Ricordare Basaglia nel centenario della nascita
La nostra redazione, in occasione del centenario della nascita di Franco Basaglia (11 marzo 1924 – 29 agosto 1980), vuole rendere omaggio al grande psichiatra italiano che, grazie alle sue teorie e all’esperienza messa in pratica nei manicomi di Gorizia e Trieste, ha ridato diritti e dignità a migliaia di persone.
Nel 1949, si laurea in medicina presso l’Università di Padova. In questi anni conosce l’esistenzialismo di Jean-Paul Sartre, sul quale baserà tutta la sua carriera psichiatrica, contrastando le idee di Lombroso, allora vigenti in ambito psichiatrico. Nel 1953 si specializza in malattie nervose e mentali presso la facoltà della clinica neuropsichiatrica di Padova.
Nel 1958 diviene docente di psichiatria presso l’Università di Padova. Tuttavia, dopo aver subito diverse ostilità per via delle sue idee rivoluzionarie, progressiste e in netto contrasto con il periodo, nel 1961 decide di lasciare l’insegnamento per trasferirsi a Gorizia con la famiglia, dove era stato nominato direttore dell’ospedale psichiatrico. Nella clinica psichiatrica di Gorizia, entra in contatto con la vera realtà psichiatrica dell’istituto, caratterizzata principalmente da trattamenti aberranti regolarmente inflitti ai malati, non considerati persone in difficoltà e da aiutare, bensì soggetti da controllare, reprimere, sedare e nascondere.
Basaglia, ben presto, comincia a sostenere che il rapporto tra terapeuta e paziente dovesse basarsi su presupposti diversi da quelli vigenti, come ad esempio il dialogo e non l’annientamento dell’altro. Per questo inizia una battaglia per restituire a queste persone maggiore dignità e diritto alle cure.
In poco tempo riuscì a modificare i metodi di cura applicati in quel periodo. In primo luogo fece eliminare la terapia elettroconvulsivante (noto come elettroshock) e incoraggiò un nuovo tipo di approccio relazionale da stabilire tra malato medico, o personale sanitario in generale. Quest’ultimo consisteva nel creare una relazione di maggiore vicinanza emotiva, più empatica, centrata sullo scambio umano, che fosse mediata dal dialogo e dal sostegno morale. Quindi, non una cura volta alla disumanizzazione dell’altro, ma interessarsi al paziente perché è una persona e non un malato pericoloso da nascondere agli occhi di tutti.
Dall’esperienza svolta in quel manicomio scaturì l’idea che portò alla realizzazione di uno dei suoi più celebri libri: “L’istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico”, edito nel 1967. Basaglia in seguito divenne direttore anche dell’ospedale di Colorno e di quello di Trieste. Nel 1973 fondò un movimento chiamato Psichiatria Democratica, che prese spunto dalla corrente di pensiero dell’antipsichiatria, già vigente e largamente diffusa in Gran Bretagna. Basaglia continuò a sostenere la sua battaglia contro il sistema psichiatrico del tempo finché nel 1977 ottenne la chiusura dell’ospedale psichiatrico di Trieste. Grazie alla sua opera, finalmente, nel 1978, si ratificò la legge 180 sulla riforma psichiatrica.
Franco Basaglia morì a Venezia, città natia, il 29 agosto del 1980 all’età di 56 anni a causa di una neoplasia al cervello.