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Infortunio in itinere. Se devio il percorso abituale casa lavoro, ho diritto al risarcimento Inail?

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 20/02/2019 vai ai commenti

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Recentemente una sentenza di Cassazione si è espressa in merito all’infortunio in itinere ed alle caratteristiche che deve avere il tragitto casa-lavoro e viceversa affinché possa esserci un risarcimento Inail. Ma andiamo per ordine e partiamo dalla definizione di Infortunio in itinere.

 

Cos’è l’infortunio in itinere?

E’ quello nel quale incorre il lavoratore nel percorrere l’itinerario di andata e ritorno fra abitazione e luogo di lavoro (o viceversa) oppure dal luogo di lavoro a quello di consumazione dei pasti ovvero tra due posti di lavoro (se svolge la sua attività in sedi diverse).

Per aver diritto all’indennizzo, occorre che il lavoratore non abbia interrotto o deviato il tragitto se non per effettiva necessità dovuta a motivi di forza maggiore (ad esempio deviazioni presenti sulla strada a causa di lavori in corso), a esigenze essenziali e improrogabili (ad esempio recarsi al pronto soccorso per soccorrere un familiare) o all’adempimento di obblighi la cui inosservanza costituisce reato (ad esempio sottrarsi ad un controllo delle autorità).

Il recente sviluppo giurisprudenziale, allargando le maglie delle fattispecie analizzata, ha ricompreso nell'infortunio in itinere sia l'ipotesi di lesioni conseguenti ad una rapina subita dal lavoratore durante il percorso casa-lavoro, sia i casi di infortunio avvenuti durante il cammino a piedi o addirittura durante il trasporto su mezzi pubblici.

 

La Cassazione

Con la sentenza Cassazione Civile, Sez. 6, 05 febbraio 2019, n. 3376 è confermato il principio per cui affinché l’infortunio in itinere possa essere indennizzato,  il percorso casa lavoro non può subire variazioni immotivate.

Per la Cassazione è indennizzabile l'infortunio occorso durante il «normale» percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate.
Per normale percorso si intendeva quello più breve e diretto nonché delimitato entro un ragionevole arco temporale.

Nel caso di specie il tragitto percorso non era il più breve; dalla comparazione tra il tragitto seguito e quello indicato dall'INAIL risultava che quest'ultimo avrebbe comportato un risparmio in termini di tempo pari a 12 minuti e di distanza tra l'abitazione e la sede lavorativa di 11 chilometri. Il rischio di tornanti —(che interessava un tratto di due soli chilometri del percorso più breve ed, alla stregua della documentazione fotografica, non risultava particolarmente allarmante )— non era tale da giustificare il diverso tragitto percorso, in assenza di indicazioni più specifiche (ad esempio, circa il tasso di incidenti in quel tratto o la natura della strada).
In secondo luogo era emerso che il dipendente in occasione del sinistro aveva effettuato irragionevolmente una deviazione fino a raggiungere la rotonda dove era avvenuto l'incidente.
La deviazione non era dipesa da una causa di forza maggiore, da esigenze improrogabili o dall'attuazione di una direttiva del datore di lavoro.
Vi era, dunque, un'ipotesi di rischio elettivo, causato dal lavoratore per scelte personali tali da interrompere il nesso di causalità tra il lavoro e l'evento subito.

 

Quando ci si trova di fronte a «una interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro, o, comunque, non necessitate», va esclusa la copertura assicurativa.

Impossibile, quindi, parlare di «infortunio in itinere se il rischio è stato causato dal lavoratore per scelte personali.

 

 

da: 

Cassazione Civile, Sez. 6, 05 febbraio 2019, n. 3376 - Infortunio in itinere e rischio elettivo. Ricorso inammissibile