Infezioni ospedaliere. Le responsabilità penali dell’infermiere
Le infezioni ospedaliere costituiscono una delle complicazioni più frequenti e gravi dell'assistenza sanitaria. Si definiscono così quelle infezioni che insorgono durante il ricovero di una persona in ospedale e che non erano presenti o in incubazione al momento dell'ingresso in ospedale. In alcuni casi, le infezioni ospedaliere si possono manifestare anche dopo la dimissione dall'ospedale.
In Italia muoiono ogni anno 10.780 persone per infezioni ospedaliere da antibiotico-resistenza. Entro il 2050 poi, saranno circa 450 mila le persone che moriranno e questo fenomeno sarà costato al nostro Paese almeno 12 miliardi di euro. A lanciare l’allarme è l’ultimo censimento della Società nazionale degli infermieri specialisti del rischio infettivo (ANIPIO), condotto a fine 2019, poco prima dello scoppio della pandemia, e aggiornato a ottobre 2021. Inadeguata, secondo ANIPIO, la formazione degli operatori sanitari e sociosanitari per quanto riguarda la prevenzione, il controllo e la sorveglianza delle infezioni ospedaliere (ICA) e forti anche le carenze strutturali e tecnologiche.
Le cause identificate sono in particolare nella carenza di personale (infermieri specializzati e medici igienisti) e nella malpractice prescrittiva. A questi si somma il ‘disinvestimento’ in professionisti con un’adeguata formazione per ricoprire il ruolo di medico igienista o di infermiere specialista nel rischio infettivo (ISRI), a vantaggio di reti cliniche di infermieri e di medici che – anche se indispensabili – non possono controbilanciare adeguatamente ed efficacemente la carenza di competenze di governo del rischio infettivo.
In merito alle infezioni ospedaliere, la responsabilità dell’infermiere può essere di carattere commissiva ed omissiva.
In particolare la responsabilità dell’infermiere, può essere riconosciuta nelle seguenti fattispecie.
1.Violazione di regole precauzionali di condotta di carattere preventivo dovute al particolare ruolo dell’infermiere inerente alla prevenzione degli eventi dannosi. Rientrano in questa categoria soprattutto quei comportamenti posti in essere da quegli infermieri che si caratterizzano per la loro posizione occupata- ruolo di coordinamento di unità operative – o per il ruolo che rivestono all’interno delle strutture in qualità di addetti al controllo delle infezioni o come membri del comitato ospedaliero o per la loro specifica destinazione in centrali di sterilizzazione.
Per questa categoria, i comportamenti rimproverabili, da un punto di vista giuridico, consistono, per esempio, nel mancato controllo dell’efficienza degli impianti si sterilizzazione e di disinfezione, quanto meno per ragioni di competenza, nella mancata predisposizione di sistemi efficaci di controllo dell’avvenuta sterilizzazione, nella mancata adozione di strumenti informativi da destinare agli utilizzatori delle unità operative di particolari strumenti, nella mancata predisposizione di un sistema di monitorizzazione degli eventi avversi e delle strategie atte a ridurre il fenomeno etc.
In alcuni di questi casi, la responsabilità dell’infermiere concorrerà con quella di altri professionisti con i quali interagisce. Diversa è la posizione nei confronti degli OSS all’interno delle centrali di sterilizzazione, in quanto l’infermiere risponde delle direttive data e del mancato controllo dell’osservanza delle stesse. L’Oss ha la responsabilità della corretta esecuzione delle procedure indicate dall’infermiere.
Rientra ancora in questa categoria, il controllo sull’igiene ambientale, la cui mancata o insufficiente attività, è un comportamento censurabile dal punto di vista etico-deontologico, ma difficilmente può condurre a responsabilità penale.
2.Violazione di regole precauzionale di condotta di carattere preparatorio, indicate dai regolamenti, dai protocolli, dalle linee guida e dalla letteratura scientifica in merito alla corretta utilizzazione del materiale e dei presidi sanitari. Rientrano nella fattispecie, condotte di inosservanza delle date di scadenza di sterilizzazione dei presidi industriali e dei presidi riutilizzabili, riutilizzo del materiale monouso, risterilizzazione del materiale non sterilizzabile etc
3.Violazione di regole precauzionali di condotta di carattere professionale integrate da comportamenti posti in essere senza l’osservanza delle usuali cautele professionali che guidano l’esercizio professionale, come per esempio, il mancato rispetto dei principi legati all’asepsi durante le manovre che l’infermiere compie, sia autonomamente che in collaborazione con altri professionisti.
La difficoltà dell’accertamento della responsabilità dell’infermiere, in merito all’infezione, è provare il nesso di causalità, tra la condotta omissiva o commissiva e l’evento. Ad esempio nell’infezione di una ferita chirurgica, è difficile l’attribuzione di responsabilità che può andare dall’equipe di sala operatoria e all’equipe del reparto di degenza.
Aspetti giuridici della professione infermieristica- Luca Benci