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Infermieri. Pronta disponibilità e riposo di 11 ore. Cosa prevede il contratto e perché viola la normativa europea

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 01/08/2019 vai ai commenti

Contratto NazionaleLeggi e sentenze

Quello della reperibilità e della conseguente deroga al riposo consecutivo di 11 ore è una questione che attanaglia medici ed infermieri alla stessa maniera, in quanto le norme contrattuali si equivalgono.

In occasione del rinnovo contrattuale della dirigenza medica, il sindacato Anaao Assomed ha dato mandato agli avvocati di predisporre il testo di un ricorso da presentare nelle prossime settimane alla Corte di Giustizia Europea perché si pronunci sulla questione della reperibilità “attiva” e in particolare dei meccanismi di compensazione del mancato riposo, “quando ne sia lesa la sua continuità e consecutività”.

 

Vediamo di capire quale problema in merito al godimento delle 11 ore di riposo continuativo pone la norma contrattuale della reperibilità infermieristica.

 

CCNL comparto sanità 2016/2018 Art. 28 Servizio di pronta disponibilità

 

6. Il servizio di pronta disponibilità va limitato, di norma, ai turni notturni ed ai giorni

festivi garantendo il riposo settimanale. Nel caso in cui esso cada in giorno festivo

spetta, su richiesta del lavoratore anche un’intera giornata di riposo compensativo

senza riduzione del debito orario settimanale. In caso di chiamata, l’attività viene

computata come lavoro straordinario ai sensi dell’art. 31 (lavoro straordinario)

ovvero trova applicazione l’art. 40 del CCNL integrativo del 20/9/2001(Banca delle

ore).

7. La pronta disponibilità ha durata di dodici ore e dà diritto ad una indennità di euro

20,66 lorde per ogni dodici ore, elevabile in sede di contrattazione integrativa.

7. Due turni di pronta disponibilità sono prevedibili solo nei giorni festivi.

8. Qualora il turno sia articolato in orari di minore durata, i quali, comunque, non

possono essere inferiori alle quattro ore, l’indennità è corrisposta proporzionalmente

alla sua durata, maggiorata del 10%.

10. Il personale in pronta disponibilità chiamato in servizio, con conseguente

sospensione delle undici ore di riposo immediatamente successivo e consecutivo, deve recuperare immediatamente e consecutivamente dopo il servizio reso le ore mancanti per il completamento delle undici ore di riposo; nel caso in cui, per ragioni eccezionali, non sia possibile applicare la disciplina di cui al precedente periodo, quale misura di adeguata protezione, le ore di mancato riposo saranno fruite, in un’unica soluzione, nei successivi sette giorni, fino al completamento delle undici ore di riposo. Le regolamentazioni di dettaglio attuative delle disposizioni contenute nel

presente comma sono definibili dalle Aziende ed Enti.

11. Di norma non potranno essere previsti per ciascun dipendente più di sei turni di

pronta disponibilità al mese.

 

Il nocciolo della questione è il comma 10: questo torna ai principi stabiliti dal decreto legislativo 133/2008, secondo cui la chiamata in servizio durante la pronta disponibilità “sospende” il riposo e non lo “interrompe”. Questo vuol dire che al termine della prestazione lavorativa resa in regime di reperibilità, non si dovrà riconoscere un altro periodo completo di riposo, ma un numero di ore che, sommate a quelle fruite prima della chiamata, consentano il completamento delle undici ore di riposo complessivo previste dall’Ue, ma che in questa maniera non viene tutelato.

Le ore passate a casa in attesa di una chiamata e che limitano la libertà del lavoratore, che di fatto è a disposizione dell’azienda non vengono conteggiate come lavoro.

Di tutt’altro avviso è la sentenza del 2018 della Corte Europea che stabilì che le ore di guardia che un lavoratore trascorre al proprio domicilio con l’obbligo di rispondere alle convocazioni del suo datore di lavoro entro 8 minuti nel caso specifico, è un obbligo che limita molto fortemente le possibilità di svolgere altre attività, devono essere considerate come orario di lavoro.

Il caso, riguardava un volontario del corpo dei vigili del fuoco di una cittadina belga, che prestava servizio come pompiere e che avviò un procedimento giudiziario contro il Comune di Nivelles per ottenere un risarcimento i per servizi di guardia al proprio domicilio.

Il lavoratore secondo l’accordo con il Comune, non doveva solo essere raggiungibile durante i servizi di guardia, ma era obbligato a rispondere alle convocazioni del datore di lavoro entro 8 minuti e a essere fisicamente presente nel luogo stabilito dal datore di lavoro. Questi vincoli, scrivono i giudici Ue nella sentenza, gli impedivano di “dedicarsi ai propri interessi personali”.

 

da Sanità Informazione