Allarme tamponi molecolari. Potrebbero non rilevare positività variante inglese
La variante inglese del Covid 19 adesso non solo fa paura, ma rimette in discussione quanto conosciuto fino ad oggi sulle caratteristiche del virus, su vaccini e diagnosi.
Infatti mentre Moderna e Pfizer stanno testando i vaccini per verificarne l’efficacia contro la variante certificata nel Regno Unito del coronavirus, l’Oms lancia sul fronte della diagnosi.
Alcune tipologie di test, infatti, sono meno efficaci nel riscontrare il contagio.
La variante inglese
Neil Ferguson, epidemiologo dell’Imperial College di Londra, stima che la variante abbia un tasso di trasmissione aumentato dal 50 al 70% rispetto ad altre varianti nel Regno Unito. Per tentare di contenerla, diversi paesi europei tra cui l’Italia hanno chiuso temporaneamente i confini con il Regno Unito, che ieri con quasi 36mila contagi, ha registrato il record di nuovi positivi giornalieri dall'inizio della pandemia. E mentre Londra e il sud dell’Inghilterra tornano in lockdown e il ministro della Sanità britannico Matt Hancock definisce la situazione “fuori controllo”, i rappresentanti dei paesi Ue si riuniscono d'emergenza per cercare di coordinare la risposta al rischio di una nuova accelerazione nei contagi.
L’allarme sui test molecolari
Alcuni test, secondo quanto riscontrato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, potrebbero essere meno efficaci nel riscontrare la variante inglese del Covid, o meglio una delle 14 mutazioni che caratterizzano la variante. In particolare, spiega l’AdnKronos viene espressa “preoccupazione per la perdita di prestazioni segnalata per alcuni test Pcr”, tecnologia usata per i tamponi molecolari. Alcuni studi hanno riscontrato che una mutazione della variante, cioè “la delezione in posizione 69/70, influisce sulle performance di quelli che utilizzano come bersaglio il gene S (Spike)”.
L’Oms rassicura comunque che a maggior parte dei test Pcr in tutto il mondo utilizza più target e quindi non si prevede che l'impatto della variante sulla diagnostica sia significativo, e raccomanda ai laboratori che utilizzano kit Pcr commerciali per i quali i geni virali presi di mira non vengono chiaramente identificati nelle istruzioni di contattare il produttore per ulteriori informazioni.
Anche i laboratori che utilizzano test Pcr interni che prendono di mira il gene S del virus dovrebbero essere consapevoli di questo potenziale problema. Al fine di limitare l’impatto sulle capacità di rilevamento” dell’infezione “nei Paesi, si raccomanda anche un approccio che utilizza diversi saggi in parallelo o saggi multipli, mirati a diversi geni virali, per consentire il rilevamento di potenziali varianti.
AdnKronos