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Un milione e mezzo di lavoratrici subisce molestie sul lavoro. La Fnopi al tavolo della violenza sui luoghi di lavoro

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 22/04/2018 vai ai commenti

Attualità

E’ stata celebrata ieri la Terza Giornata Nazionale della Salute della Donna, con iniziative e campagne di sensibilizzazione in tutta Italia, organizzate dalle principali organizzazioni, società scientifiche ed istituzioni che si occupano della promozione della salute della donna.

Per l’occasione al Ministero della Salute, sono stati istituiti quattro tavoli:

  • Violenza sulle donne
  • Violenza sui luoghi di lavoro
  • Violenza e disabilità
  • Disturbi dell’alimentazione

Il Presidente della Fnopi, Barbara Mangiacavalli, è stata presente al tavolo della violenza sui luoghi di lavoro.

Secondo alcuni dati europei nel mondo del lavoro la violenza e le molestie da parte di terzi riguardano dal 5% al 20% dei lavoratori, il 40% dei dirigenti europei è preoccupato per  la violenza e le molestie sul luogo di lavoro, solo circa il 25% (e non più del 10% in molti paesi dell'UE) ha attuato procedure per affrontare questo fenomeno.

In Italia

Sono un milione 404 mila le donne che nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul postodi lavoro. Rappresentano l'8,9% per cento delle lavoratrici attuali o passate, incluse le donne in cerca di occupazione. 

Con riferimento ai soli ricatti sessuali sul lavoro, sono un milione 173 mila (il 7,5%) le donne che nel corso della loro vita lavorativa sono state sottoposte a qualche tipo di ricatto sessuale per ottenere un lavoro o per mantenerlo o per ottenere progressioni nella loro carriera.

Quando una donna subisce un ricatto sessuale, nel 80,9% dei casi non ne parla con nessuno sul posto di lavoro.

Quasi nessuna ha denunciato il fatto alle Forze dell'Ordine: appena lo 0,7% delle vittime di ricatti nel corso della vita (l'1,2% negli ultimi tre anni). Un dato che si riduce ulteriormente se si considera chi ha poi effettivamente firmato un verbale di denuncia, il 77,1% di chi ha dichiarato di essersi rivolto alle Forze di polizia.

 

Le motivazioni più frequenti per non denunciare il ricatto subito nel corso della vita sono la scarsa gravità dell'episodio (27,4%) e la mancanza di fiducia nelle forze dell'ordine o la loro impossibilità di agire (23,4%).

La gravità e le conseguenze

Tra coloro che hanno subito i ricatti nel corso della vita e hanno risposto al quesito, il 33,8% delle donne ha cambiato volontariamente lavoro o ha rinunciato alla carriera,  il 10,9% è stata licenziata o messa in cassa integrazione o non è stata assunta.

L’aggravante della violenza subita su luoghi di lavoro è data dal fatto che spesso la vittima vive una condizione di solitudine, e si trova nella condizione in cui la violenza subita viene minimizzata, mettendo in discussione la credibilità e la dignità della stessa.

E’ necessario aumentare la consapevolezza di cosa sia la violenza, come riconoscerla, prevenirla e contrastarla anche in relazione all’accordo quadro sulle molestie e violenza nei luoghi di lavoro; un accordo che mira a impedire e gestire i problemi di prepotenza,  molestie sessuali e violenza fisica sul luogo di lavoro e che condanna tutte le forme di molestia e di violenza e conferma il dovere del datore di lavoro di tutelare i lavoratori contro tali rischi.

Barbara Mangiacavalli, partecipando al tavolo sulla violenza di genere nei luoghi di lavoro, ha illustrato una serie di iniziative possibili i cui principi sono stati ripresi anche nelle cinque azioni finali del tavolo.

AZIONE 1 Promuovere percorsi di studio e formazione obbligatoria per tutto il personale, a partire dai vertici, in tutti i contesti di lavoro sia pubblici sia privati in raccordo con le parti sociali e gli organismi paritari.

AZIONE 2 Accrescere la consapevolezza della responsabilità del datore di lavoro, del dirigente e di chi assiste alla violenza per prevenire e contrastare forme di molestia, abusi e violenza.

AZIONE 3 Rafforzare il ruolo del comitato unico di garanzia e del comitato pari opportunità, e attuare azioni per l’ascolto e il sostegno, anche in raccordo con il medico competente.

AZIONE 4 Prevedere pene più severe per chi aggredisce verbalmente o fisicamente operatrici e operatori sanitari anche a tutela di altri assistiti presenti.

AZIONE 5 Prevedere misure idonee a tutela di donne che svolgono attività in fasce orarie a rischio o in strutture isolate e inadeguate o in condizioni di fragilità, anche economica.

Riteniamo – ha detto Mangiacavalli - che si debbano prevedere dal punto di vista legislativo norme per assicurare tolleranza zero verso la violenza nelle strutture sanitarie, con inasprimento delle pene perché chi la compie sappia (quindi massima informazione) di stare perpetrando un reato severamente punibile”.

Inoltre ha aggiunto-  molte aggressioni avvengono al momento dell’assistenza a domicilio. Per questa sarebbero necessarie procedure per rendere sicura l’assistenza domiciliare prevedendo anche la presenza di un accompagnatore o la comunicazione a un secondo operatore dei movimenti per una facile localizzazione”.

Per evitare la violenza di genere – ma non solo sarebbe utile secondo Mangiacavalli anche regolamentare finalmente l’uso dei social nei luoghi di lavoro, soprattutto rispetto a ciò che spesso questi riportano dell’attività professionale per evitare commenti, furti di identità e proposte inappropriate (ne sono vittima circa il 12% delle donne coinvolte). E sui luoghi di lavoro stabilire pene più severe per chi aggredisce verbalmente e fisicamente una donna (non solo sui luoghi di lavoro, è ovvio), prevedendo l’aggravante del pericolo che nell’azione possono correre gli assistiti.

Bisogna aumentare non solo la formazione degli operatori – ha specificato - ma anche l’informazione, perché siano denunciate da tutti e in modo chiaro le azioni di ricatto e le persecuzioni nell’ambiente di lavoro rispetto alla posizione e ai compiti svolti. Un mobbing spesso sommerso che colpisce spesso in prevalenza proprio il sesso femminile. Non si può più “lasciar fare” – ha concluso Mangiacavalli - e in questo vanno sensibilizzati i datori di lavoro e i responsabili dei servizi: la violenza va rifiutata ed evitata e per questo si devono prevedere sanzioni anche per chi non è in grado di garantire la sicurezza dei suoi dipendenti”.

 

Da:

Fnopi

Dati Istat