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Orario di lavoro. Straordinario e mancato riposo, anche se il lavoratore non si oppone, la responsabilità grava solo sul datore di lavoro

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 01/06/2019 vai ai commenti

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Lo svolgimento della prestazione lavorativa in violazione dei limiti costituzionali relativi all’orario di lavoro e al riposo settimanale, da ritenersi “abnorme” per il numero delle ore lavorate ed il suo protrarsi per parecchi anni, provoca un danno alla salute psico-fisica del lavoratore, di natura patrimoniale e diverso da quello biologico. In caso di un concorso colposo del lavoratore va rilevato che, a fronte di un obbligo ex art. 2087 c.c. gravante sul datore di tutelare l’integrità psico-fisica del lavoratore, la volontarietà di quest’ultimo nell’accettare prestazioni lavorative straordinarie non può connettersi causalmente all’evento, rappresentando un’esposizione a rischio non idonea a determinare un concorso giuridicamente rilevante.

E’ quanto sancito dalla Cassazione con la Sentenza 10 maggio 2019, n. 12540

 

I fatti

Il dipendente lamentava di aver prestato numerose ore di lavoro oltre l’orario ordinario di 40 ore settimanali previsto dal CCNL. Il tribunale di Biella condannava l’azienda al risarcimento del lavoratore con la corresponsione della ulteriore somma di Euro 10.559,94 in aggiunta al precedenteimporto di Euro 16.501,00, la stessa ricorreva in Cassazione, adducendo tra le motivazioni la volontarietà del dipendente nell’effettuare le ore di straordinario.

 

Le motivazioni della Cassazione

La Cassazione rigetta il ricorso dell’azienda e la condanna ulteriormente con le seguenti motivazioni:

La prestazione lavorativa “eccedente”, che supera di gran lunga i limiti previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva e si protrae per diversi anni, cagiona al lavoratore un danno da usura-psico fisica, di natura non patrimoniale e distinto da quello biologico, la cui esistenza e’ presunta nell’an in quanto lesione del diritto garantito dall’articolo 36 Cost., mentre ai fini della determinazione occorre tenere conto della gravità della prestazione e delle indicazioni della disciplina collettiva intesa a regolare il risarcimento “de qua” (in termini Cass. 14.7.2015 n. 14710; Cass. 23.5.2014 n. 11581).

Quanto alla questione del “concorso colposo” del lavoratore, che avrebbe egli stesso richiesto di effettuare prestazioni oltre i limiti consentiti, deve rilevarsi che, come correttamente rilevato dalla Corte di merito, a fronte di un obbligo ex articolo 2087 c.c. per il datore di lavoro di tutelare l’integrità psico-fisica e la personalità morale del lavoratore, la volontarietà di quest’ultimo, ravvisabile nella mera disponibilità alla prestazione lavorativa straordinaria, non puo’ connettersi causalmente all’evento rappresentando una esposizione a rischio non idonea a determinare un concorso giuridicamente rilevante (cfr. Cass. 19.1.2017 n. 1295).