Solo 1 paziente su 2 segue le cure: l’allarme di Cittadinanzattiva e il ruolo degli infermieri
L’adesione alle terapie è un tema centrale per la cura efficace delle patologie croniche, ma secondo un’indagine civica presentata da Cittadinanzattiva emerge che soltanto la metà dei pazienti segue i trattamenti in modo costante e appropriato. L’altra metà o li salta raramente o occasionalmente, mentre un 1,5% non li segue con regolarità. Il profilo dei pazienti “non aderenti” comprende in prevalenza persone fragili, anziane, con basso livello socio-culturale e scarso supporto familiare. La comorbidità, incide significativamente sulla difficoltà di seguire le terapie.
L’indagine
L’indagine, che ha coinvolto 547 pazienti e rappresentanti di associazioni, insieme a 2.228 professionisti sanitari (fra cui medici di medicina generale, specialisti, infermieri e farmacisti), mette in luce la complessità dell’aderenza terapeutica. Fra le patologie più diffuse tra i pazienti rispondenti figurano quelle metaboliche, reumatologiche e cardiovascolari, aree in cui il trattamento richiede continuità e gestione attenta, soprattutto nelle persone con più malattie concomitanti.
Anna Lisa Mandorino, Segretaria generale di Cittadinanzattiva, sottolinea che si tratta di un fenomeno multifattoriale che richiede sia interventi personalizzati, sia strutturali, con un modello di rete integrato e un maggiore tempo dedicato dai professionisti ai pazienti e ai loro caregiver.
Le cause
Tra le cause principali di non aderenza prevalgono fattori psicologici: la sensazione di dipendenza dai farmaci (28,3%), la mancanza di motivazione (20,8%) e la percezione di non essere in pericolo reale (20,2%). Le associazioni di pazienti indicano come maggiormente a rischio di non aderenza le persone fragili e anziane (73%), quelle con basso livello socio-culturale (58,3%), chi vive in solitudine (54,2%) e chi ha più patologie (45,8%). Le opinioni dei professionisti sono simili, evidenziando particolarmente la solitudine e l’età avanzata come fattori critici.
Le priorità
Per migliorare l’aderenza, le priorità segnalate includono un rafforzamento della comunicazione medico-paziente (22%), il coinvolgimento delle associazioni nei percorsi assistenziali (18%), educazione terapeutica diffusa (16%) e formazione e supporto ai caregiver (12%). Anche i cittadini chiedono più dialogo con il medico (36,1%), supporto pratico digitale e analogico (35,6%), confronto con altri pazienti (26,1%) e maggiore coinvolgimento di professionisti sanitari come infermieri e farmacisti (25,2%).
Il punto di vista dei professionisti
Dal lato dei professionisti, emerge una carenza di tempo dedicato al dialogo con i pazienti, indicata da oltre metà degli infermieri e quasi la metà di medici di medicina generale e farmacisti ospedalieri. Molto diffusa è la mancanza di protocolli strutturati sull’aderenza e carente è anche la formazione specifica del personale.
La soluzione
Per rispondere a queste criticità, Cittadinanzattiva propone un Piano di azione articolato in quattro ambiti:
- governance: inserire l’aderenza terapeutica come indicatore LEA, con attenzione alle disuguaglianze socio-demografiche e territoriali;
- strutturale: migliorare l’interoperabilità e la governance digitale tramite il pieno utilizzo del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) e sistemi di alert per pazienti e operatori;
- organizzativo: promuovere una rete multiprofessionale coordinata con protocolli condivisi, rafforzare la Farmacia dei Servizi e il ruolo degli Infermieri di Famiglia, semplificare gli oneri burocratici;
- relazionale: riconoscere il tempo di qualità per il dialogo come atto di cura, introdurre formazione continua su comunicazione e counseling motivazionale, valorizzare il ruolo degli assistenti sociali e degli infermieri nel team multidisciplinare, e coinvolgere attivamente associazioni di pazienti e organizzazioni civiche.
L’importanza dell’infermiere di famiglia
Proprio l’infermiere di famiglia potrebbe essere una delle soluzioni più efficaci. Infatti, come riporta la Dott.ssa Annamaria Garofalo, (Infermiera presso A.O.R.N. San Giuseppe Moscati e docente presso l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”) nell’articolo “L'infermiere di famiglia come facilitatore della compliance terapeutica” pubblicato su Nurse Pratictioner, l’Infermiere di Famiglia e di Comunità è emerso in Italia come figura chiave per facilitare l’aderenza alle terapie, offrendo educazione sanitaria, monitoraggio domiciliare e continuità assistenziale sul territorio. Questa figura può infatti “migliorare in modo significativo l’aderenza terapeutica e gli esiti di salute nei pazienti con patologie croniche, agendo da anello di congiunzione tra ospedale, territorio e famiglia. Il rafforzamento dell’assistenza territoriale italiana (…) offre l’opportunità di implementare interventi efficaci di educazione sanitaria e follow-up personalizzato su larga scala”. Benefici che avranno il loro massimo effetto se si investirà ”in un’adeguata copertura di IFeC sul territorio nazionale”, favorendone “l’integrazione nelle équipe multiprofessionali” e proseguendo nella “valutazione degli esiti (aderenza, qualità di vita, riduzione ospedalizzazioni) legati alle loro attività, consolidando un ruolo che è “pilastro dell’assistenza primaria e garante dell’aderenza alle cure nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale italiano”.
Andrea Tirotto
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