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La salute non si appalta. Carenza di organico e salario inadeguato. I lavoratori pagano il prezzo più alto

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La Redazione
Pubblicato il: 23/10/2019 vai ai commenti

AttualitàEditoriali

di Emilio Benincasa

 

Come un remake di un film già visto è rivisto, da diversi anni il definanziamento della sanità pubblica è una sistematica costante riproposta da tutti i Governi, al fine di far prevalere il sistema privato e il modello assicurativo. 

La sanità pubblica, è diventata ormai una sostanza eupeptica, capace di provocare un aumento dell’appetito di una classe imprenditrice predatoria, che ormai parassita un terzo della spesa complessiva, con estese incursioni della criminalità organizzata che fanno degli appalti e delle esternalizzazioni dei servizi pubblici la loro fonte di profitti.

Un sistema trasversale,  reso praticabile dalla commistione di una classe politica indecente e autoreferenziale, che con  leggi e modifiche costituzionali introdotte negli anni, hanno trasformato gli ospedali in aziende e la salute in merce sottoposta alle leggi di mercato, ai pareggi di bilancio, nonchè ad un federalismo selvaggio, che ha minato alle fondamenta universalismo ed uguaglianza. Moderni camarilla che, senza un re, nel proprio esclusivo interesse ordisce intrighi, amministra ed esercita illegalmente un potere.

Ministri della salute, vecchi e nuovi, governatori regionali, dirigenti, commissari e direttori delle Asl ci raccontano con artata ambage e giri di parole, di sprechi e di spesa insostenibile, ma non citano mai i costi delle strutture sanitarie private che vengono debitamente pagate dal pubblico. Tutto ciò, ha fatto sì che diverse regioni accumulassero negli anni un debito sanitario impressionante costringendole a pianificare e rientrare dalla passività.

 

Per adempiere e tendere al pareggio di bilancio, le Regioni in accordo con lo Stato, hanno sempre più declassato la sanità pubblica, tagliato ospedali, ridotto i posti letto e chiuso interi reparti, costringendo il personale ad una mobilità forzata, a carichi di lavoro inumani e turni straordinari. A questo si aggiungono le esternalizzazioni selvagge di interi servizi a imprese che assumono operatori con contratti atipici, e prorogando all'infinito la stabilizzazione dei precari.

 

A ragion veduta e con chiarezza, in questi anni il tributo più alto lo hanno pagato proprio i lavoratori e le lavoratrici della sanità con il peggioramento delle condizioni di lavoro, senza riposi e ferie, in carenza cronica di organico, con una pesante contrazione salariale oltre ogni limite. Due pugni allo stomaco, uno da cittadini e uno da lavoratori.

 

I lavoratori del settore sanitario, scontano la contiguità e il controllo dei sindacati confederali istituzionali, i quali hanno condiviso da anni le scelte del governo e delle amministrazioni, sia sulle politiche di contenimento della spesa che di aumento della produttività. Quelle poche realtà autonome, come NurSind, che tentano di reagire a questo sistema vengono isolate e represse. 

Tutto questo, sta succedendo in una situazione scandalosa dove alla luce del sole, il male affare si intreccia con la bassura morale della politica e la crisi viene fatta pagare a chi lavora in condizioni e contesti difficili. 

Dirottamento verso la sanità privata e politiche di accreditamento ad oltranza, determinano la mancata concorrenza pubblico/privato, inquina e impoverisce ulteriormente il S.S.N. che risulta deprivato del necessario sviluppo delle competenze e del ruolo del personale. 

Bisognerebbe poi, una volta per tutte, intervenire in maniera draconiana sull'intramoenia che, nata per accorciare le liste d’attesa ha finito per aumentare le disparità di trattamento nell’erogazione del diritto alla salute, creando il distorto meccanismo del doppio binario. 

Un sistema di cui godono in pochi, che assommano allo stipendio fisso elargito dal servizio pubblico, un reddito individuale che, nella ragnatela di regole e percentuali proprie, differenti per ciascuna azienda, fa sì che, l'impoverimento delle potenzialità della struttura pubblica sia difficilmente valutabile. 

La sanità come un grande ed enorme bancomat per un affare tutto italiano, nel quale i cittadini sono titolari del conto, ma sono in pochi coloro che hanno il PIN per accedere al prelievo. Dunque, credo che i cittadini siano il vero azionista di maggioranza del sistema sanitario, perciò vada restituita e garantita la dimensione pubblica altamente qualificata delle cure, perchè la nostra salute vale di più dei vostri profitti.