Test congiuntivale per rilevare l’infezione da Sars-Cov-2 nel tratto oculare
Una ricerca condotta durante la prima ondata pandemica tra il 9 aprile e il 5 maggio 2020, firmata da un team di ricercatori formato da scienziati e specialisti dell'Asst dei Sette Laghi e dell'Università dell'Insubria a Varese e pubblicata su “Jama Ophthalmology”, ha esaminato la presenza qualitativa e quantitativa di Sars-Cov-2 sulla superficie oculare di 91 pazienti ricoverati in terapia intensiva Covid. Per la rilevazione è stato utilizzato il saggio di reazione della catena della polimerasi-trascrizione inversa (Rt-Pcr), eseguendo un tampone congiuntivale. Nei 91 pazienti, campione sottoposto allo studio, in 52 (57,1%) il virus era presente nelle lacrime; gli autori del lavoro sottolineano come il nuovo coronavirus possa essere rilevato sulle superfici oculari di pazienti con Covid-19 anche quando il tampone nasofaringeo risulti negativo. «I risultati dello studio suggeriscono che il virus può diffondersi dalle superfici oculari all'organismo».
Nello studio, inoltre, sono stati esaminati i tamponi congiuntivali di 17 volontari sani aggiuntivi senza sintomi dell'infezione per valutare l'applicabilità del test. Tra i 108 partecipanti (55 donne e 53 uomini) arruolati di età media di 58,7 anni, gli autori hanno rilevato un'ampia variabilità della carica virale media da entrambi gli occhi. In un sottogruppo di 41 pazienti, è stata trovata una concordanza del 63% tra i risultati positivi del test congiuntivale e del tampone nasofaringeo se eseguiti entro 2 giorni l'uno dall'altro. In 17 pazienti i risultati del tampone nasofaringeo erano negativi e in 10 di loro il tampone congiuntivale era ugualmente positivo.
In considerazione di questa discrepanza riscontrata tra tampone congiuntivale e tampone nasofaringeo il test potrebbe essere valutato come esame diagnostico supplementare, hanno concluso i ricercatori. «Molte persone risultano positive al virus senza alcun segno di malattia», fanno notare.
Nello studio viene fatto riferimento anche al ruolo dello smog nella trasmissione del virus «È noto che i particolati atmosferici fungono da trasportatori per molti contaminanti chimici e biologici, inclusi i virus, che aderiscono alle polveri sottili, particelle che sono in grado di rimanere nell'atmosfera per ore, giorni o più a lungo, soprattutto in un clima non ventoso e a elevata presenza di inquinamento atmosferico come la Pianura Padana in Lombardia».