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I paradossi della professione infermieristica narrati dai banchi dell'università

Chiara D'Angelodi
Chiara D'Angelo
Pubblicato il: 06/02/2015 vai ai commenti

Articolo 49 e Demansionamento

Riceviamo, sotto forma di commento, e pubblichiamo le amare riflessioni di Ivano, uno studente al secondo anno di Infermieristica; al fine di offrire uno spunto di riflessione soprattutto in un periodo in cui si parla e si scrive tanto di competenze specialistiche e di comma 566, mentre la professione continua a lanciare segnali di sofferenza da ogni parte, addirittura dai banchi dell’università.

 

Sono al secondo anno di Infermieristica e la motivazione, la voglia di imparare che di cui ero pieno al primo anno stanno vistosamente scemando. Da 20 anni gli infermieri si formano nelle università ma di questa poco c'è: solo l'insegna all'esterno della sede del corso, dentro invece vive e gode di buona salute la vecchia scuola regionale dove l'angolo a 45° alle lenzuola è spacciato come principio fondamentale dell'assistenza.

Vengono impartite quantità spropositate di nozioni tutte concentrate in poco tempo e contemporaneamente non viene spiegato nulla: sappiamo tutto e siamo ignoranti allo stesso tempo. Tante nozioni e poi? Poi non si ha l'opportunità di applicarle, ore e ore di farmacologia per poi non poter decidere, da soli, di somministrare del paracetamolo in autonomia se non prescritto, quando un analfabeta può comprarlo in farmacia (ed il farmacista non sta certo lì ad informarlo sugli effetti avversi o sulla comparsa e durata dell'effetto).

Ragazzi, ci hanno preso ben bene per i fondelli, tante nozioncine e poi in tirocinio si scopre di essere solo bassa manovalanza, per di più non retribuita se parliamo di noi studenti, tappabuchi sin dal tirocinio siamo. È avvilente arrivare in reparto e notare che infermieri appena laureati si comportano allo stesso modo dei colleghi vecchia scuola: "si è sempre fatto così, non chiedermi perché", o non sanno risponderti in modo razionale alle domande poste, rispondono in modo "praticone" non certo in maniera intellettuale, scientifica.

Si arriva in reparto e si scopre che bisogna fare i segretari tra scartoffie varie che nulla hanno di infermieristico, carte e pratiche che potrebbero essere gestite da segretarie appositamente formate in ambito sanitario.

Si arriva in reparto ed i primi giorni sei gasato perché applichi finalmente quelle 4 cose imparate ai laboratori, poi scopri che è tutto un ripetersi di atti, una catena di montaggio, mai nulla di nuovo.

Se per curiosità, per conoscenza sfogli cartelle cliniche memorizzando i termini sconosciuti per poi cercarne il significato, vieni interrotto dal tuo tutor per andare a fare il giro letti. Un giorno sei con un tutor, quello dopo con un altro ed ognuno vuole che usi la SUA tecnica per incannulare una vena, se fai come ti hanno insegnato ai laboratori passi per quello che non vuole imparare; la loro tecnica devi usare, della quale ovviamente non ti spiegano il razionale ma dicono "così vai meglio".

Le diagnosi infermieristiche sono una buffonata, scopiazzamento dagli States solo per darci un tono. Come fai a fare diagnosi infermieristica se per metà mattinata sei a cambiare pannoloni e a fare angoli alle lenzuola? Sono veramente amareggiato.

Per come è oggi l'infermiere in Italia l'università è completamente inutile con tutte le materie come anatomia, fisiologia, patologia, biochimica, farmacologia... Mai una volta che le abbia applicate o abbia viste applicare con criterio.

Per come è oggi l'infermiere italiano basta un corso di quanto, 6 mesi? Forse sono anche troppi. Un corso con i soli laboratori che si fanno nell'arco dei tre anni e al termine si diventa scimmie esecutrici di atti come i nostri (futuri) colleghi in reparto. Sono veramente pochi quelli che si distinguono e sono pure mal visti.

Riguardo a chi dice che dobbiamo partire dai gradini più bassi dell'assistenza per poter vigilare sul personale di supporto dico che è solo una concezione da vecchia scuola regionale inculcataci dai tutor in università, tutor che come 60 anni fa ti dicono come camminare e tenere la schiena mentre cammini in reparto. Un ingegnere mica va ad armare le opere che progetta, mica deve saper piegare i tondini per sapere quanto ferro mettere in un pilastro.

Adesso dirò una cosa per la quale molti mi aggrediranno: ci vogliono più OSS che infermieri negli ospedali, OSS con competenze in più che oggi sono dell'infermiere, in modo tale che l'infermiere possa veramente pianificare l'assistenza e valutare l'efficacia dei suoi interventi, solo così l'infermiere, forse, sarà un professionista intellettuale.