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Paziente ricoverato in SPDC a Cagliari, muore nel letto di contenzione. É davvero sempre colpa di infermieri e medici?

Vincenzo Rauccidi
Vincenzo Raucci
Pubblicato il: 03/01/2019 vai ai commenti

AttualitàSardegna

E’ successo ancora.

Stavolta è toccato al geometra cagliaritano, Agostino Pipia, 45anni, morto il 23 dicembre 2018 nel suo letto di contenzione.

E’ successo ancora e, stavolta, si tratta dell’ospedale Santissima Trinità di Cagliari, reparto di Psichiatria.

Il signor Pipia, ricoverato 13 giorni prima per “episodi di violenza contro le persone” è deceduto, come riporta il medico legale Roberto Demontis, per arresto cardiaco in seguito ad un’embolia polmonare. La notizia è trapelata solo ieri e, in queste ore, la Procura ha ordinato il sequestro delle cartelle cliniche e i carabinieri si sono presentati nei giorni scorsi in ospedale. 

Da ciò partirà il solito balletto delle competenze, delle responsabilità, degli avvisi di garanzia per questi o quelli, delle indignazioni, delle prese di posizione, dei processi, delle condanne, delle assoluzioni, dei ricorsi, dell’Appello, della Cassazione.

Sicuramente, verrà indagato l’operato di medici e infermieri, com’è giusto che sia.

Meno sicuramente verrà messo sotto indagine un SISTEMA.

Un SISTEMA che, a distanza di quarant’anni dalla riforma, presenta numerose criticità, come:

  1. Finanziamenti insufficienti - In Italia, la spesa sanitaria per la Salute Mentale è pari al 3,49% della spesa sanitaria totale ben lontano dalla soglia minima del 5% cui si erano impegnate le Regioni nel 2001. Analizzando il dato per regione, vediamo che le uniche “virtuose” sono le province autonome di Trento e Bolzano e l’Emilia-Romagna. Tra il 4 e il 5% ritroviamo solo l’Umbria. La maggior parte delle regioni si colloca nella fascia nazionale, ovvero tra il 3 e il 4%. Fanalini di coda Veneto, Valle d’Aosta, Sardegna, Marche e, agli ultimi due posti, Campania e Basilicata.
  2. Pochi infermieri - I dati che riporta il “Rapporto Salute Mentale”, comparati con quelli delle altre nazioni europee ci dicono che l’Italia si posiziona al 14° posto per numero di infermieri che operano nel settore. I dati, come sempre diversi di regione in regione, vedono in prima fila regioni come l’Emilia-Romagna e la Liguria, rispettivamente con 40,3 e 38,9 infermieri ogni 1000 abitanti e, fanalini di coda, regioni come l’Abruzzo e il Molise rispettivamente con 13 e 9,7 infermieri, sempre ogni 1000 abitanti.
  3. SPDC spesso inadeguati - Per la gestione dell’acuzie la situazione italiana è a macchia di leopardo; si va da regioni con un numero di posti letto superiore alla media, come la provincia autonoma di Bolzano (15 p.l./100.000 ab.), la Valle d’Aosta (13,2 p.l./100.000 ab.) e il Veneto (12,4 p.l./100.000 ab.), a regioni con pochissimi letti, come la Basilicata (2,9 p.l./100.000 ab.), l’Umbria (4,9 p.l./100.000 ab.) e la Calabria (5,6 p.l./100.000 ab.).
  4. Continuità/discontinuità assistenziale - E' importante che, dopo la dimissione da una struttura psichiatrica, il paziente riceva un appuntamento entro poche settimane. Anche qui il dato è variegato. Si va da una punta di eccellenza, garantita dal Friuli-Venezia Giulia, del 96,5% di pazienti che ricevono una visita entro i 30 giorni dalla dimissione, al fanalino di coda, che è l’Abruzzo, che riesce a soddisfare solo il 7% dei dimessi.
  5. Scarsa attività riabilitativa - La stragrande maggioranza delle attività si eroga in ambito ambulatoriale (75,9%) a discapito di una dimensione più prettamente territoriale (8%) e quindi risocializzante della persona con disagio psichico. Le attività di riabilitazione e risocializzazione quando compaiono (non sono quantificate per i casi di depressione e di disturbi nevrotici) occupano sempre l’ultima posizione in termini numerici rispetto alle altre tipologie di interventi.
  6. Troppi accessi in Pronto Soccorso - Un altro dato interessante è quello che riguarda gli accessi in Pronto Soccorso per problemi psichiatrici. In un anno, in Italia, si registrano più di mezzo milione di accessi per detti motivi, di cui solo il 13,2% esita in un ricovero (e di questi, poco più della metà in un reparto di Psichiatria). Va da sé che l’86,8% rappresenta un potenziale di pazienti che, teoricamente, potrebbe essere gestito adeguatamente da una buona rete territoriale. Tant’è vero che nel Friuli-Venezia Giulia si reca percentualmente, in Pronto Soccorso per problemi psichiatrici, la metà dei cittadini di Lombardia o Piemonte.

Questi dati, estrapolati dal “Rapporto Salute Mentale”, pubblicato nel 2017 dal Ministero della Salute raccontano abbastanza chiaramente lo stato di desolazione in cui versano molti Servizi di Salute Mentale della nostra penisola.

Davanti al giudice, in merito al fatto di cronaca di cui sopra, compariranno medici e infermieri, come dicevo, giustamente indagati in merito al loro operato e in quanto portatori di una posizione di garanzia nei confronti dei pazienti.

Ma siamo davvero sicuri che, davanti allo stesso giudice, non dovrebbero comparire anche tutti quegli amministratori (assessori, direttori generali, capi dipartimento) che gestiscono il SISTEMA, o peggio: non lo gestiscono affatto?