile è “il fatto non sussiste”

 

Paganini/Di Bella: per intanto registriamo l'assoluzione perché il "fatto non sussiste" ed attendiamo serenamente le motivazioni della sentenza ricordando, comunque, che chi era presente in aula al dibattimento finale testimonia di come il Pubblico Ministero abbia chiesto l'assoluzione per tutti i capi d'accusa perché i colleghi agivano all'interno della norma;

“per intanto”, anche qui mi sembra di avere detto le stesse cose: Aspettando le motivazioni della sentenza, faccio presente che per la giurisprudenza il dispositivo prevale sulla motivazione in quanto più vicino al momento decisionale (Cassazione).

 

Paganini/Di Bella: Cerino si pone, egli stesso, in contrasto con Benci che non ha mai sostenuto che i colleghi agissero al di fuori della normativa professionale, anzi l'esatto contrario.

Gradirei decidere da solo la mia collocazione e mi pare che il punto precedente chiarisca la mia posizione;   soprattutto lascarei al Dott. Benci il giudizio su un eventuale contrasto; nel frattempo, ripeto, aspettiamo le motivazioni della sentenza, penso che ci sia molta gente in Italia, SIRM in primis, nella stessa trepidante attesa.